La Repubblica 08/01/2008, CARLO GALLI, 8 gennaio 2008
Dinastie. QUANTO ARCAICA L´IDEA CHE IL POTERE SI EREDITI. La Repubblica 8 gennaio 2008. all´opera, nel termine "dinastia", l´idea arcaica che il potere si trasmetta tramite il sangue, attraverso lignaggi selezionati; e che del potere il sangue sia testimonianza e garanzia
Dinastie. QUANTO ARCAICA L´IDEA CHE IL POTERE SI EREDITI. La Repubblica 8 gennaio 2008. all´opera, nel termine "dinastia", l´idea arcaica che il potere si trasmetta tramite il sangue, attraverso lignaggi selezionati; e che del potere il sangue sia testimonianza e garanzia. La purezza del sangue del potente era la fonte della sua legittimità: la certezza della paternità, la linearità dell´ascendenza e la disponibilità di una discendenza, sono all´origine di infinite lotte, rivendicazioni, sostituzioni in culla, riconoscimenti e disconoscimenti. L´apparentarsi del potente è regolato dalla necessità di conservare la purezza del sangue, di evitarne corruzione o contaminazione; vantare una paternità regale è così importante che ogni re si dichiara figlio di re. E quando, nel solenne risalire di padre in padre, la linea dinastica si interrompe, come fatalmente avviene, nel punto cieco della successione appare dal cielo una divinità che, unita carnalmente o misticamente a un mortale, sta all´origine della dinastia e del suo sangue regale. Al principio di sacralità e di politicità del sangue si sovrappone anche un momento patrimonialistico: il potere è un bene di famiglia, è un comando su proprietà - terra, cose, animali, persone - e segue la linea dell´eredità. Che il potere si erediti dimostra che la famiglia non è solo la cellula base della società, ma lo è anche della politica. Il pensiero politico moderno è nemico di queste narrazioni. La politica non è un affare di famiglia, il potere non è un bene prezioso e sacro che si trasmette col sangue, la cosa pubblica non è proprietà del monarca. Anzi, la sfera politica è composta da uguali; il potere legittimo è costruito e non tramandato, è artificiale e non naturale, impersonale e non dinastico, si giustifica grazie alla ragione e non alla tradizione del sangue, ha i caratteri di temporaneità che ineriscono a un mandato elettivo e non quelli di perennità implicati dal principio dinastico; e la famiglia ha a che fare con la dimensione privata dell´uomo e non con quella pubblica, fondata sull´universale cittadinanza. Locke demolisce, nel Primo trattato sul governo, la tesi legittimistica di Robert Filmer, che voleva i sovrani della terra discendenti di Adamo, e il potere trasmesso per via patriarcale; e la Rivoluzione francese fa cadere le teste del re e della sua famiglia insieme a quelle delle statue dei loro antenati. Così, mentre si formano, nella società moderna, le nuove dinastie che esercitano il potere economico e che nello stile di vita a volte imitano le forme del potere gentilizio, in linea di principio lo Stato continentale europeo e la democrazia che si forma al suo interno (con una parziale eccezione, quindi, per l´Inghilterra che col potere dinastico della casa reale e dei lord è venuta a patti), non ha spazio per il potere familiare. Dove la monarchia permane, essa non detiene più il potere sovrano e diviene titolare di compiti inerenti la rappresentazione simbolica della politica, resta oggetto di vaghe affettività pre-politiche, o fornisce materia di gossip per i rotocalchi. Il familismo in politica fa scandalo, tanto nello Stato quanto nei partiti: la trasmissione dinastica fa pensare alla corruzione del potere, non alla sua purezza. Tutto ciò subisce però molte eccezioni, in contesti molto diversi fra loro. Negli Stati Uniti, ad esempio, il pregiudizio antiaristocratico che pervade la nazione fino dalla sua nascita non ha impedito che, in una società forte e in tumultuoso sviluppo, si formassero dinastie magnatizie - la più celebre è quella dei Rockefeller - e che alcune di queste (i Roosevelt, i Kennedy, i Bush sono solo alcuni esempi, universalmente noti) diventassero vere dinastie politiche. Il che desta sentimenti ambigui, fra un moderato allarme per la tenuta dei princìpi democratici e un moderato compiacimento per questa ulteriore analogia fra l´Impero americano e Roma antica. In Paesi dalla democrazia più o meno imperfetta, un tempo soggetti al dominio inglese, come ad esempio in India e in Pakistan, si constata il grande potere che - in una società ancora prevalentemente organizzata intorno alla famiglia allargata - clan e dinastie familiari esercitano nei partiti e nelle istituzioni. In altri casi, invece, l´affermarsi temporaneo di dinastie politiche deriva da situazioni di crisi dello Stato, risolte con un ricorso a una legittimità carismatico-autoritaria, o populistica, che cerca di perpetuarsi in una discendenza o di legittimarsi con una ascendenza: lo si vede in Napoleone che colloca i familiari su molti troni d´Europa e che fonda un Impero per sé e il proprio figlio, e in Napoleone III che si fa forte del nome del suo grande zio; in Mussolini che individua il proprio successore nel genero Ciano, e in Isabelita che cerca di governare in quanto vedova di Perón. Invece, le dinastie politiche dell´Italia repubblicana (i casi Segni, La Malfa, Craxi, e altri) non hanno una rilevanza tale da potere essere accomunate a queste tipologie, e a queste patologie, e sono semmai da ricondurre a residui di notabilato. Un´affermazione del principio dinastico, soprattutto nelle democrazie europee, potrebbe significare il consolidarsi dei privilegi sociali, lo stabilizzarsi del potere intorno a nuove oligarchie, su base familiare. Eppure, un ritorno dell´arcaico, del potere che passa attraverso il sangue, potrebbe avere successo popolare: il principio dinastico potrebbe soddisfare esigenze profonde di stabilità e di sicurezza, di continuità e di riconoscibilità del potere, di identificazione in una politica dal volto umano. L´esigenza, insomma, che - senza che vengano lesi alcuni basilari principi democratici - alla piattezza della democrazia e all´impersonalità del suo potere si sostituiscano gli elementi di leggenda, di saga, di epica solennità, che il potere dinastico porta con sé. E senza dubbio una deriva oligarchica unita a un´ulteriore spettacolarizzazione della politica, in un contesto formale di democrazia, sarebbero gli ingredienti per una Dynasty piuttosto inquietante. CARLO GALLI