La Stampa 07/01/2008, ALBERTO PAPUZZI, 7 gennaio 2008
Colletti bianchi in tuta blu. La Stampa 7 Gennaio 2008. ROSSANA (Cuneo). Ingegneri ma operai. Tecnici neolaureati, ma sulla linea di montaggio
Colletti bianchi in tuta blu. La Stampa 7 Gennaio 2008. ROSSANA (Cuneo). Ingegneri ma operai. Tecnici neolaureati, ma sulla linea di montaggio. E’ quello che accade nei tredici stabilimenti del Gruppo Bitron, il cui quartiere generale si trova a Grugliasco nel Torinese. «Quando assumiamo ingegneri neolaureati, prevediamo per loro un periodo di due o tre mesi in produzione, sulle linee, come operai - spiega l’ingegner Mario G. Borzone, managing director della divisione automotive -. Se i nuovi dipendenti vivono un periodo della loro vita a stretto contatto con gente che magari fa un lavoro più umile, ciò porta ad apprezzare il lavoro di tutti e a avere motivazioni collettive. Quando si parla di eliminare le separazioni fra manager, tecnici, impiegati, operai, una cosa è dirlo, un’altra è viverlo sulla propria pelle». Gli ingegneri-operai è una tradizione di vecchia data per il Gruppo Bitron: l’ultima volta è accaduto per dieci neo-ingegneri assunti negli stabilimenti italiani nel 2006, accadrà di nuovo con un’altra decina di giovani ingegneri che si pensa di assumere quest’anno. «L’ esperienza da operai rientra negli standard di formazione del nostro personale tecnico - commenta Borzone - La filosofia è avere persone che conoscono la capacità di fare». Il Gruppo Bitron, fondato nel 1955 a Torino da Giovanni e Carlo Bianco, industriali provenienti dalle valli cuneesi, 4700 dipendenti, 498 milioni di euro il fatturato 2007 (crescita del 7-10 per cento annuo), opera nel campo della produzione e commercializzazione di componentistica meccatronica di primo impiego principalmente per i settori automobilistico (35%) e elettrodomestico (65%). Per fare un esempio, dallo stabilimento di Rossana, non lontano da Cuneo, escono interruttori a pulsante per comandi alzacristalli o per regolatori di specchi, spie luminose, i quadri comando climatizzazione montati sulle Ferrari o sulla Twingo, comandi radio al volante, commutatori assetto fari. Tra i clienti ci sono le più importanti industrie automobilistiche, da Bmw a Porsche, da Fiat a Audi, da Renault a Toyota. Le altre fabbriche sono collocate due nel Torinese, una nel Milanese, una a Dronero, una a Savona, una nel Lazio, quindi a Barcellona, in Polonia, in Turchia e tre a Qingdao, in Cina, 600 km. a nord di Shanghai. L’internazionalità del mercato di Bitron raggiunge l’80 per cento. Nello stabilimento di Rossana, che è un omaggio dei fondatori alla loro terra, incontriamo l’ingegnere Fabio Tallone, 25 anni, di Manta: un anno fa, dopo un mese dalla laurea in ingegneria elettrica al Politecnico di Torino, entrava alla Bitron e prendeva posto fra gli operai nella postazione di una linea di montaggio di plancette alzacristalli, facendo i turni come loro. «Mi è piaciuto - dice -, perché ho imparato due cose: innanzi tutto a entrare nella mentalità di chi sta in produzione. Uno capisce dal vivo che ci possono essere momenti di distrazione, di stanchezza, di logoramento, dovuti alla ripetitività del tipo di lavoro. In secondo luogo, è stata un’esperienza che mi ha insegnato a essere umile nei contatti con gli altri operai, a rimboccarmi le maniche assieme ai manutentori se c’era bisogno di un intervento al volo.Ho sperimentato che cosa vuol dire avviare una linea, che quando parte ti fa magari un pezzo all’ora ma tu devi portarla a farne centocinquanta, e in più hai quattrocento parametri di controllo qualità da resettare». «Anch’io all’inizio ho fatto l’operaio - dice l’ingegner Umberto Ruffi, direttore generale della Bitron di Rossana - Ho lavorato in produzione, ho fatto di tutto, compreso togliere con il solvente le righe gialle sul pavimento. La verità è che il lavoro manuale ti insegna molte cose: permette di conoscere gli uomini da vicino, ma anche le problematiche del montaggio dei pezzi e del flusso della linea. Quando poi sono stato per sei anni all’Ufficio Tecnico, quanto avevo imparato da operaio è stato prezioso». In realtà l’esperienza degli ingegneri operai fa parte di una più ampia organizzazione delle risorse umane sul modello giapponese della total quality, con un alto grado di automazione e postazioni dal sofisticato equipaggiamento e con un alto livello medio di studi: «Da anni nelle nuove assunzioni di operai chiediamo il titolo di scuola media superiore - spiega Ruffi -. Bisogna dire che la crisi ha reso i giovani diplomati più disponibili a accettare anche un posto da operai». Fabio Tallone attende di entrare nell’Ufficio Progettazione, cuore dello stabilimento, «per fare - dice - quello che mi piace». L’azienda lo ha mandato in Germania per imparare il tedesco al Goethe. Ma capita mai che un ingegnere neo-laureato storca il naso all’idea di dover fare l’operaio? «Episodi precisi non ne ricordo - risponde Borzone -. Posso dire però che se storce il naso vuol dire che non fa per noi». 1. Fabio Tallone, venticinque anni, originario di Manta, nel Cuneese, è laureato in Ingegneria elettrica al Politecnico di Torino. Tallone è entrato alla Bitron un mese dopo la laurea e ha preso posto fra gli operai nella postazione di una linea di montaggio di plancette alzacristalli, facendo i turni come loro. 2. Il Gruppo Bitron, fondato nel 1955, ha tredici stabilimenti. Nel Cuneese, oltre a Rossana, l’azienda ha uno stabilimento a Dronero. 3. Operai e laureati lavorano insieme: è la filosofia del gruppo. ALBERTO PAPUZZI