La Stampa 07/01/2008, STEFANO SEMERARO, 7 gennaio 2008
Monelli a caccia del podio olimpico. La Stampa 7 Gennaio 2008. Mancano sette mesi esatti alle Olimpiadi di Pechino, l’evento che cannibalizzerà il 2008 dello sport (e non solo dello sport)
Monelli a caccia del podio olimpico. La Stampa 7 Gennaio 2008. Mancano sette mesi esatti alle Olimpiadi di Pechino, l’evento che cannibalizzerà il 2008 dello sport (e non solo dello sport). La gestazione è ancora lunga, molte scelte vanno fatte, molti dubbi sciolti. Ci sono trials da superare, infortuni da schivare, tempi e misure da staccare. I Giochi non sono certo fatti. Convinti però che alla fine Pechino partorirà stelle giovani, abbiamo scelto una manciata di nomi su cui scommettere. Eccoli. Shawn Johnson, 16 anni fra pochi giorni, americana, campionessa del mondo in carica di ginnastica. alter-ego della nostra Vanessa Ferrari, 17 anni, campione del mondo l’anno prima. L’atleta capace di stamparsi sulla storia potrebbe essere lei, la strepitosa ragazzina della porta accanto. Nata nel cuore del midwest, a Des Moines, Iowa, città-specchio dei gusti politici degli yankee (chi vince il "caucus" di Des Moines, dal 1972 diventa Presidente degli Stati Uniti), Shawn è la tipica ragazza da high-school, tutta famiglia, amici e gusti rassicuranti, domeniche passate a guardare le partite della squadra di football del college. Una Lolita senza malizia ma farcita di talento. Partita male (il suo ”indice di apgar”, quello che misura la vitalità dei neonati, segnava 0), fu capace di alzarsi in piedi, senza neppure gattonare prima, già a 9 mesi. E’ diventata ginnasta a 3 anni, perché la danza non era sufficiente a smaltire tutta la sua energia di bambina terremoto; l’anno scorso, da quindicenne, ha vinto i campionati del mondo a Stoccarda. E’ allenata da un cinese nato a Pechino, Liang Chow: dovesse prendersi anche le Olimpiadi, darebbe volto e corpo alla problematica joint-venture tra Usa e Cina, ponte flessuoso, ingannevolmente ingenuo, fra il secolo americano e il secolo asiatico. Sotto il ponte, nell’acqua, nuota Park Tae-Hwan, fenomeno sudcoreano. Un altro che da piccolo soffriva: lo buttarono in piscina a 5 anni, per curargli l’asma. E’ guarito benissimo: ai Giochi Asiatici di Doha, nel 2006, ha portato a casa nove medaglie, tre d’oro (200, 400 e 1500 metri stile libero). Ai Mondiali di Melbourne, la scorsa primavera, è riuscito addirittura a strappare l’oro dei 400 metri agli australiani, che se lo tenevano in cassaforte da lustri. Sui 1500 è sceso sotto i 15 minuti, poi ha spiegato che ora punta ad abbassare il record dei 400, quello attualmente custodito dal mitologico pescione Ian Thorpe. Dovrà scalpellare via 4 secondi, ma la Speedo, grande sponsor acquatico, gli ha comunque sottoposto un contratto da 3,2 milioni di dollari, mentre la Corea lo ha nominato ambasciatore sportivo insieme alla diciassettenne pattinatrice Kim Yu-Na (altro nome da segnare), bella e brava come Park, tanto da apparire sul calendario dei campioni 2008 della Otuka Pharmaceutical a fianco di Lionel Messi e Tyson Gay. Nell’atletica debilitata dalle assenze per doping potrebbe splendere la luce scura ma pulita di Samuel Kamau Wanjiru, 18 anni, l’uomo nuovo della maratona. Wanjiru, figlio di una fondista e cugino di Joseph Riri, è nato in Kenya e ha iniziato a correre a 15 anni, folgorato da Paul Tergat. Nel 2002 si è trasferito in Giappone per studiare e allenarsi. Adesso parla un giapponese (quasi) fluente, «ma all’inizio - spiega - il vero problema più che la lingua era correre in inverno sulle strade piene di neve». Nel 2005, a 18 anni, ha stabilito il record mondiale assoluto della mezza maratona e quello juniores dei 10 mila metri. L’anno scorso ha ristrappato il primato della mezza maratona a Haile Gebrselassie ed esordito sulla distanza intera a Fukuoka, stupendo con una vittoria e un tempo, 2’06"39, di valore puro. Di qualità cristallina, ma più difficile da misurare con esattezza, è anche Yi Jianlian, il cestista che nel 2008 sogna di rubare la scena al gigante buono e fragile Yao Ming. Difficile da misurare perché Yi, che come Yao gioca nella Nba, sconta una data di nascita incerta. Lui dice di avere 19 anni, altri sospettano che ne abbia 24. La differenza che passa fra un talento da sbozzare e uno già formato. L’Hukou, l’immensa ma opaca anagrafe cinese, non aiuta. Di certo c’è invece che a Milwaukee l’hanno scelto - come sesto assoluto - al «draft» del 2007 e che un’ala di 213 cm veloce, completa e spettacolare come Yi è merce di lusso. Lo scorso novembre, quando gli Houston Rockets di Yao Ming e i suoi Bucks si sono scontrati, la Cina che può permettersi un televisore è andata in brodo di giuggiole. Con Yi e Yao dalla stessa parte, immaginarsi un dream team giallo non è utopia. Vale la pena investire anche su Ernests Gulbis, classe 1988, osservato speciale dei voyeur tennistici. Il Pupo, 190 cm per 75 chili, ha dritto e rovescio già pesanti. Il nonno Alvils ha giocato a basket in Nazionale, papà Alnars, padrone di un gasdotto, è uno degli uomini più ricchi dela Lettonia. Gulbis junior, sfrontato e individualista, a 11 anni era in Germania ad allenarsi dal guru croato Pilic. Oggi è n. 61 del mondo. «Se solo fosse meno viziato - brontola Pilic, da cui ha da poco divorziato - sarebbe già molto più in alto». Ernesto fa spallucce, convinto che riuscirà comunque a metterli tutti in Riga. STEFANO SEMERARO