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 2008  gennaio 10 Giovedì calendario

4 ARTICOLI

L’Espresso 10/01/2008:

STEFANO LIVADIOTTI
Lady Confindustria. La prima telefonata è arrivata a Gazoldo degli Ippoliti, quartier generale del Gruppo Marcegaglia, verso metà pomeriggio di giovedì 13 dicembre. Un messaggero in veste ufficiosa aveva fretta di far sapere che Silvio Berlusconi non condivideva l’editoriale con cui quella mattina il suo ’Foglio’ (l’azionista di riferimento è la moglie Veronica) aveva impallinato Emma Marcegaglia, definendola priva dello spessore necessario a ricoprire l’incarico di numero uno di Confindustria. Il giorno dopo, proprio mentre Alberto Bombassei annunciava il suo ritiro dalla corsa, il concetto è stato ribadito direttamente all’interessata, questa volta attraverso un canale ufficiale: "Si tratta di un’opinione del direttore, Giuliano Ferrara. Il Presidente non fa il tifo per nessuno; semplicemente non è interessato alla partita".
Se l’ipotesi di un’entrata a gamba tesa della politica nelle vicende confindustriali è davvero da archiviare, allora per la Marcegaglia (che sarebbe il primo presidente donna e il secondo più giovane nella centenaria storia dell’associazione) si profila un percorso tutto in discesa. Da candidata unica, come non accadeva dai tempi di Luigi Abete, 15 anni fa. E con una fronda ridotta ai quattro amici al bar di Antonio D’Amato, a Cesare Romiti (ma solo per fare un dispetto a Montezemolo), all’irrequieto Giulio Tremonti e a Michela Vittoria Brambilla, forse animata da gelosia femminile. In un paese dilaniato da risse senza fine non è un risultato da poco. Vuol dire che il sistema Montezemolo ha funzionato. In questi quattro anni la Confindustria è andata avanti senza strappi. Anzi: ogni volta che ha rischiato di perdere pezzi per strada ha puntualmente rallentato pur di ritrovare l’unità. Lo si è visto, per esempio, sulla vicenda della quotazione del ’Sole 24 Ore’, dove la caparbia opposizione a lungo manifestata dalla potente Assolombarda s’è poi trasformata in un voto all’unanimità. Così, alla fine, a scendere in campo sono stati tre candidati tutti membri della squadra di presidenza uscente (oltre a Marcegaglia e Bombassei aveva fatto capolino Andrea Moltrasio): che poi, in zona Cesarini, hanno deciso di evitare di misurarsi in un’inutile corrida. Dai tempi di Gianni Agnelli, che nel 1976 dopo un solo biennio di leadership aveva lasciato il timone a Guido Carli, nessun presidente era più riuscito a guidare pacificamente il cambio della guardia. Negli ultimi anni non ce l’aveva fatta neanche un volpone come Luigi Abete, costretto da Romiti a cedere il posto a Giorgio Fossa. Che a sua volta, nel Duemila, aveva visto il suo candidato, Carlo Callieri, sorpassato in dirittura d’arrivo dal rampante D’Amato. E quattro anni dopo la scena s’era ripetuta, con D’Amato che aveva inutilmente fatto fuoco e fiamme per fermare il presidente della Ferrari.
La Marcegaglia ha fatto bene la sua parte. Black & Decker, come la chiamavano tra il 1996 e il Duemila, quando presiedeva in minigonna i giovani di viale dell’Astronomia, ha seguito con la consueta tenacia i dossier di una delega molto ampia (energia, ambiente e infrastrutture). Senza mai dire una parola più del necessario. E intanto ha tessuto i rapporti con i rappresentanti di quei centri di potere che avrebbero potuto dissentire davanti a una scelta di Montezemolo non concordata prima. A partire dal numero uno di Assolombarda, Diana Bracco (non a caso Emma, che della sua azienda è consigliere, s’è tenuta defilata sulla vicenda del ’Sole’). Ma anche dal presidente di Federchimica, Giorgio Squinzi, che pochi mesi fa in una cena in casa D’Amato a Posillipo ha declinato definitivamente l’invito a candidarsi contro di lei.
Emma, insomma, ha lavorato di fino. Se Montezemolo le ha messo su un piatto d’argento una maggioranza bulgara di Confindustria, lei s’è andata a cercare anche i voti che sarebbero potuti mancare all’appello finale. Sempre muovendosi con abilità. Ne è passato di tempo da quando s’era fatta buttare fuori dal liceo di Mantova per aver centrato la nuca della professoressa con un magistrale lancio di cancellino. Dieci anni quasi consecutivi nel comitato di presidenza (è rimasta fuori solo nel secondo biennio di D’Amato, con il quale era arrivata ai ferri corti) le hanno insegnato a evitare con cura le possibili trappole. Nell’autunno 2006 il Quirinale voleva inserirla nell’elenco dei papabili Cavalieri del lavoro. Lei ha risposto che preferiva aspettare magari un altro giro. Il fatto è che avrebbe dovuto dichiarare di aver iniziato a lavorare in azienda già un anno prima di aver ottenuto la laurea. E questo avrebbe potuto fornire il destro a qualcuno per una polemica velenosa.
Emma, che fino a poco prima di sposarsi ha continuato a vivere nella villona familiare (come fa ancora il fratello Antonio, con cui condivide il ruolo di amministratore delegato), non ha un vero e proprio entourage. Il consigliere del principe è Rinaldo Arpisella, un ex giornalista che da 12 anni segue i rapporti istituzionali e con la stampa per il gruppo di famiglia e tiene i contatti con le 23 associazioni territoriali cui è iscritto in Confindustria (non segue il capo per il semplice motivo che ha una fifa blu dell’aereo, ma è sempre a tiro di telefono). A differenza di Montezemolo, la Marcegaglia non ha poi un gruppetto di imprenditori amici da sempre e talvolta anche soci in affari (la cosiddetta Capri Connection: Diego Della Valle, Vittorio Merloni, Luigi Abete). Tra quelli con cui Emma negli anni ha legato di più ci sono certamente proprio Merloni (che l’ha voluta in consiglio di amministrazione ed è stato il primo, la scorsa estate, a fare il suo nome per il vertice di Confindustria), Squinzi, l’ex presidente Giorgio Fossa, Gianmarco e Letizia Moratti, Emilio Riva, Matteo Colaninno (superate da tempo le incomprensioni tra i rispettivi genitori, si frequentano anche sulle montagne di Ortisei) e Carlo Pesenti (anche lui l’ha chiamata nel suo consiglio di amministrazione). C’è poi una seconda cerchia meno vicina. Ne fanno parte Fedele Confalonieri, Alessandro Benetton, Gianfelice Rocca, Edoardo Garrone, Nerio Alessandri, Marco Tronchetti Provera, Ettore Artioli, Sergio Dompé, l’amministratore delegato dell’Eni Paolo Scaroni e quello dell’Enel Fulvio Conti, Andrea ed Ettore Riello, il capo dei ’piccoli’ Giuseppe Morandini e il numero uno della Confindustria lombarda Giuseppe Fontana.
Anche nel mondo politico, con il quale pure ha solo contatti istituzionali, la Marcegaglia è piuttosto trasversale. Il collegamento con gli ambienti prodiani è assicurato dal sottosegretario Enrico Letta. Quello con Berlusconi passa da Gianni Letta e Confalonieri. L’amico Andrea Mondello, via Goffredo Bettini, è invece il terminale con Walter Veltroni. E Altero Matteoli è il punto di riferimento in Alleanza nazionale. I rapporti sono poi buoni con Pierluigi Bersani, Emma Bonino e Antonio Di Pietro. Addirittura ottimi con Massimo D’Alema (per cui Emma ha da sempre un debole), Pier Ferdinando Casini e Gianfranco Fini. In miglioramento, dopo l’accordo sul codice ambientale, quelli con Alfonso Pecoraro Scanio, che partivano da una base pessima. Nell’universo bancario la Marcegaglia ha familiarità con Alessandro Profumo e s’intende bene con Gaetano Micciché. Cesare Geronzi, invece, la guarda con una certa diffidenza, sospettandola di amicizia con il giovane Matteo Arpe. Nel sindacato non ha confidenza con i leader di oggi, ma andava d’accordo con Sergio Cofferati e Sergio D’Antoni.
Se alla Marcegaglia riuscirà la scalata in viale dell’Astronomia (già a trent’anni era stata la prima donna ad avere un ufficio al settimo piano) la composizione della nuova squadra muoverà da alcuni punti fermi. A partire da Montezemolo stesso, che potrebbe accettare di mantenere la presidenza della Luiss, cui in questi anni ha ridato smalto. A livello di vice presidenze, Bombassei s’è già dichiarato disponibile a mantenere le relazioni industriali. Un posto andrà quasi certamente a Colaninno, in scadenza come numero uno dei giovani. Per un altro biennio ci sarà anche Morandini, da poco confermato a capo dei ’piccoli’. La delega per l’Energia, o per l’organizazione, potrebbe andare a Moltrasio, che già siede nel vertice confindustriale come presidente del Comitato tecnico Europa. Se disponibile, avrà un posto da numero due Squinzi, mentre per Tronchetti dipenderà da Assolombarda.
Le novità potrebbero arrivare da Massimo Calearo, in pole position per la poltrona reclamata dai veneti, che andrebbe all’internazionalizzazione. Da Federica Guidi, figlia dell’ex vice presidente Guidalberto, in testa nella corsa per la presidenza degli under 40. Dal presidente di Napoli, Giovanni Lettieri, che dovrà giocarsi l’elezione a rappresentante del Mezzogiorno con i pugliesi Massimo Ferrarese (Brindisi) e Piero Montinari (Lecce). Più difficile che passi la candidatura dell’ex leader dei giovani, Anna Maria Artoni, per la quale gli industriali emiliani hanno chiesto un incarico: a prescindere dai rapporti non proprio idilliaci con la Marcegaglia, viene considerata da molti troppo politicizzata. Tra gli outsider vanno segnalati il piemontese Paolo Zegna (Andrea Pininfarina sembra troppo preso da problemi aziendali) e il veneto Gian Luca Rana (se Andrea Riello si farà tentare dalla politica).
Se la Marcegaglia non inciamperà sul traguardo, qualche cambio arriverà anche in viale dell’Astronomia. Scontata la conferma di Maurizio Beretta alla direzione generale, è comunque in uscita il suo vice, Luigi Mastrobuono: per lui è pronta la poltrona di direttore generale dei costruttori. A conquistare spazio sarà così il potente ministro degli Interni Gabriele Manzo, che ha scortato gli ultimi tre presidenti nei meandri confindustriali e ha ottimi rapporti con Emma. In salita pure il ministro degli Esteri, Daniel Kraus, che ne è stato lo sherpa in Europa e il neo direttore di area Giancarlo Coccia, che l’ha seguita sull’ambiente. In buona posizione Massimo Beccarello (energia) e Giuseppe Mele (infrastrutture): con la Marcegaglia si danno del tu.


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CORSA IN QUATTRO TAPPE
L’appuntamento è fissato per la sera di mercoledì 16 gennaio. Intorno al tavolo, insieme al presidente della Confindustria, Luca di Montezemolo, sono invitati tutti i suoi predecessori: Luigi Abete, Antonio D’Amato, Giorgio Fossa, Luigi Lucchini, Vittorio Merloni e Sergio Pininfarina. In base all’articolo 34 dello statuto, i magnifici sette dovranno indicare, a maggioranza dei presenti, una rosa di nove nomi, all’interno della quale il giorno dopo la giunta di viale dell’Astronomia voterà, a scrutinio segreto (con un massimo di due preferenze), i tre saggi incaricati di svolgere
le consultazioni per il rinnovo della presidenza degli imprenditori.
La tappa successiva è in calendario per giovedì 13 marzo, quando i saggi riferiranno alla giunta (con l’obbligo di presentare tutte le candidature che fossero appoggiate in forma scritta dal 15 per cento del complesso dei voti assembleari), che designerà a scrutinio segreto il successore di Montezemolo. A quel punto il prescelto avrà tempo fino a mercoledì 23 aprile per presentare
il programma e la squadra dei vice presidenti per il primo biennio al parlamentino confindustriale convocato in seduta straordinaria.
Il complesso iter si concluderà mercoledì 21 maggio, quando l’assemblea privata degli industriali sarà chiamata a ratificare la scelta della giunta.


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Famiglia d’acciaio
Crescere, crescere, crescere. questo lo slogan che, nel bilancio 2006 della capogruppo Marfin, la famiglia Marcegaglia utilizza per descrivere le strategie per il futuro. Il boom della siderurgia, in effetti, ha regalato all’azienda alcuni anni d’oro.
Tra il 2002 e il 2006, stando all’analisi dell’ufficio studi di Mediobanca, i ricavi sono passati da 1,7 a 3,4 miliardi di euro, i debiti finanziari sono diminuiti da 733 a 561 milioni, i dipendenti sono aumentati costantemente di numero, passando da 4.751 a 5.361 (circa 6 mila se si considerano anche le società controllate direttamente dalla famiglia). E, a dispetto di qualche piccola scottatura con i derivati, che l’anno scorso hanno costretto l’azienda a contabilizzare 15 milioni di euro di
oneri finanziari per adeguare il valore degli strumenti acquistati ai prezzi correnti, anche il 2007 dovrebbe essere andato bene, sempre sull’onda dell’euforico mercato dell’acciaio. Tra gennaio e aprile il fatturato era infatti cresciuto del 39 per cento: un andamento fin troppo brillante per durare tutto l’anno, avvertiva la stessa relazione sulla gestione.
Al di là della siderurgia, il gruppo fondato da Steno Marcegaglia negli anni Cinquanta
e affidato oggi ai figli Antonio e Emma, da sempre ha tentato di diversificare i propri interessi, a volte con successo, altre meno.
Al fianco di attività tradizionali come la realizzazione di tubi saldati, nastri metallici e lamiere per i treni, nell’industria gli ultimi sviluppi riguardano la produzione di pannelli fonoassorbenti e fotovoltaici, nei servizi la gestione di complessi turistici e alberghi rivolti a un pubblico di fascia media. Le strutture oggi raccolte sotto l’insegna di Marcegaglia Tourism sono tre: l’isola
di Albarella nel delta del Po, acquistata nel 1988; il complesso di Pugnochiuso sul Gargano, comprata dall’Eni dieci anni più tardi; il villaggio Le Tonnare di Stintino, in Sardegna, che Marcegaglia gestirà dal 2008 grazie a un’operazione iniziata sotto il governo Berlusconi. Il gruppo fa infatti parte della cordata che nel 2006 ha acquistato per 76 milioni di euro il 49 per cento di Italia Turismo, una holding del carrozzone pubblico Sviluppo Italia con all’interno una ventina di complessi turistici ancora da sviluppare, localizzati spesso in area di grande pregio. Sempre in Sardegna, infine, Marcegaglia ha comprato di recente, insieme ad Andrea Donà dalle Rose, la società che gestisce il Forte Village, complesso di lusso sulla costa cagliaritana. Anche grazie a questa operazione, il gruppo Marcegaglia vuole raggiungere in quattro anni un fatturato nel turismo di 200-250 milioni.
L. P.


Emma vista da vicino
Emma Marcegaglia è nata a Mantova il 24 dicembre del 1965. Figlia del geometra Steno (che aveva iniziato nel 1959 con un laboratorio artigianale di 120 metri quadrati dove produceva guide per le tapparelle delle finestre e oggi guida un gruppo da 4 miliardi di euro), Emma ha fatto le scuole elementari a Gazoldo degli Ippoliti, dove la famiglia ha il suo quartier generale. Dopo le medie e il liceo a Mantova, ha frequentato la Bocconi (si è laureata in Economia aziendale a 23 anni con una tesi sul gruppo fondato dal padre) e ha preso un master in business administration a New York.
Appena laureata ha iniziato la sua attività imprenditoriale nel gruppo, che oggi conta 6.500 dipendenti e 47 stabilimenti in tutto il mondo, occupandosi di amministrazione e finanza. Nel 1996 è diventata presidente dei giovani imprenditori nella Confindustria allora guidata da Giorgio Fossa, incarico che comporta una vice presidenza di diritto e dunque l’ingresso nel comitato di presidenza, dove fino a quel momento nesssuna donna era ancora arrivata. Esaurito il mandato (insieme a quello, contemporaneo, di leader dei giovani industriali europei), nel 2000 la Marcegaglia è diventata vice presidente per l’Europa nel primo biennio della presidenza di Antonio D’Amato. Nel 2002 è uscita dalla squadra di vertice di viale dell’Astronomia in dissenso con il suo leader. Nel 2004 è stata richiamata da Luca di Montezemolo, che le ha offerto la vice presidenza con la delega su energia, ambiente e territorio. Nel 2006 è entrata a far parte del High level group di Bruxelles, organismo consultivo della Ue.
Dopo aver vissuto a lungo in casa con i genitori, nel 2001 si è sposata con Roberto Vancini, ingegnere informatico di Ferrara, e ha preso casa a Mantova.
 mamma di Gaia, nata nel marzo del 2003.
Da ragazza sognava di fare la ballerina. Oggi nel tempo libero gira per i mercatini di antiquariato e colleziona orologi antichi. Ama lo sci, la bici, il nuoto e i cavalli. golosa di cioccolato.