La Repubblica 06/01/2008, CONCETTO VECCHIO, 6 gennaio 2008
La brutta avventura di reggio calabria. La Repubblica 6 gennaio 2007. «Contro il sistema la gioventù si scaglia/ boia chi molla è il grido di battaglia!» Insurrezione nera, ribellione di plebe, malcontento meridionale; un capopopolo chiamato Ciccio Franco, «il Duce calabrese»; le immancabili bombe, e quindi morti innocenti (ben otto); ’ndrangheta e malavita ed eversione a cercare di piegare ai loro fini il corso della lotta; Junio Valerio Borghese e Stefano Delle Chiaie; Adriano Sofri che manda i suoi uomini al Sud «perché qui ci sono ottime prospettive rivoluzionarie»
La brutta avventura di reggio calabria. La Repubblica 6 gennaio 2007. «Contro il sistema la gioventù si scaglia/ boia chi molla è il grido di battaglia!» Insurrezione nera, ribellione di plebe, malcontento meridionale; un capopopolo chiamato Ciccio Franco, «il Duce calabrese»; le immancabili bombe, e quindi morti innocenti (ben otto); ’ndrangheta e malavita ed eversione a cercare di piegare ai loro fini il corso della lotta; Junio Valerio Borghese e Stefano Delle Chiaie; Adriano Sofri che manda i suoi uomini al Sud «perché qui ci sono ottime prospettive rivoluzionarie». Una città, Reggio Calabria, in guerra col mondo dal 14 luglio 1970 al 23 febbraio 1971 per protestare contro la mancata assegnazione del capoluogo regionale, affidato a Catanzaro. Sette mesi di barricate, tumulti, quartieri inaccessibili, assalti alle armerie, mobilità bloccata (per tutto agosto e settembre a Reggio non arriverà più un treno). Un pezzo di storia impressionante, se vista con lo sguardo di oggi, ma impressionante era quell’ Italia. Ora un libro colma il vuoto storiografico. L’ ha scritto uno storico reggino, Fabio Cuzzola, 39 anni: «Reggio 1970. Storia e memorie della rivolta», Donzelli editore e demolisce molti luoghi comuni che accompagnano da sempre quei fatti. Un lavoro durato cinque anni, 201 testimoni intervistati, fonti consultate anche a Londra, al Foreign Office. Il 1970 è l’ anno dell’ istituzione delle Regioni, ed un accordo, sottoscritto al ristorante «La Vigna dei Cardinali» a Roma tra il segretario del Psi Giacomo Mancini, il ministro dc Riccardo Misasi e il sottosegretario doroteo Ernesto Pucci, avrebbe assegnato a Catanzaro il capoluogo, a Cosenza l’ università e a Reggio Calabria le industrie. Mancini e Misasi sono di Cosenza, Pucci di Catanzaro. Reggio, non rappresentata politicamente a Roma, contesta la spartizione. Per primo è il sindaco di Reggio, il dc Piero Battaglia, a radunare la cittadinanza in piazza, il 5 luglio 1970: il commissario governativo per l’ istituzione delle regioni ha appena convocato per il 13 luglio il consiglio regionale a Catanzaro, unica sede calabrese di Corte d’ appello, come previsto da una legge del 1953. La Dc lascia però solo Battaglia. Il 14 luglio la città si ferma per lo sciopero generale. Vengono bloccati i binari dei treni, i commercianti chiudono i negozi, migliaia di giovanissimi provenienti dai quartieri periferici si riversano in centro. La polizia reagisce con violenza, arresta 60 persone, molte delle quali sono sottoposte a sevizie incredibili, come la pipì in bocca da parte dei reparti celeri giunti da Padova. La sera del 15 luglio, il morto: Bruno Labate, ferroviere di 46 anni. «Un incidente», sosterranno le autorità. «Massacrato di botte», secondo le testimonianze della piazza. La tragedia radicalizza lo scontro. E’ un’ escalation. Il 22 luglio una bomba sul treno Palermo-Torino esplode nei pressi della stazione di Gioia Tauro: sei morti, 66 feriti. Nel ’ 93 un pentito, Giacomo Lauro, rivelerà: «Ho fornito io l’ esplosivo a Vito Silverini e Vincenzo Caracciolo, che materialmente hanno compiuto l’ attentato su mandato dei capi della rivolta di Reggio». Scrive Cuzzola: «La ’ndrangheta si mostra pronta a giocare il suo ruolo sporco di manovalanza al servizio delle forze eversive. Saltano in aria sedi di partiti e di sindacato, automobili di politici reggini accusati di tradimento, esercizi commerciali, rei magari solo di non aver scioperato». E’ in quei giorni che emerge come leader un cane sciolto di destra, Ciccio Franco, sindacalista Cisnal. Ponendosi a capo dei rivoltosi spiazza perfino Almirante, che inizialmente non vede di buon occhio la battaglia per Reggio capoluogo e solo in un secondo tempo l’ appoggerà. Per Cuzzola i fatti sfuggono a qualsiasi tentativo di schematica classificazione, non rispondendo a logiche precise. In effetti si mescolano rivendicazioni occupazionali (il capoluogo significava posti di lavoro sicuri in una terra depressa) e orgoglio di campanile. Fu soprattutto una questione identitaria. Tuttavia la lotta finì per essere egemonizzata dai neofascisti (rilevante fu anche il ruolo di Avanguardia nazionale): il Movimento sociale ne ricaverà insperate fortune elettorali alle politiche del 1972, con Franco eletto senatore. Oriana Fallaci riuscì a intervistarlo per L’ Europeo dalla latitanza nel febbraio del 1971 e il caudillo le spiegò che molti ragazzi di sinistra «oggi sono fascisti semplicemente perché ritengono che la battaglia di Reggio sia interpretata in modo leale solo dai fascisti». La destra ebbe gioco facile, anche perché la Dc rimase immobile, pur essendo la città un suo feudo, e il Pci invocò da subito la forza per reprimere i moti. CONCETTO VECCHIO