La Stampa 04/01/2008, pag.13 FILIPPO DI GIACOMO, GIACOMO GALEAZZI, 4 gennaio 2008
”Conciliari” in rivolta contro Benedetto XVI. La Stampa 4 Gennaio 2008. CITT DEL VATICANO. La guerra di Piero: la Curia contro il Concilio
”Conciliari” in rivolta contro Benedetto XVI. La Stampa 4 Gennaio 2008. CITT DEL VATICANO. La guerra di Piero: la Curia contro il Concilio. Ha dovuto evitare Roma e il Vaticano l’arcivescovo Piero Marini, dal 1987 fino allo scorso ottobre Maestro delle Cerimonie Pontificie, e chiedere ospitalità al cardinale di Londra Cormac Murphy O’Connor, per il lancio del suo libro di memorie liturgiche. Ultimo episodio di una polemica che nessuno comprende più, forse neanche coloro che la stanno animando. E’ nata a luglio, quando Benedetto XVI ha promulgato il motu proprio Summorum Pontificum, un atto di liberalità pastorale a favore di quei fedeli – circa cinquecentomila su un miliardo e 200 milioni di cattolici - che dicono di ancorare la loro spiritualità alle forme dell’ordinamento liturgico in uso prima del 1964. Nel mondo cattolico il motu proprio non ha prodotto alcuna rivoluzione copernicana, non ha svelato alcuna vena sotterranea del fiume celebrativo che attraversa le comunità locali, non ha proiettato né ombre né luci sul vissuto quotidiano dei sacerdoti e dei fedeli. Nonostante ciò, chi vuol parlare di liturgia e di Concilio deve allontanarsi da Roma. Piero Marini, universalmente riconosciuto come uno dei traduttori più fedeli del dettato conciliare in materia di riti, è sempre stato considerato un collaboratore tra i più solerti, discreti e apprezzati di Giovanni Paolo II. ”A challenging reform: Realizing the Vision of the Liturgical Renewal” (Una riforma difficile: l’attuazione della visione del rinnovamento liturgico), il saggio che ha presentato a Londra il 14 dicembre scorso, è un libro che ripercorre gli anni del Concilio Vaticano II e quelli immediatamente successivi, quando si realizzò il passaggio dalla messa tridentina, in latino, a quella odierna nelle lingue vernacolari, le oltre 1500 lingue oggi usate nella liturgia cattolica per condividere la Parola e celebrare l’Eucaristia. La riflessione di Marini copre il periodo che va dal 1963, anno dell’approvazione della Sacrosanctum Concilium, alla fine dell’80. Una stagione ricordata per il contrasto tra l’apposito Consilium istituito da Paolo VI per diffondere e spiegare la riforma, e la resistenza accanita degli uffici della Curia. Quest’ultima non ha mai perdonato a Papa Montini, dunque al padre della riforma liturgica Annibale Bugnini ed ai suoi, di aver abolito la «liturgia della cappella papale», un tripudio di uniformi, manti e troni barocchi, prescrivendo anche per il Papa in San Pietro, la liturgia episcopale celebrata da ogni vescovo nella sua diocesi. Per questo Paolo VI aveva pensato e delegato al Consilium - un organismo atipico, attento alle esigenze delle Conferenze episcopali nazionali ed estraneo alle logiche dei dicasteri vaticani - guidato da Bugnini e di cui Marini fu segretario personale, il compito di vegliare perché lo spirito della liturgia latina venisse correttamente tradotto nelle lingue moderne. In fondo, era stato lo stesso Giovanni XXIII, il padre del Concilio Vaticano II, a prescrivere che la grande assise ecclesiale guardasse alla Chiesa «come a un giardino da coltivare e non come a un museo da custodire». «La riforma liturgica», ha detto monsignor Marini durante la presentazione del libro, «non era intesa o applicata solo come riforma di alcuni riti. Era la base e l’ispirazione degli obiettivi per cui il Concilio era stato convocato. L’obiettivo della liturgia non era altro che l’obiettivo della Chiesa e il futuro della liturgia è il futuro della Chiesa». Affermazioni condivise, secondo il «National Catholic Report», dai presenti nei saloni di Westminster, davanti al cardinale O’Connor e a un drappello di dignitari vaticani, tra cui il nunzio in Gran Bretagna, l’arcivescovo Faustino Sainz Munoz. Proprio le presenze del porporato e del nunzio hanno infastidito a Roma chi anche nella presentazione di un libro di storia liturgica vede «una campagna contro il Papa». A gridare «dagli al liturgista», da qualche mese sono soprattutto alcuni siti (in particolare, Petrus e il blog di Papa Ratzinger) che, in modo più cosciente di quanto dichiarino, hanno sostituito quegli anonimi «cultori della verità» che hanno costellato gli anni del pontificato di Giovanni Paolo II con pamphlet più o meno curiosi. Sono talmente "cattolici" da sentirsi autorizzati a fare lezione al Papa: «Benedetto XVI non ha bisogno di fare teatro perché le sue parole forti composte e tenere arrivano direttamente al cuore; non serve essere teatrali per farsi amare e seguire. Giovanni Paolo II passerà alla storia come il Papa dello spettacolo, del samba ballato con i giovani, delle messe che sembravano più degli show che delle vere messe e su tutto questo è pesato senza dubbio il personaggio, se così si può definire, di monsignor Piero Marini». E, sempre più infervorati dal ruolo di precettori del cattolicesimo universale: «Sospendiamo, per carità cristiana, ogni giudizio sulle stravaganti liturgie che ha portato in scena quando era Maestro delle cerimonie di Giovanni Paolo II e Benedetto XVI. Ma non possiamo tacere sulla vergognosa, ributtante ed offensiva conferenza stampa inglese durante la quale, presentando un suo libro, ha denunciato il presunto ostruzionismo della Curia romana nell’attuazione del Concilio». Commentano su www.korazym, sito dei papaboys, i ragazzi che dopo le messe di Papa Wojtyla, continuano a partecipare a quelle di Benedetto XVI: «Storia ironica di un pontificato, eletto sempre più a vessillo da chi all’apertura fiduciosa preferisce gli spazi angusti della conservazione». «Giuda!», è stata la risposta dei monopolisti del cattolicesimo ratzingeriano. FILIPPO DI GIACOMO, GIACOMO GALEAZZI ******* Antonio Socci (scrittore ciellino), perché oggi nella Chiesa si discute tanto sulla liturgia? «Perché nella tradizione cattolica "lex orandi, lex credendi". Nella liturgia c’è tutta la dottrina della Chiesa, la sua fede, quindi il suo tesoro vero e inestimabile. L’ortodossia della fede è la sola cosa veramente "non negoziabile", di cui neanche i Papi possono disporre perché è verità rivelata e sancita dal sangue di Cristo, verità che essi devono solo custodire e non possono mutare. Dunque la battaglia fra chi vuole "rivoluzionare" il cattolicesimo e chi vuole conservare il "depositum fidei", rispettando il mandato di Gesù, inevitabilmente si concentra sulla liturgia. Da sempre. Basti pensare al caso Lutero e al protestantesimo». Perché ci si oppone alla Curia di Ratzinger in nome del Concilio? «Più che alla Curia di Ratzinger ci si oppone a papa Benedetto XVI, in particolare al suo "motu proprio" che restituisce la libertà di celebrare anche col rito tradizionale. Ci si oppone al Papa in nome di un presunto "spirito del Concilio" di cui sarebbero depositari certi intellettuali o certi vescovi innovatori. Cosa è questo "spirito del Concilio"? Non se n’è mai sentito parlare in 2000 anni. La Chiesa conosce e adora lo Spirito Santo, terza persona della Trinità, che assiste in modo speciale il Santo Padre nella sua guida della barca di Pietro. Non risulta che esista una quarta persona della Trinità denominata "Spirito del Concilio". Come e quando è stato inventato questo strano soggetto? Dopo il Concilio, per far dire al Concilio ciò che non aveva detto. Sulla liturgia per esempio la "lettera" del Concilio non diceva affatto che doveva essere messo al bando il rito tradizionale in latino. Ma in nome dello "spirito del Concilio" si pretende di far dire al Concilio ciò che non ha detto e così di togliere questa ricchezza alla Chiesa, sottrarre questa libera possibilità ai fedeli e introdurre una grave frattura nella storia della liturgia che, come ha scritto Ratzinger da cardinale, non può avere fratture». Quali sono i «partiti» che si contrappongono? «C’è il Papa, quindi la Chiesa, che vuole ridare ai fedeli libertà di celebrare secondo il rito tradizionale e vuol mettere fine agli abusi liturgici post conciliari. E c’è un "partito rivoluzionario", fatto anche da vescovi, che si oppone al Papa e non vuole questa libertà. E’ paradossale. Il Papa è per la libertà e per il pluralismo (nella Chiesa c’è sempre stato un ricco pluralismo liturgico: basti pensare al rito ambrosiano e ai riti orientali, accanto al rito romano). I "progressisti" invece pretendono di negare la libertà ai fedeli di celebrare col rito tradizionale, imponendo il "rito conciliare", oltretutto senza che mai sia stata riconosciuta la quantità di tremendi abusi liturgici compiuti in nome dello "spirito del Concilio". Oscurantismo e intolleranza si oppongono al Papa dell’"illuminismo cristiano" e della libertà».