La Stampa 03/01/2008, pag.35 Mario Deaglio, 3 gennaio 2008
LA MARCIA IN PI DI MADRID
La Stampa 3 Gennaio 2008. Ci sono al mondo tre tipi di bugie: le «bugie semplici» (lies), le «bugie sfacciate» (damned lies) e le statistiche. Quest’affermazione, attribuita a Benjamin Disraeli, uno dei più importanti politici inglesi dell’Ottocento, è analoga al detto popolare italiano secondo il quale alle statistiche si può far dire ciò che si vuole. E appare del tutto appropriata nella disputa tra Italia e Spagna su quale dei due Paesi abbia il più elevato prodotto lordo per abitante.
Se si prendono i dati armonizzati delle contabilità nazionali, non c’è dubbio che abbia ragione il presidente del Consiglio italiano: il prodotto lordo dell’Italia diviso per il numero dei residenti in Italia è superiore a quello della Spagna diviso per il numero dei residenti in Spagna. Se però si applica la «correzione per il potere d’acquisto», ossia si tien conto di quanti euro ci vogliono per acquistare gli stessi beni nei due Paesi, ha ragione il primo ministro spagnolo, in quanto la Spagna supera l’Italia per un’incollatura; questa correzione è applicata direttamente dall’Eurostat il cui sito Internet fornisce, per dir così, un crisma ufficiale al superamento.
L’uso di questa correzione, peraltro, non è frequente quando si confrontano Paesi con la stessa moneta: sarebbe un poco come correggere per la diversità dei prezzi l’analogo dato tra le varie regioni d’Italia. Non va inoltre dimenticato che il primo ministro spagnolo da tempo fa del «superamento dell’Italia» uno slogan politico in vista delle prossime elezioni e anche la risposta del presidente del Consiglio italiano, al di là della puntualizzazione statistica, acquista un particolare significato, alla luce della situazione politica interna. In conclusione, il profano potrebbe trovare una conferma di più della bontà della radicata convinzione che delle statistiche è meglio non fidarsi.
Le cose, in realtà, non stanno esattamente così. Se è incerto se davanti ci sia la Spagna o l’Italia, il che è francamente poco importante, non trattandosi di una competizione sportiva, è invece assolutamente certo che il tasso di crescita dell’economia spagnola è, da almeno dieci-quindici anni, nettamente superiore a quello dell’economia italiana; si tratta di una crescita che si è accompagnata allo sviluppo, ha quindi aumentato le possibilità concrete di scelta e migliorato la qualità della vita degli spagnoli assai più di quanto sia successo in Italia. Per conseguenza, la Spagna comincia a trovarsi nettamente davanti all’Italia in una serie di indicatori che vanno dal numero degli studenti che, dopo la laurea, seguono programmi di dottorato (77 mila contro 37 mila), al numero di turisti esteri: ci sono più visitatori al Museo del Prado a Madrid che alla Galleria degli Uffizi a Firenze, entrambi in testa alle classifiche dei rispettivi Paesi. E l’elenco degli aspetti economici e sociali della vita in cui si constata il ridursi o il capovolgersi del tradizionale vantaggio italiano potrebbe agevolmente continuare.
Certo, alla Spagna non mancano i problemi, e il futuro potrebbe non essere roseo come il recente passato. Non è peraltro il caso di nascondersi dietro la «foglia di fico» delle minuzie di una statistica, come quella del prodotto lordo per abitante, che è largamente simbolica e molto imprecisa per evitare di prendere atto della realtà, per quanto dura da mandar giù, di un diverso dinamismo, di un netto miglioramento relativo della Spagna in termini sia qualitativi sia quantitativi. Occorre riflettere sui motivi del successo spagnolo, non trincerarsi dietro un residuo (e dubbio) margine di vantaggio italiano: sul perché la Spagna riesca a correre così rapidamente mentre in Italia quasi tutto si blocca.
Mario Deaglio