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 2008  gennaio 05 Sabato calendario

MILANO

Intel fa un passo indietro: da ieri non è più tra i finanziatori e i partner tecnologici del progetto «un computer per bambino», che intendeva alleviare il divario digitale tra nord e sud del mondo attraverso la distribuzione di un minicomputer da 100 dollari nei Paesi in via di sviluppo.
La rottura tra l’organizzazione no profit One laptop per child
(Olpc), nata durante il World Economic Forum di Davos in Svizzera nel 2005, e il big dell’informatica (leader della produzione di microprocessori, i «motori » dei personal computer) è avvenuta al culmine di un braccio di ferro durato mesi. I due fronti discutevano dal luglio scorso, cioè da quando la compagnia Usa aveva finalmente annunciato l’adesione al programma, dopo l’iniziale freddezza.
Come ha spiegato il portavoce di Intel, Chuck Molly, fino a ieri membro del direttorio dell’Olpc (al quale partecipano anche
Google, Nortel ed eBay, oltre al concorrente numero 1 di Intel, Amd), l’associazione pretendeva che il colosso della Silicon Valley rinunciasse ad alcune iniziative in palese contrasto con il progetto. Per esempio, al programma del pc Classmate, un computer per i mercati in via di sviluppo lanciato nei mesi scorsi dalla stessa Intel. Invece, il gruppo americano ha ritirato l’adesione al programma dell’Olpc, accampando «divergenze filosofiche» con i vertici dell’organizzazione.
Alcuni addetti ai lavori, più semplicemente, spiegano la rottura con la presenza ingombrante del concorrente di sempre Amd, che ha anche promosso una causa Antitrust contro Intel, accusata di sfruttare la sua posizione di forza nel mercato dei chip per mettere in pratica comportamenti anticoncorrenziali.
Concepita da Nicholas Negroponte, il guru dell’informatica fondatore del mitico Media Lab del Mit di Boston, l’iniziativa aveva partorito un minicomputer essenziale, l’XO, facile da usare – anche come libro elettronico – e in grado di alimentarsi a manovella, in caso di mancanza di energia elettrica. I problemi per l’Olpc sono però arrivati quasi subito. Innanzi tutto a causa dei costi del progetto, che in poco meno di tre anni, visti i rialzi dei prezzi delle materie prime (nichel e silicio), sono praticamente raddoppiati dai 100 dollari per computer del primo slogan del progetto.
Inoltre, i governi dei Paesi in via di sviluppo – a parte entusiastiche reazioni di facciata – non si sono affrettati ad acquistare grandi quantitativi: ancora un mese fa non risultavano che due ordini per il computerino a manovella, da Perù e Uruguay. A fine settembre, l’associazione aveva lanciato una promozione al contrario, «paghi due, prendi uno», per tentare di ridare impulso al progetto. In pratica, sugli scaffali dei negozi di Stati Uniti e Canada si potevano acquistare due XO a 399 dollari: uno da mettere sotto l’albero dei bimbi dell’opulento occidente, l’altro da spedire nelle scuole del Terzo mondo, dove vivono due miliardi di bambini esclusi dall’istruzione. E dallo sviluppo.
Neanche la campagna è però riuscita a rilanciare l’ambizioso progetto di Negroponte (il cui fratello maggiore, John, è da alcuni mesi vice segretario di Stato Usa). E ora il commiato di Intel rischia di spedire il programma su un binario morto. Tanto più che proprio in questi giorni, al Consumer electronic show (Ces) di Las Vegas, la più grande fiera di prodotti elettronici del mondo che apre i battenti lunedì, gli osservatori attendevano la presentazione del nuovo laptop low-cost del progetto Olpc, finalmente funzionante con i chip Intel.
Paolo Ligammari