Bruno Bartoloni, Corriere della Sera 5/1/2008, 5 gennaio 2008
CITTA’ DEL VATICANO
La tecnologia non conosce ostacoli e si prepara ad intervenire anche nell’elezione del preposito della Compagnia di Gesù, il 29mo «papa nero» della storia dei seguaci di sant’Ignazio di Loyola. Il voto elettronico, infatti, è stato ammesso nell’antica sede della curia a Borgo Santo Spirito, dove si terranno i lavori della 35ma congregazione generale dell’ordine dei gesuiti a partire da martedì prossimo, anche se tale procedura varrà solo per le votazioni pubbliche. Per la scelta del «papa nero », ad eccezione del voto elettronico, la congregazione camminerà rigorosamente sul binario delle 44 pagine del codice di procedura, chiamato la «formula», tratto in gran parte dalle Costituzioni ignaziane.
I 218 delegati di tutto il mondo – età media 56 anni con punte di 79 – sceglieranno con voto segreto il successore di padre Hans Kolvenbach, il primo «papa nero» che non ha regnato a vita ma solo 24 anni su sua richiesta e con il placet di Benedetto XVI.
In un’intervista diffusa contemporaneamente dalla Radio Vaticana e dall’Osservatore Romano, padre Kolvenbach aggiunge alle sue riflessioni sull’elezione del successore una notazione molto interessante: «Da parte mia spero di non essere per lui un peso da portare o sopportare». E’ lo stesso motivo per cui sono sempre sembrate difficili le dimissioni di un capo della Chiesa e forse hanno scoraggiato a darle papa Wojtyla, certamente più sofferente del capo dei gesuiti che le ha motivate con le sue condizioni di salute: il nuovo pontefice si potrebbe trovare di fronte a critiche nei confronti del suo operato a nome dei nostalgici del papa dimissionario. Altrettanto potrebbe avvenire nel caso del «papa nero». Questa intervista sarà quindi certamente l’ultimo intervento pubblico di Padre Kolvenbach.
L’elezione del generale richiederà la maggioranza assoluta. Non saranno ammesse astensioni. Già martedì, dopo la solenne messa della vigilia celebrata nella chiesa del Gesù, dove è sepolto il fondatore, gli elettori cominceranno a consultarsi fra di loro in modo personale. Dopo questo primo periodo, seguiranno quattro giorni di preparazione immediata dell’elezione prevedibile già per il 18 gennaio. In questa fase i votanti dovranno consegnare i cellulari per impedire ogni comunicazione esterna. Prima di venire annunciato, il nome del prescelto dovrà essere comunicato di persona al pontefice da padre Kolvenbach.
Difficili i pronostici. Sono molti i padri che auspicano un preposito spagnolo, eventualmente basco come sant’Ignazio o come il predecessore di padre Kolvenbach, Pedro Arrupe. Fra i delegati iberici si suggerisce il nome del provinciale andaluso Elias Royo, che ha già avuto incarichi di governo. Altri ritengono giunto il momento di una decisione storica: affidare la responsabilità dell’ordine ad un «papa nero» in tutti i sensi, e cioè ad un asiatico, in particolare ad un indiano, magari il padre Lisbert D’Souza, uno dei membri della commissione preparatoria. Il più alto numero di delegati proviene proprio dall’Asia meridionale.
Nella sua intervista padre Kolvenbach fa presente che gli elettori diranno con la loro scelta se vorranno «un profeta a un saggio, un innovatore o un moderatore, un contemplativo o un attivo, un uomo di punta o un uomo di unione».
Ha comunque voluto indicare una pista: oltre all’impegno nel dialogo interreligioso, in particolare con l’Islam, una «presenza alle frontiere », non piu geografica ma «alle frontiere tra Vangelo e cultura, tra fede cristiana e scienza, tra Chiesa e società ».
Se l’identikit del 28mo successore di sant’Ignazio è ancora sfocato come potrebbe rimanere non ben identificata agli inizi la sua personalità, la linea del suo governo, a differenza del conclave che elegge il papa, verrà indicata con molta precisione grazie alle votazioni sulle «relationes previae», cioè gli 11 rapporti consacrati tra l’altro all’obbedienza apostolica (tradizionalmente
perinde ac cadaver e quindi assoluta), alla relazione fra gesuiti e laici ed al rinnovamento.
Ma per ben capire lo spirito che animerà i delegati, la curia dei gesuiti ha formalmente ricordato che «la Compagnia non pretende di essere e finora non ha mostrato alcuna seria inclinazione a diventare un’organizzazione democratica e apprezza la mobilità e la corrispondente rapidità di azione che il suo sistema monarchico rende possibile al servizio della Chiesa».
Bruno Bartoloni