Corriere della Sera 3/01/2008, Massimo Gaggi, 3 gennaio 2008
Huckabee-Romney: e la fede è un insulto. Corriere della Sera 3 gennaio 2008. NEW YORK – Il voto odierno in Iowa – quello che apre la campagna elettorale e le dà il tono – sarà influenzata in modo decisivo, per quanto riguarda il campo repubblicano, da una storia di conflitti e ripicche tra due dei gruppi religiosi più attivi e determinati del variegato panorama confessionale americano: i mormoni e i Southern Baptist, i cristiani battisti del Sud
Huckabee-Romney: e la fede è un insulto. Corriere della Sera 3 gennaio 2008. NEW YORK – Il voto odierno in Iowa – quello che apre la campagna elettorale e le dà il tono – sarà influenzata in modo decisivo, per quanto riguarda il campo repubblicano, da una storia di conflitti e ripicche tra due dei gruppi religiosi più attivi e determinati del variegato panorama confessionale americano: i mormoni e i Southern Baptist, i cristiani battisti del Sud. Amministratore pubblico capace e manager stimato dall’«establishment » finanziario, Mitt Romney sembrava in grado di superare l’«handicap » dell’appartenenza a un culto che suscita negli evangelici un’avversione radicale. L’ex governatore del Massachusetts era, infatti, riuscito a guadagnarsi non solo la fiducia dell’apparato repubblicano ma, perfino, il sostegno di alcuni leader cristiani: meglio un mormone che sulla famiglia e i valori etici ha una linea analoga a quella della destra religiosa che uno come Giuliani, abortista e pro-gay. L’improvvisa ascesa di Mike Huckabee, che arriva al voto di oggi in Iowa in testa nei sondaggi, ha spiazzato Romney, ma, soprattutto, ha colto di sorpresa il gruppo dirigente repubblicano che aveva cominciato a costruire attorno a lui il consenso dei cristiani. Huckabee – considerato dagli strateghi repubblicani di Washington un candidato residuale e pericoloso per il suo populismo – ha sconvolto i piani del suo partito proprio grazie alla ribellione dei Southern Baptist: la chiesta della quale l’ex governatore dell’Arkansas è stato a lungo pastore e che da quasi quarant’anni è impegnata in una battaglia quotidiana contro i missionari mormoni che fanno proseliti nel suo territorio. Non è la prima volta che sulla strada per la Casa Bianca si scontrano esponenti di queste due confessioni: nel 1976 Jimmy Carter schiacciò senza difficoltà, nelle primarie democratiche, Mo Udall, un mormone che si era allontanato dal suo culto. Ma qualche tempo dopo i battisti del Sud scoprirono con orrore che il 40 per cento dei 217 mila convertiti al mormonismo registrati in un solo anno – il 1980 – venivano proprio dalle loro file. Così, mentre i mormoni inviavano centinaia di missionari in Georgia e aprivano nuovi, grandi templi ad Atlanta e a Dallas, le due città battiste per eccellenza, i Southern Baptist reagirono non solo raddoppiando le attività di proselitismo, ma con campagne mirate, volte a dimostrare la pericolosità e la natura blasfema del culto fondato nel 1830 da Joseph Smith. Nel 1998 i battisti decisero addirittura di tenere la loro «convention» annuale nella città- fortezza del loro nemico mortale: Salt Lake City. Tremila missionari evangelici bussarono a tutte le porte della città mormone per eccellenza, il quartier generale della Chiesa di Gesù e dei Santi dell’Ultimo Giorno. Non si limitarono a diffondere il loro verbo: alle famiglie dello Utah fu consegnato un libro, «Mormonismo smascherato», che fin dal sottotitolo prometteva di «alzare il velo sul più grande inganno della storia delle religioni». I mormoni non hanno mai reagito direttamente a questi attacchi ma, forti di ben 50 mila missionari, hanno continuato ad espandersi. La religione di Romney non ha le dimensioni di un culto di massa, ma con 13 milioni di fedeli (6 dei quali negli Usa) è, oggi, la chiesa in più rapida espansione e il quarto culto in America dopo cattolici, battisti e metodisti. Per questo i Southern Baptist considerano, indipendentemente dalle sue qualità personali, un presidente mormone come una disgrazia. Huckabee lo sa e attacca Romney come ministro di una religione blasfema che intravede una parentela tra Gesù e il demonio. Poi si scusa per il «colpo basso», ma passa subito ad un altro attacco personale. Anche se vincerà in Iowa e si piazzerà bene in New Hampshire, comunque, Huckabee non avrà l’appoggio dei leader repubblicani. Il perché l’ha spiegato Peter Wehner – per sette anni un assistente di Bush alla Casa Bianca – sul Washington Post: gli americani danno molta importanza ai valori religiosi, ma non fino al punto di votare in maggioranza per un presidente-pastore che pone l’integralismo cristiano al centro del suo programma elettorale. Uno convinto che la sua crescita nei sondaggi in Iowa non abbia una spiegazione umana e che non ha avuto difficoltà a dichiarare che dalla sua parte c’è la stessa forza che duemila anni fa aiutò un ragazzo con cinque pani e due pesci a sfamare una folla di cinquemila persone. Massimo Gaggi