Varie, 4 gennaio 2008
Edi Vesco, 55 anni. Nata e cresciuta sul lago Maggiore, laureata in lettere classiche, scrittrice e traduttrice di professione, «pignola, perfezionista, ironica», amante delle piante e degli animali, sognava «una piccola casa con un grande giardino in Provenza, tra i campi di lavanda», e nel suo blog si descriveva così: «Nasco di carnevale, di venerdì (il giorno dei matti) e all’ora della merenda: insomma, tutto un programma»
Edi Vesco, 55 anni. Nata e cresciuta sul lago Maggiore, laureata in lettere classiche, scrittrice e traduttrice di professione, «pignola, perfezionista, ironica», amante delle piante e degli animali, sognava «una piccola casa con un grande giardino in Provenza, tra i campi di lavanda», e nel suo blog si descriveva così: «Nasco di carnevale, di venerdì (il giorno dei matti) e all’ora della merenda: insomma, tutto un programma». «Gioiosa e solare» ma «riservatissima», nascondeva agli altri qualunque problema personale, tanto che i vecchi amici nemmeno sospettavano che tre anni e mezzo fa il marito Romeo Giacomino, 66 anni, agente immobiliare milanese, carattere severo, l’aveva lasciata giudicandola «troppo permissiva» con l’unico figlio loro Lorenzo, ora diciottenne e un po’ strano di testa, ribelle con il padre ma affettuoso con la mamma che fin da bimbo lo chiamava «popino». La sera del 30 dicembre Lorenzo uscì col padre, con lui sparò petardi in un parco ma poi prese a delirare sul «destino, sui fuochi che potevano uccidere» e d’un tratto, «con il freddo che c’era, volle andarsene a casa a piedi». Più tardi telefonò al padre per annunciargli una mail, dodici pagine in ottimo italiano con riferimenti confusi a Einstein, Socrate, Hitler e pure al Superuomo di Nietzsche, in cui annunciava che gli era venuta «un’illuminazione», che aveva «capito il senso della vita», ma anche che poteva impugnare un revolver e sparare contro un’ombra «dietro la quale ci sei tu». Il Giacomini padre, alle due di notte non essendo in vena di filosofeggiare, rinviò la discussione col figlio ad altra data, magari al 2 gennaio, quando insieme sarebbero partiti per Amsterdam. La notte di San Silvestro Lorenzo la passò con gli amici, rientrando in casa alle sei del mattino trovò la madre che lo aspettava in piedi per rimproverarlo del ritardo che l’aveva fatta stare in pena, l’indomani alle 13 quando si alzò dal letto la discussione riprese trasformandosi in litigio, lui urlò che aveva deciso di lasciare il liceo linguistico, la donna chiamò l’ex marito per informarlo di «quell’assurdità». Appena abbassò la cornetta Lorenzo, colto da irrefrenabile smania di penetrare la madre, le saltò addosso strappandole i vestiti ma siccome lei non l’assecondava e anzi urlando si dimenava tutta, le spaccò in testa una bottiglia di champagne e quando la vide in terra tramortita le ficcò due volte un coltello da cucina nella gola. Quindi si lavò le mani, si cambiò gli abiti zuppi di sangue, andò in stazione, prese un treno per Brescia e all’arrivo fece solo pochi metri, quelli dal vagone all’ufficio della polizia ferroviaria: «Ho ucciso mia madre, ma non so il perché». Alle 13 di martedì 1 gennaio in un elegante appartamento in zona Bonola ad Arona, provincia di Verona.