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 2008  gennaio 09 Mercoledì calendario

Chissenefrega se tu sei gay. Vanity Fair 9 gennaio 2008. Appesi fuori dalla sua camera nel residence romano dove Leopoldo Mastelloni vive da due anni (oggi ne ha 62, è nato a Napoli il 12 luglio del 1945) ci sono gli abiti e le sue adorate pellicce

Chissenefrega se tu sei gay. Vanity Fair 9 gennaio 2008. Appesi fuori dalla sua camera nel residence romano dove Leopoldo Mastelloni vive da due anni (oggi ne ha 62, è nato a Napoli il 12 luglio del 1945) ci sono gli abiti e le sue adorate pellicce. Dentro, c’è Mastelloni, con addosso un cappotto candido. Sotto (il cappotto) qualche chilo di troppo che lui dispone a favore di obiettivo con una certa disinvoltura. Su un mobile, disposti a scacchiera, sono esposti i dvd dei suoi film, mentre su un tavolino di vetro ha messo in ordine una decina di libri e qualche rassegna stampa. Sfogliamo ("Guardi, ho lavorato con Paola Borboni, Pupella Maggio, questa è Wanda Osiris, e questo sono sono io, nudo su Playmen. Eh, sì, ero fatto bene"), poi parliamo dei film: "La pupa del gangster, 1975, il mio debutto al cinema, con Sophia Loren e Marcello Mastroianni. Entrambi stavano attraversanso un momento difficile della loro carriera". Mastelloni, invece, era all’apice della sua, iniziata nel 1965 a teatro, e approdata in televisione nella seconda metà degli anni Settanta con il varietà Bambole non c’è una lira! Poi, nel 1984, la bestemmia in diretta a Blitz. Mastelloni sparisce dalla televisione. Ci torna solo nel 2006 come concorrente del reality La fattoria, stessa edizione di Katia Ricciarelli. Nel frattempo ha continuato a recitare a teatro e ha appena pubblicato un cofanetto di quattro cd: 87 Amori, ovvero 87 canzoni "perché di più non ce ne stavano". Si va da Roma nun fa la stupida a My Way. Al cinema debuttò con Sophia e Marcello, in televisione, invece, con Loredana Bertè e Christian De Sica. "Poi De Sica è diventato ricco con i film di Natale, e io sono rimasto povero. Anche a me offrirono di fare i film panettone, ma rifiutai". In compenso, ha fatto Culo e camicia, nel 1981. "Il titolo originale doveva essere Evviva, evviva un uomo. Comunque, è sempre meglio di tanti altri film del genere". Mi parli della Bertè. Eravate molto amici. "Ai tempi, soffriva terribilmente per amore. Dormivamo insieme nel lettone matrimoniale e Loredana piangeva tutte le notti. Diceva che Mario (Lavezzi, il produttore, ndr) la trattava male. Poi, verso la metà degli anni Ottanta, ci siamo persi". Quando e come ha deciso di diventare attore? So che la sua famiglia aveva per lei tutt’altre aspirazioni. "I miei avi erano marchesi, tra i signori più potenti di Napoli. Da bambino mi portavano al museo di San Martino a visitare la sala intitolata a Emanuele Mastelloni, giudice ai tempi di Napoleone. Da parte di mio padre, c’era una lunga tradizione di uomini di legge. Dal lato materno della famiglia, invece, c’erano molti artisti. Come mia zia, Elisabetta Barbato, un grande soprano, o lo zio di mia madre, Onorio Ruotolo, che fondò un’importante scuola d’arte a New York". Com’è stata la sua infanzia di piccolo nobile? "Non mi era permesso scendere a giocare per strada, non potevo parlare in napoletano e, se dicevo una parolaccia, per punizione mi pungevano la lingua con l’ago". Dopo si è rifatto abbondantemente. "Assolutamente sì. Forse il mio essere doppio arriva da là: marchesino in casa e scugnizzissimo a scuola con gli altri bambini". Eredità del periodo d’oro? "Niente, eccetto la nobiltà d’animo. I terreni sono finiti ai contadini per usucapione". E lei è finito a fare il contadino al reality La fattoria. "Ma amore mio, se non facevo La fattoria, tu oggi non stavi qui a farmi l’intervista". Mi creda, se io sto qui è per quello che ha fatto prima. "Io, comunque, sto ancora a campa’ con quella. A me chi mi dà i sordi?". Quanti ne ha presi? "Tanti. E, comunque, non l’ho fatto solo per denaro. Certo, avrei preferito uno show, ma era l’unica cosa che la televisione potesse offrirmi. E ho acquistato un pubblico che, altrimenti, a vedermi a teatro non ci sarebbe mai venuto. Dopo, i ragazzi in discoteca mi dicevano: ”Mia mamma ha detto che sei bravo”". Va in discoteca? "Tutte le sere. Vado a ballare da quando avevo 17 anni". Si mette in tiro? "Mi vesto in modo adatto. Vede, ogni luogo richiede un modo di vestire. Eleganti alla Scala, col velo in testa in chiesa. Io, le paillettes, le metto solo in scena. E meno di quanto si dica". Suvvia, ci sono decine di filmati dove lei indossa tacchi a spillo e boa di struzzo. "In televisione mi sono quasi sempre vestito da donna, ma in palcoscenico no". Per quale motivo ha cominciato a indossare abiti femminili? "Ho sempre pensato che la società avesse un atteggiamento coercitivo nei confronti delle donne. Mi interessava parlare di machismo e di frustrazioni femminili. E mi piaceva l’idea di interpretare ruoli en travesti, ma senza vizio sessuale". Che cosa intende? "Che non c’entra con il fatto di essere frocio. Anche se poi come tale mi hanno etichettato". Lei, però, sull’ambiguità ci ha sempre giocato. Si ricorda quando cantava Il mio slip fa pam pam? "Certo. Era un modo per attirare l’attenzione. Ed è vero che non ho fatto nulla per smentire le voci sulla mia sessualità". Una volta ha detto che un conto è dichiararsi gay, un conto è esserlo. Mi spiega che cosa vuol dire? "Per me la sessualità è una questione pri-va-ta. Il teatro è fatto per esternare, la vita, invece, deve avere riservatezza".  sempre contrario alle manifestazioni tipo Gay Pride? "Trovo anacronistico che il movimento omosessuale debba far capo a carrozzoni di uomini che si mettono il dito in bocca e mostrano il culo. L’idea che uno vada dai genitori a dire ”sono gay” mi fa girare le palle. Mia madre non veniva a raccontarci se faceva i pompini a suo marito". La infastidisce anche sentir dire: "Sono etero"? "Sì. Perché mi devi venire a specificare che lo ficchi alle donne e non agli uomini?". Non ha mai pensato di mettere su famiglia? "Sarebbe un atto di stupido egoismo. Neanche un cane potrei accudire, con il tipo di vita che faccio. Non dia retta a chi lavora nello spettacolo o ai calciatori che dicono di avere una famiglia: se sei sempre in giro, come fai a occuparti dei tuoi figli? Ogni mestiere ha i suoi vantaggi e svantaggi". Prima raccontava di come la Bertè soffrisse per amore. Lei si è mai innamorato di qualcuno/a che l’ha fatta soffrire? "No. Forse perché sono un po’ più ricco dentro". Parliamo di politica? O anche questo è un argomento troppo privato? "Ero comunista". Era. "In realtà votavo repubblicano. Non sono un intellettuale, ma sono uno che se legge un rigo capisce quello che c’è scritto, e non è che ci volesse tanto per capire che Stalin era peggio di Hitler. Però ero di idee marxiste. Le faccio un esempio: in America anche uno spazzino può diventare capo dello Stato. Questo, per me, è il vero comunismo. Al teatro Esse di Napoli, dove ho cominciato, erano tutti di sinistra. Si facevano continuamente dibattiti, confronti, mea culpa, si leggeva L’Espresso come se fosse il Vangelo, si discuteva del messaggio da comunicare. Mi contestavano perché, invece dell’eskimo, mi mettevo il cappotto, che era considerato borghese". E oggi? "Che ci piaccia o no, l’unico che fa politica in Italia è Silvio Berlusconi. Studia, pensa – magari come fotterti – però, a differenza degli altri, pensa". La conosce Elena Russo? "Chi?". Berlusconi l’ha definita la più grande attrice napoletana. "Mai sentita nominare, però non voglio darle addosso. Che senso ha prendersela con ”sta poveretta? Sono tutte attrici di regime, delle Miriam di San Servolo (attrice, sorella di Claretta Petacci, è morta a 68 anni, nel 1991, ndr), senza talento, messe là. In queste condizioni, non mi resta che aspettare di superare i settant’anni per essere recuperato". Scusi? "Siccome nessuno ha più competenza per capire chi è bravo e chi no, si va per anzianità. Dopo i settanta, se sei ancora vivo, diventi un maestro anche se sei un vecchio rincoglionito". L’amore, mi ha detto, non la fa soffrire. E invecchiare? "Oh, sì, tanto. Ma non vivrò ancora a lungo". Il futuro prossimo come lo vede? "Non lo vedo. Per me non c’è più posto. Presenterò il mio nuovo spettacolo a Londra, una sola serata (il 21 gennaio, si intitola What About A Dinner With... Patroni Griffi And Mastelloni, ndr). In Italia non ho trovato un solo teatro. Quando avrò finito i soldi, mi inventerò qualcosa: farò la pubblicità per le dentiere o i pannoloni". Risparmi da parte? "Niente. Però ci sono persone cui posso chiedere. Ho aiutato tanta gente nella mia vita. Mi chiamano quando hanno bisogno, lo so che mi usano, ma non mi importa, non voglio riconoscenza. Il ricatto morale è una cosa tremenda". Enrica Brocardo