Il Sole 24 Ore 28/12/2007, pag.13 Nicol Degli Innocenti, 28 dicembre 2007
Rhodes, quando l’oro conquistò la City. Il Sole 24 Ore 28 dicembre 2007. Nell’aspro, brullo paesaggio del Transvaal, nell’Africa meridionale, i contadini boeri avevano notato delle anomale creste bianche di roccia che affioravano sulla cima delle colline e che dopo la pioggia brillavano al sole, come spuma sull’onda di un mare di sassi
Rhodes, quando l’oro conquistò la City. Il Sole 24 Ore 28 dicembre 2007. Nell’aspro, brullo paesaggio del Transvaal, nell’Africa meridionale, i contadini boeri avevano notato delle anomale creste bianche di roccia che affioravano sulla cima delle colline e che dopo la pioggia brillavano al sole, come spuma sull’onda di un mare di sassi. Chiamarono il luogo Witwatersrand, la "cresta di acque bianche", in breve semplicemente Rand. Nel 1886 un cercatore d’oro inglese, George Harrison, che aveva già partecipato alla corsa all’oro in Australia, fu incuriosito dalle peculiarità geologiche della zona e scavando trovò del minerale contenente oro. Il presidente del Transvaal, Paul Kruger, gli conferì il titolo di "zoeker", lo scopritore, e gli regalò la concessione. Harrison però era un’anima irrequieta e poco dopo decise di vendere il suo titolo per pochi soldi e di proseguire la sua vita itinerante, rinunciando così al più grande e ricco filone mai scoperto al mondo, contenente oltre 8mila tonnellate d’oro. La voce si sparse rapidamente e migliaia di avventurieri e minatori si diressero verso il Rand con i loro carri, i loro cavalli e i loro arnesi, creando un caotico insediamento che diventò poi la città di Johannesburg. La notizia arrivò subito anche a Kimberley, una cittadina a 480 chilometri di distanza dove pochi anni prima era stata trovata la miniera di diamanti più ricca del pianeta. Cecil Rhodes, un imprenditore inglese di 33 anni, proprietario di De Beers, già diventato miliardario grazie alla scoperta dei diamanti e al suo fiuto per gli affari, decise di partire subito per vedere di persona e valutare le nuove scoperte nel Rand. Arrivato sul posto dopo uno scomodo viaggio in carrozza, Rhodes fu inizialmente intimorito dalle enormi differenze tra oro e diamanti, tra la relativa facilità dell’estrarre diamanti rispetto al costo e all’immensa fatica di triturare tonnellate di roccia per ottenere qualche grammo d’oro. Il suo infallibile istinto per gli affari però prevalse e Rhodes iniziò a firmare assegni per acquistare numerose concessioni in zona. Era molto combattuto: a fine 1886 scrisse al suo più stretto collaboratore Charles Rudd: «Tra oro e diamanti c’è molto da fare e da un lato non vorrei lasciare De Beers ma dall’altro devo essere nel Transvaal». La presenza di Rhodes fu essenziale: solo lui, con le sue risorse e le sue conoscenze, potè trasformare una caotica e incerta corsa all’oro in una proposta di investimento appetibile per gli investitori europei. Mentre gli altri aspiranti imprenditori minerari chiedevano prestiti a titolo personale alle banche sudafricane o a banche d’investimento private, Rhodes aveva una linea diretta con Rothschild & Sons, la più ricca merchant bank europea. Del tutto consciamente, Rhodes decise di sfruttare la reputazione che si era costruito con i diamanti per finanziare la corsa all’oro: decise di fondare una società e si rivolse direttamente alla City londinese. Nacque così nel febbraio 1887 Gold Fields of South Africa Limited, la prima società mineraria africana quotata a Londra, con un capitale di 250mila sterline. Invece di assegnarsi uno stipendio come dirigente della società, annunciò che non avrebbe intascato un centesimo fino a quando Gold Fields non avesse generato utili: una dichiarazione di fiducia per gli investitori e una scommessa sull’oro. L’offerta fu sottoscritta due volte. L’anno dopo, 450 società produttrici di oro furono quotate alla neonata Borsa di Johannesburg. Nel 1889 a Johannesburg iniziò a serpeggiare il panico: era ormai evidente che bisognava scendere più in profondità per trovare l’oro, perché i filoni si inabissavano con una netta angolazione verso il basso. Il problema più grave però era il cambiamento nella struttura della roccia. L’oro non si trovava più in cristalli di quarzo, ma era racchiuso in filoni di pirite, quindi più difficile e più costoso da estrarre. Rhodes, opportunista e rapido come sempre, decise di vendere gran parte delle concessioni che aveva sul Rand. Poco dopo, i titoli delle nuove società crollarono e diverse banche sudafricane fallirono: sembrava la fine della corsa all’oro nel Transvaal. Due anni dopo fu l’adozione di un metodo inventato da un chimico scozzese, John MacArthur, a salvare le miniere del Rand. Il metodo, che consisteva nel dissolvere le rocce aurifere in una soluzione di cianuro di potassio per separare roccia da metallo, era più rapido, più efficiente e meno costoso di quello usato in precedenza con mercurio e lastre di rame elettrolitico. Rhodes, che era stato il primo a voltare le spalle all’oro per concentrarsi di nuovo sui diamanti, fu il primo a tornare. Con l’istinto di un ingegnere minerario e il cervello di un finanziere, decise di vendere tutte le concessioni sparse rimaste per acquistare solo risorse in profondità. Si rese conto che il potenziale del Rand era immenso, così come i rischi. Servivano enormi finanziamenti e bisognava quindi vendere l’idea di miniere scavate a profondità inimmaginabili agli investitori. Nel 1892 Rhodes, che già a Kimberley aveva promosso la razionalizzazione del settore minerario rilevando decine di piccole imprese, decise di fondere diverse società per creare Consolidated Gold Fields of South Africa. Ancora una volta si recò di persona a Londra per promuovere la sua società. I molti che si fecero convincere non se ne pentirono. Gli utili registrati da Gold Fields furono di 207mila sterline nel 1893 e di 309mila sterline nel 1894. Nel 1895 la società annunciò uno stupefacente balzo degli utili a 2,541 milioni di sterline, il rendimento più consistente mai generato da una società per azioni in listino a Londra. Il dividendo agli azionisti, del 10% nel 1893 e del 15% nel 1894, l’anno successivo salì al 125%, una performance replicata anche nel 1896. Il Transvaal era diventato ormai il primo produttore di oro al mondo, superando Stati Uniti e Australia, e produceva un quarto di tutto l’oro estratto nel pianeta, mentre le società minerarie distribuivano in media 2 milioni di sterline di allora in dividendi agli azionisti ogni anno. Quanto a Rhodes, nel 1895 per la prima volta incassò più utili dall’oro che dai diamanti, consolidando ancora la sua immensa ricchezza. Al contrario dei molti altri imprenditori del settore minerario, però, lui non era interessato alla ricchezza come un fine ma solo come un mezzo. La sua ambizione, così tenace da diventare un’ossessione, era quella di ampliare l’Impero britannico, facendo di tutta l’Africa meridionale una colonia di Sua Maestà. Conquistò il Bechuanaland, l’attuale Botswana, e poi le regioni a nord, chiamate Rhodesia in suo onore. Non bastava mai. Le sue ambizioni colonialiste non avevano confini: «Pensa a tutte quelle stelle e a tutti quei mondi che restano fuori dalla nostra portata - disse a un collaboratore guardando il cielo - Se potessi, vorrei annettere tutti i pianeti». Nonostante i molti impegni politici Rhodes, che era primo ministro della colonia del Capo e continuava ad annettere nuovi territori a settentrione inseguendo il suo sogno imperialista, continuò a seguire da vicino l’andamento di oro e diamanti e tornò sempre una volta all’anno a Londra per incontrare azionisti, banchieri e finanziatori. L’animo dell’imprenditore non lasciò Rhodes neanche negli ultimi mesi della sua vita: sapeva che il suo cuore non avrebbe retto a lungo ma non volle far sapere di essere malato per non far scendere i prezzi dei titoli delle sue società. Nel 1902 morì a Città del Capo, prima del suo 49esimo compleanno, lasciando titoli di 125 società diverse. Il suo testamento stabiliva che la sua eredità di 4 milioni di sterline andava utilizzata per creare una fondazione tesa a «fare l’interesse della razza anglosassone». La Rhodes Foundation continua da allora a dare borse di studio a promettenti giovani dei Paesi dell’ex Impero britannico per studiare all’Università di Oxford, l’alma mater di Rhodes. La Fondazione si è adeguata ai tempi e, contrariamente alle istruzioni lasciate da Rhodes, che voleva aiutare solo giovani bianchi e di sesso maschile, ora premia giovani indiani, pachistani o africani di colore e donne. Il più celebre dei molti "Rhodes scholar" è stato Bill Clinton, che ha studiato a Oxford nel 1968. Oggi Cecil Rhodes è ricordato soprattutto per le borse di studio. La storia, in quest’epoca di political correctness, non traccia di lui un quadro benevolo, condannandolo per il suo indubbio razzismo, per la sua convinzione che la razza angolosassone fosse superiore a tutte le altre, per le atrocità commesse contro le popolazioni indigene nelle sue campagne di annessione colonialista. La "sua" Rhodesia è stata divisa in due Paesi indipendenti, ribattezzati Zimbabwe e Zambia. Il sole è tramontato sull’Impero britannico. Il nome del fondatore è scomparso o rammentato con astio. Anche le società che lui aveva creato e fatto crescere non amano ricordarlo. Eppure sono rimaste, a testimonianza del genio negli affari di Rhodes, la qualità per la quale merita di essere ricordato. De Beers resta il maggiore produttore di diamanti del mondo e i diamanti restano le gemme più esclusive e richieste del pianeta. L’oro, nonostante le vicissitudini dell’ultimo secolo e la fine del gold standard, continua a essere richiesto sia per i gioielli che come bene rifugio per investimento, sia nel vecchio Occidente che conosceva Rhodes sia - soprattutto - nei Paesi in crescita dell’Asia. Il Sudafrica dopo oltre un secolo sta per cedere alla Cina il primato di maggiore produttore di oro al mondo. Le società del settore sono ormai colossi multinazionali, con uffici e personale in tutto il mondo e una storia fatta di fusioni e acquisizioni. Anche la Gold Fields di Rhodes è cambiata e cresciuta, ma è rimasta integra e resta uno dei colossi dell’oro. Centoventi anni dopo la sua fondazione, Gold Fields è la quarta società del settore e l’unico nome sopravvissuto dalla corsa all’oro di fine Ottocento a oggi. Nicol Degli Innocenti