Il Sole 24 Ore 28/12/2007, pag.35 Vittorio Carlini, 28 dicembre 2007
Il giornale torna «di famiglia». Il Sole 24 Ore 28 dicembre 2007. MILANO. La versione del Charles Foster Kane europeo dei nostri giorni non è unica, bensì diversificata
Il giornale torna «di famiglia». Il Sole 24 Ore 28 dicembre 2007. MILANO. La versione del Charles Foster Kane europeo dei nostri giorni non è unica, bensì diversificata. E, nell’epoca della multimedialità, non potrebbe essere altrimenti. Bernard Arnault che solo due giorni fa ha comprato, per 240 milioni, «Les Echos» e il magazine «Enjeux» non è, per esempio, assimilabile a Leo Kirch. Né la sua Lvmh può, in qualche modo, paragonarsi al gruppo Pearson: uno è un polo mondiale del lusso; l’altro un gruppo che edita il Financial Times e l’Economist ed è focalizzato sulle pubblicazioni per un pubblico professionale. Attori differenti, insomma, rispetto ai quali può, in alcuni casi, cogliersi un minimo comune denominatore: il ritorno al timone di comando, almeno nel Vecchio Continente, delle famiglie imprenditoriali. Un indizio di questo trend lo si rileva, per esempio, nel ruggito del "vecchio leone" Kirch. Ormai lasciato alle spalle il fallimento di Kirch Media, l’ottantenne imprenditore è tornato in attività con l’acquisizione dell’11,5% di Em.Sport, società specializzata nelle trasmissioni sportive su Internet e tv. Un’operazione del valore di circa 163 milioni di euro che ha suscitato non poca sorpresa in Germania. La stessa mossa di Arnault, che contestualmente all’acquisto di «Les Echos» ha ceduto «La Tribune» a NextRadioTv, può leggersi come la strategia di un moderno Kane che vuole gestire il "quarto potere". Tanto che non ha stupito l’immediato proporsi del problema del conflitto d’interesse: Lvmh possiede marchi (da Vuitton a Hennesy fino a Guerlain e Givenchy) che muovono consistenti investimenti pubblicitari proprio sulle testate cartacee. Certo, l’offensiva degli investitori istituzionali, dei private equity non è finita: proprio il recentissimo ingresso del «Guardian» in Emap (è stata acquisita una quota del 19,4% per circa 1,5 miliardi di sterline) ha visto la partecipazione di Apax Partner. Tuttavia il vento che, grazie al basso costo del denaro e all’utilizzo di leve elevate (spesso folli), soffiava a favore degli investitori istituzionali sembra calato. Solo nel marzo scorso ProsiebenSat1 era finita nelle mani di Kkr e Permira. Ieri, l’americana Freedom Communication che edita diversi giornali negli Usa ha rimandato un’operazione di buy out con Blacstone e Providence Equity Partners. Insomma, i soggetti industriali tornano a giocare un ruolo importante in un business in piena fase di consolidamento. «L’editoria - sottolinea Fabrizio Baroni di Kpmg - è stata attraversata, nel 2007, da un’intensa attività di M&A. Basta ricordare l’iper attività di Rupert Murdoch». Già, il consolidamento. Un trend che, a ben vedere, ha diverse motivazioni. Da un lato, soprattutto nell’editoria cartacea, è la ricerca di economie di scala e di scopo per fronteggiare l’andamento non così brillante della raccolta pubblicitaria (nel 2007 è atteso un aumento attorno al 2%). Lo stesso ceo di Guardian Media Group, Carolyn McCall, l’ha confermato: «Entriamo in Emap per diversificare le entrate e garantire al Guardian una sicurezza finanziaria a lungo periodo». Dall’altro, è la necessità di gestire la multimedialità. «Nel lungo periodo - sottolinea Baroni - il mezzo di trasmissione delle news diverrà sempre più una commodity. Fondamentale è poter controllare la creazione dei contenuti: in tal senso va interpretata l’operazione di Mediaset su Endemol». «Forse - afferma Paola Dubini, docente di economia aziendale alla Bocconi - dietro le dismissioni di Pearson (oltre a «Les Echos» si vocifera anche su FtDeustchland, ndr) c’è la volontà di focalizzarsi e puntare con maggior forza sull’online». L’analoga strategia seguita dal colosso editoriale Hubert Burda che conta su una trentina di aziende digitali con un tasso di crescita del 25% annuo. E anche qui l’impresa è a «carattere» famigliare. Vittorio Carlini