Limes n.6/2007 Fabio Mini, 3 gennaio 2008
IL CLIMA DELL’ENERGIA
OWNING THE WEATHER: LA GUERRA AMBIENTALE GLOBALE E’ GIA COMINCIATA. La guerra ambientale è oggi definita come ”l’intenzionale modificazione di sistema ecologico naturale (come il clima, i fenomeni meteorologici, gli equilibri dell’atmosfera, della ionosfera, della magnetosfera, le piattaforme tettoniche eccetera) allo scopo di causare distruzioni fisiche, economiche e psico-sociali nei riguardi di un determinato obiettivo geofisico o una particolare popolazione". Questa guerra si può avvalere di tutte le forme tradizionali di lotta armata, ma si concentra soprattutto sulle nuove tecnologie e sugli sviluppi della guerra psicologica e dell’informazione che comprendono il cosiddetto denial: la negazione delle informazioni, dei servizi, delle conoscenze, degli accessi alle tecnologie e agli strumenti di difesa e salvaguardia. In materia di negazione la guerra ambientale può esprimere potenzialità enormi ed arrivare al cinismo disumano anche se condotta in forma latente e passiva. Ci sono conoscenze elementari sui rischi ambientali, sulle malattie, sui consumi, sullo sfruttamento delle risorse energetiche e sull’uso equilibrato dei terreni e dell’acqua che potrebbero salvare milioni di vite ma che non vengono condivise. Ci sono strumenti essenziali d’informazione, formazione, protezione e cura che alla società evoluta non costano niente e che non vengono trasferite a chi ne ha bisogno. Si può parlare d’indifferenza, d’insensibilità o soltanto di pigrizia e noia, ma in realtà è una strategia deliberata di guerra se non altro perchè persegue gli stessi obiettivi di una guerra di sterminio e fa le stesse vittime. Chi aveva le informazioni sull’imminente tsunami asiatico del 2004 non le ha passate ai paesi interessati pensando, che la popolazione che sarebbe stata colpita, in massima parte islamica, non meritasse un tale regalo di Natale. Chi le ha ricevute non le ha ritrasmesse perchè non aveva gli strumenti per intervenire e per "non spaventare i turisti". La combinazione di non far sapere, non saper cosa fare e non voler fare ha portato alla catastrofe. Poi, dopo, tutti si sono prodigati nel soccorso umanitario a dimostrazione della compassione che muove i grandi della Terra.
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Subito dopo l’occupazione irachena da parte della coalizione angloamericana e mentre essa era responsabile della sicurezza dell’Iraq, oltre ai musei, agli uffici governativi, ai palazzi del potere e alle case dei facoltosi iracheni è stata saccheggiata la centrale nucleare di al-Tuwayta, situata 48 chilometri a sud di Baghdad. Secondo Susan E. Rice, (’Iraq’s nuclear facilities looted”, The Globe and Mail, 21/5/2003), sono stati rubati circa duecento barili di plastica contenenti ossido di uranio. Nonostante l’allarme si focalizzasse sul rischio che il materiale radioattivo fosse utilizzato dai soliti terroristi per confezionare ordigni esplosivi e bombe sporche, fu immediatamente chiaro che non era il contenuto ad interessare i poveracci che li avevano rubati dalla centrale lasciata a se stessa, ma i contenitori. Dopo averli svuotati sul terreno o nelle acque dei fiumi e dopo averli diligentemente sciacquati, questi caratteristici bidoni di plastica blu sono serviti a qualsiasi cosa e fanno bella mostra di sé dentro e fuori le catapecchie come contenitori d’acqua, olio e pomodori. Altri contenitori sono stati destinati al trasporto di latte che così, fresco e radioattivo, diffonde in altre regioni la contaminazione. L’assenza del controllo che ha portato a tale Situazione non si spiega con nessuno scopo militare tradizionale, ma è perfettamente comprensibile se vista come atto di guerra ambientale tendente al degrado permanente del potenziale avversario.
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Mentre la scienza applicata alla guerra ci ha abituato a varcare le soglie dell’impensabile, la scoperta delle infinite menzogne usate dall’uomo per fare la guerra e per uccidere l’ambiente ci ha portato a credere che nulla sia più ciò che sembra e che nessuno dica più la verità.
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Qualsiasi teoria del complotto prima o poi si rivela fondata e se fino a ieri la realtà superava qualsiasi immaginazione oggi l’immaginazione crea la realtà. Di fronte alle dichiarazioni ufficiali, ai proclami di vittoria, ai resoconti e alle verità confezionate su misura per questo o quel politico e per questo o quello scopo, la reazione degli interlocutori non è più quella di fiducia assoluta prevalente duemila anni fa, quando anche Bruto era uomo d’onore. Non è neppure quella di duecento anni fa, quando un generale o un capo di Stato non potevano assolutamente mentire. E nemmeno quella guardinga di un secolo fa, quando bisognava distinguere la propaganda dalla verità, o quella sofisticata di vent’anni fa quando, nelle prime schermaglie della guerra dell’informazione e del marketing, il principio fondamentale era che si potesse manipolare, ma che non fosse mai utile mentire. Oggi, la reazione anche del più semplice e credulo osservatore non si accontenta di ciò che si dice e mira a capire cosa si nasconde, cosa viene taciuto e perché. Ogni illazione diventa plausibile e paradossalmente di lì a poco diventa realtà.
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C’è, infatti, un trend interessante nell’analisi dei conflitti e delle operazioni cosiddette speciali e segrete come quelle che maggiormente hanno avuto impatto sull’ambiente: a distanza di pochi anni dagli eventi, quando si aprono spiragli sulla verità con la declassificazione di alcuni documenti, si scopre che sono state usate armi, metodi, e procedure fino a quel momento fieramente negate. La scoperta successiva è ancora più stupefacente: ciò che si rileva dai primi riscontri di queste verità nascoste e taciute è che non erano affatto nascoste. C’è sempre qualcuno che le conosceva e che le aveva già denunciate o che le aveva semplicemente accettate perchè tanto lo sapevano tutti. Si è già scoperto che l’uso dei defolianti e dell’agente Orange in Vietnam non era segreto, ma apertamente autorizzato, e si è scoperto che tutti sapevano sia della letalità sia degli effetti a lungo termine sulla gente e sull’ambiente della diossina Tccd. Tutti sapevano che l’agente Orange veniva usato in concentrazioni fino a 25 volte superiori alle stesse prescrizioni operative militari e che veniva impiegato anche in zone presidiate dagli stessi soldati americani che si preferiva tener lì per non perdere le posizioni conquistate. Questa diossina è ancora oggi presente sul terreno e produce sempre nuove vittime e alterazioni genetiche.
Quando Colin Powell si presentò al Consiglio di Sicurezza maneggiando una fialetta contenente spore di antrace, convincendo tutti che quella era soltanto una frazione infinitesimale di ciò che aveva Saddam, tutti sapevano che l’antrace e la sindrome da antrace che stava percorrendo l’America e il mondo erano prodotte da laboratori e fanatici americani. Durante la guerra Saddam non usò antrace e dopo la guerra e cinque anni di occupazione militare americana nessuno ha ancora trovato le armi di distruzione di massa del ra’is. In compenso, da quarant’anni un’altra fiala simbolica circola apertamente nei convegni scientifici ed è comunque largamente ignorata. E’ un flacone contenente 80 grammi di diossina Tccd che il governo del Vietnam ha estratto da una minima parte del terreno contaminato dall’agente Orange. Tutti sanno che se il flaconcino fosse versato nelle riserve idriche di una città come New York, Mosca o Pechino ne ucciderebbe tutta la popolazione.
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Il dottor Arthur Westing, già direttore del programma ambientale dell’Onu, ha rivelato che gli Stati Uniti in circa dieci anni di continuo uso dei defolianti hanno sparso circa 170 chilogrammi di Tccd. La diossina era presente negli oltre 72 milioni di litri di agenti chimici, di cui l’agente Orange era il 66%, nebulizzati sul Vietnam.
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Come confermato da diversi piloti, agli agenti chimici che sono finiti sui bersagli vietnamiti, si devono aggiungere almeno un milione di litri di erbicidi che dovettero essere lanciati in mare o fuori obiettivo in relazione alle missioni aeree abortite. Tutti sanno che i piloti non possono rientrare alle basi con il carico di esplosivo o materiale chimico non lanciato e quindi se ne devono liberare. In Vietnam una delle aree preferite per disfarsi dell’imbarazzante carico era il bacino idrico Long Binh. Nel 1988 il dottor James Clary, che partecipava con l’esercito all’impiego dell’Orange, ha testimoniato ad una commissione del Congresso che al tempo "eravamo consapevoli della presenza della diossina e del suo potenziale danno. Sapevamo anche che l’esercito lo usava in concentrazione superiore a quella prevista perchè costava poco ed era facile da produrre. Nessuno si preoccupò più di tanto perchè il materiale veniva comunque usato sul nemico".
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Tutti fingono di credere che le devastanti esplosioni delle bombe atomiche di Hiroshima e Nagasaki siano state le prime ed ultime della storia militare. Eppure tutti sanno che da allora ci sono state più di mille esplosioni nucleari nel sottosuolo, nelle profondità degli oceani, in superficie e nello spazio. Spacciate per test ed esperimenti scientifici, queste esplosioni hanno messo a punto la guerra sismica, che prevede la produzione di terremoti, la guerra ionosferica che prevede l’alterazione dello strato elettromagnetico che avvolge la Terra, l’alterazione delle fasce di Van Allen - che comprendono potenti campi magnetici che catturano e attenuano le emissioni elettromagnetiche provenienti dal sole e dallo Spazio proteggendo la sottostante atmosfera - e dello strato dell’ozono.
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Sunzi codificò l’impiego del fuoco e dell’acqua come strumento estremo di lotta. Le orde mongole incendiavano le praterie per allontanare il nemico pur sapendo che la loro sopravvivenza dipendeva proprio da esse. Nella seconda guerra mondiale, i norvegesi provocarono slavine e frane sul proprio territorio per impedire l’avanzata dei tedeschi, e gli olandesi distrussero le proprie dighe lasciando che l’acqua marina inondasse un terzo del proprio terreno coltivabile nel tentativo di dissuadere l’occupazione tedesca.
La guerra ambientale riguarda soprattutto i danni inflitti all’ambiente perché si possano sfruttare al meglio le proprie potenzialità e limitare quelle dell’avversario, del concorrente e persino del proprio alleato. Non si tratta di contingenze belliche limitate nel tempo, ma di piani deliberati di desertificazione umana come quello attuato dai romani durante la terza guerra punica, quando cosparsero di sale il terreno agricolo di Cartagine rendendolo improduttivo.
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Nella guerra del Pacifico da giapponesi e americani, privando intere isole di vegetazione e flora marina. Molte di queste sono ancora oggi deserte e il sistema ambientale locale è definitivamente compromesso.
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Generale Sheridan nel 1865, quando procedette alla sistematica eliminazione delle mandrie di bisonti per sottrarre agli indiani il mezzo principale di sostentamento. L’anno prima aveva distrutto tutte le coltivazione della valle dello Shenandoah.
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Il sistema per provocare terremoti e tsunami non è una novità per la ricerca militare. Fin dagli anni Quaranta un professore australiano, Thomas Leech, preside della facoltà d’ingegneria all’Università di Auckland in Nuova Zelanda e assegnato per la guerra all’esercito neozelandese, condusse esperimenti per conto degli americani e degli inglesi cercando di provocare onde anomale in corrispondenza di particolari bersagli nel Pacifico. Gli esperimenti rimasero segreti e non si elevarono oltre il livello di mini-onde di marea nella zona di Whangaparaoa, a nord di Auckland, nel periodo 1944-45. Il loro principio di basava sulla detonazione di cariche esplosive sottomarine in serie, ma la "bomba tsunami", di Leech non fu mai resa operativa e la guerra terminò prima che il progetto fosse completato. La difesa americana ritenne le esperienze molto interessanti e nel condividerne i risultati con il governo neozelandese (fino a quel momento non interessato) invitò il professore ad assistere agli esperimenti nucleari nell’atollo di Bikini sperando che ne traesse qualche spunto d’interesse per il suo progetto. Sembra che Leech non abbia accettato, ma non è chiaro se la ricerca continuò con lui. E’ però certo che gli americani la proseguirono senza di lui dando vita ad un nuovo campo di applicazione della guerra e ad una nuova metodologia dello studio dei terremoti e delle esplorazioni geologiche utilizzando le onde sismiche.
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Dal punto di vista pratico, la tecnologia nucleare moderna e soprattutto la grande produzione di mini-testate nucleari o la sovrabbondanza di mine nucleari mettono a disposizione la capacità d’innescare esplosioni sotterranee e sottomarine che in particolari condizioni possono innescare a loro volta terremoti e tsunami. Inoltre, la convenzione internazionale della legge del mare fornisce nuove opportunità di sfruttamento delle risorse petrolifere e minerarie sottomarine anche ai paesi che non hanno sbocchi sul mare. Le grandi compagnie petrolifere e minerarie stanno scandagliando il fondo marino e le esplorazioni si avvalgono anche di test sismici provocati da esplosioni controllate. Da tempo molte compagnie americane premono per essere autorizzate ad impiegare mini-testate nucleari e ordigni a penetrazione (bunker busters) e non è detto che non ci siano già riuscite.
E’ perciò abbastanza comprensibile che ogni volta che c’è un terremoto lungo una faglia tettonica l’attenzione si sposti sulle compagnie petrolifere che stanno effettuando ricerche e trivellazioni lungo la stessa faglia anche a distanza di migliaia di chilometri. E’ accaduto per il terremoto di Kóbe, per quello di Santo Stefano del 2003 a Bam in Iran e per lo tsunami indonesiano dello stesso identico giorno dell’anno successivo. Ugualmente comprensibile ma molto più difficile da determinare è l’eventualità che i cataclismi siano stati innescati da esplosioni mirate condotte da militari. L’intervallo di un anno esatto fra il terremoto di Bam e lo tsunami indonesiano, eventi che hanno devastato nel periodo natalizio due aree a maggioranza islamica, non è apparso una coincidenza. Cosi come è apparsa sospetta l’offerta immediata di aiuto degli Stati Uniti all’Iran islamico, "Stato canaglia", e membro dell’"asse del male" nonché loro peggior nemico, quasi ad enfatizzare la magnanimità dello spirito messianico e natalizio cristiano. L’anno successivo, dopo lo tsunami, è anche apparso sospetto l’immediato invio degli aiuti americani all’Indonesia islamica sotto forma di missione militare nella provincia ribelle di Aceh, dove da tempo la Exxon Mobil cerca di avere una base permanente per lo sfruttamento delle considerevoli risorse minerarie e di idrocarburi. Per aver la conferma dei sospetti e delle illazioni bisognerà però aspettare qualche anno.
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Il secondo campo di speculazioni verosimili ma non ancora verificate riguarda la capacità di alcune armi ad onde elettromagnetiche di provocare alterazioni della ionosfera, delle fasce di Van Allen e dello strato di ozono, nonché terremoti, maremoti, surriscaldamento e raffreddamento di masse gassose, liquide e solide e, quindi, di indurre e pilotare cataclismi atmosferici fino a determinare variazioni climatiche permanenti. Anche in questo caso tutti gli interessati ai vari progetti negano con forza che queste capacità siano reali e che si siano mai condotti esperimenti in tal senso. Allo stesso tempo tutti sanno che fin dagli anni Quaranta i sovietici avevano sviluppato la tecnologia delle onde longitudinali, che in teoria consente a fasci di energia di muoversi a velocità superiori a quella della luce. Tutti sanno che una capacità di questo tipo può provocare distruzioni istantanee in qualsiasi punto della Terra e dello Spazio. Tutti sanno che gli Stati Uniti da decenni finanziano un progetto di trasmissione di onde ad alta frequenza in corrispondenza della fascia elettromagnetica terrestre. Il progetto denominato Haarp (High Frequency Active Auroral Research Program) è finanziato dal Pentagono a titolo di studio. Ma tutti sanno che il Pentagono non spreca soldi se non ha un interesse militare.
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La ricerca militare si è rivolta sia alle bassissime frequenze (Elf) sia a quelle alte. In entrambi i casi lo scopo è quello d’interferire con la ionosfera in modo da aumentare o diminuire fino alla soppressione le capacità di trasmissione di segnali radiomagnetici. Le emissioni dei trasmettitori di Haarp che avvengono quasi regolarmente in quattro periodi dell’anno sono in grado di inviare nella ionosfera raggi di potenza superiore al gigawatt. Gli scienziati che si occupano del programma negano che la loro attività abbia una qualsiasi valenza militare o cheinterferisca con l’ambiente naturale. Tuttavia, il termine "auroral" che fa parte del suo acronimo riferisce al fenomeno delle aurore boreali che si determinano nella zona di confine tra ionosfera e atmosfera quando emissioni ad altissima energia provenienti dal sole vengono convogliate dal magnetismo terrestre verso i poli e vanno a collidere con le particelle più rarefatte dell’atmosfera. Haarp nega che le sue emissioni siano in grado di produrre artificialmente questo fenomeno, anche se le emissioni sono dirette esattamente verso la stessa zona e hanno caratteristiche molto simili a quelle ad alta energia provenienti dal sole.
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L’alterazione della ionosfera non è nuova per gli esperimenti militari ed ha diversi precedenti. Nel 1958 gli Stati Uniti fecero esplodere tre ordigni atomici a fissione nella parte inferiore della fascia di Van Allen e due ordigni a fusione nella parte alta dell’atmosfera, sparando una quantità enorme di radiazioni e particelle nella ionosfera fino ad alterarne l’equilibrio. Gli esperimenti nella ionosfera continuarono nel 1962, danneggiandola, e furono sospesi per l’indignazione della comunità scientifica internazionale. Nello stesso periodo iniziarono gli esperimenti sovietici nucleari nella ionosfera e nelle stesse fasce di Van Allen, che furono seriamente danneggiate, permettendo il passaggio delle dannose particelle cosiniche.
Oggi sono proprio i radar meteorologici ad individuare - spesso in corrispondenza di aree colpite da gravi fenomeni atmosferici - le segnature circolari tipiche delle onde elettromagnetiche ad alta frequenza come quelle generate dalle emittenti di onde longitudinali, onde scalari, silent sound e di quelle delle trasmittenti Haarp.
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Secondo uno scienziato militare americano, il dottor Thomas Bearden, (ingegnere nucleare, specialista in armi elettromagnetiche a onde scalari, armi a energia, teoria dei campi unificati, elettrodinamica, sistemi ad energia libera, nonché direttore dell’Association of Distinguished American Scientists), i russi da tempo hanno realizzato armi per controllare il tempo meteorologico e perfino di più. Bearden asserisce che i sovietici si sono avvicinati per primi all’impiego delle onde longitudinali e delle loro derivate onde scalari e sostiene che le abbiano già usate contro gli Stati Uniti proprio per modificarne il tempo metereologico e il clima. Con i primi esperimenti essi riuscirono a trasmettere attraverso una barriera l’onda elettromagnetica portante di una sinfonia di Mozart ad una velocità di 4,7 volte superiore a quella della luce. Le onde longitudinali possono essere ottenute con trasmissioni di plasma elettromagnetico o altri metodi, portandole all’interferenza reciproca. Allo stato puro possono viaggiare a velocità illimitata e mantenere energia infinita.
Bearden afferma che il primo esperimento offensivo sovietico contro gli Stati Uniti con un’arma a onde longitudinali fu effettuato nell’aprile del 1963 e distrusse il sottomarino atomico Uss Thresher al largo della costa orientale americana. Il giorno dopo i russi avrebbero provocato una esplosione sottomarina a 100 miglia a nord di Porto Rico. L’esperimento produsse una colonna d’acqua alta oltre un chilometro e mezzo, che fu avvistata da un equipaggio aereo e riportata all’Fbi e alla Guardia costiera. Secondo Bearden l’uso di onde elettromagnetiche longitudinali per la modifica meteorologica è molto semplice. Gli impulsi di tali onde possono essere diretti con particolari interferometri e se fatti divergere provocano un surriscaldamento della superficie colpita, mentre la raffreddano se fatti convergere. Siccome le onde longitudinali sono praticamente prive di massa non vengono alterate o attenuate dagli ostacoli e possono essere dirette e calibrate a qualsiasi distanza. In questo modo si possono creare punti caldi di bassa pressione in una zona e punti freddi di alta pressione in un’altra. Le masse nuvolose possono perciò essere pilotate e magari fatte convergere in zone già instabili favorendo le condizioni per uragani, tornado e precipitazioni inaspettate. Le alterazioni atmosferiche a lungo andare portano a vere e proprie modificazioni climatiche.
La prima modificazione di questo tipo che i sovietici avrebbero indotto in corrispondenza degli Stati Uniti sarebbe avvenuta nel 1967. Le tracce elettromagnetiche perfettamente circolari furono individuate come piccoli buchi nelle nubi e, secondo Bearden, furono la causa di quell’anomalo e freddissimo inverno che flagellò il Nordamerica. Altre modificazioni sul territorio americano sarebbero state fatte nel 1976. Bearden asserisce che dal giorno dell’attacco metereologico sovietico ai danni degli americani come regalo per il bicentenario della costituzione degli Stati Uniti, il tempo dell’emisfero nordamericano è cambiato in modo sostanziale. Ancora più preoccupante è la possibilità di dirigere le onde longitudinali e scalari sia ad impulsi sia in forma continua su particolari masse terrestri continentali o sottomarine. Le correnti oceaniche sono soltanto masse d’acqua di diversa temperatura in movimento una sull’altra e una a fianco dell’altra, in diverse direzioni. Bastano differenze impercettibili di temperatura per creare tali movimenti. Con le armi a onde longitudinali piazzate in mare e predisposte per emettere onde continue piuttosto che ad impulsi non si creano punti caldi o freddi, ma si surriscaldano o raffreddano le intere masse attraversate. La differenza di temperatura produce piccole o grandi correnti come il Nino e la Nina, che determinano il clima delle fasce costiere lambite.
Inoltre, queste onde hanno la capacità di percorrere e alterare le masse terrestri continentali o sottomarine. I flussi di energia che attraversano le masse solide attivano le proprietà piezoelettriche delle rocce, che man mano che l’energia aumenta cominciano ad espandersi meccanicamente. Se tale espansione viene prodotta in una zona di faglia tettonica si finisce per far scivolare una parte della frattura rispetto all’altra e ad innescare crolli tettonici e terremoti. Anche in questo caso basta una minima variazione in un punto e un piccolo cedimento per avviare un movimento lungo tutta la faglia. Ciò che è producibile con le esplosioni sotterranee usando esplosivi convenzionali e nucleari è teoricamente ancora più facile con gli impulsi di onde longitudinali e scalari.
Fabio Mini