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 2008  gennaio 03 Giovedì calendario

ARTICOLI SUL PAKISTAN DEL 3/1/2008


CORRIERE DELLA SERA
L.CR.
DAL NOSTRO INVIATO
ISLAMABAD – un Pervez Musharraf all’ansiosa ricerca di autorevolezza quello che si è presentato ieri sera alla nazione nel primo discorso pubblico dall’assassinio di Benazir Bhutto il 27 dicembre. Il presidente pachistano ha innanzitutto voluto lanciare un messaggio: basta con il caos, basta con le confuse teorie del complotto, ridiamo forza alle istituzioni, creiamo i presupposti per un ordinato svolgimento delle elezioni, per contrastare il terrorismo islamico e chi vuole la destabilizzazione.
E tutto sommato la mossa gli è riuscita. Tre ore prima della sua andata in onda sulle radio e televisioni locali, la Commissione Elettorale aveva reso noto il rinvio delle elezioni dal 8 gennaio al 18 febbraio. Inevitabili erano giunte le critiche dei due maggiori partiti di opposizione, il Partito Popolare guidato dal neo-leader (e marito di Benazir) Asif Ali Zardari e il Pakistan Muslim League Nawaz diretto da Nawaz Sharif. Appena dopo il discorso di Musharraf, però, entrambi, pur attaccando aspramente la scelta del rinvio, si sono detti pronti a rispettare le nuove regole del gioco.
Non è affatto detto tuttavia che a Musharraf riesca il nuovo tentativo di proporsi come una sorta di presidente super partes. Era la sua speranza dopo l’accordo concluso con Benazir lo scorso settembre e pienamente sostenuto dalla Casa Bianca. Lui, in perdita di popolarità, avrebbe lasciato il posto di comandante in capo dell’esercito e si sarebbe limitato a fare il presidente. Lei, invece, dopo le elezioni, sarebbe diventata per la terza volta premier.
Ora tutto ciò salta. Musharraf si ritrova sul tavolo degli accusati. Gli imputano di voler ancora una volta rinviare il voto e forse cancellarlo per sempre. Pochi credono al suo indice puntato contro Al Qaeda, anzi i suoi servizi segreti sono sospettati da molti di essere coinvolti nella morte di Benazir. Il caos politico rischia di alimentare la violenza nelle piazze. Ecco allora il significato del discorso di ieri. Critica con durezza i vandalismi e i saccheggi degli ultimi giorni. Sposa la necessità del rinvio del voto, non per motivi politici, ma semplicemente perché occorre riportare l’ordine e ricostruire i seggi devastati, specie nelle regioni del Sindh. «Gli uffici delle commissioni elettorali sono stati distrutti, i seggi e il loro equipaggiamento bruciati, saccheggiati, così anche le ferrovie, la rete delle telecomunicazioni », afferma duro. Quindi cerca legittimazione in una commissione di inchiesta sull’assassinio Bhutto coordinata con un piccolo gruppo di ispettori inviati direttamente da Scotland Yard. In questo modo rovescia le sue prime prese di posizione del 28 dicembre, quando aveva nettamente rifiutato la proposta di Zardari che si creasse una commissione internazionale simile a quella costituita dall’Onu per l’omicidio nel 2005 del leader libanese Rafiq Hariri. Ma poco importa.
Musharraf ringrazia il premier britannico Gordon Brown. Qui gioca in casa: per Londra e Washington resta la pedina fondamentale che dal 11 di settembre 2001 è l’alleata nella lotta ad Al Qaeda. Così non si tira indietro nel ripetere la sua posizione: è tra i radicali islamici che vanno cercato gli assassini e il Pakistan resta il campo di battaglia nella guerra aperta tra terrorismo e democrazia.
L.Cr.

CORRIERE DELLA SERA
LORENZO CREMONESI
DAL NOSTRO INVIATO
ISLAMABAD – Quando gli si chiede come farà a cancellare l’immagine di corrotto impenitente, di «Mister 10 per cento», come lo hanno soprannominato per i milioni di dollari accumulati illegalmente mentre sua moglie, Benazir Bhutto, era primo ministro, Asif Ali Zardari scrolla le spalle con un moto di fastidio. «Ma che! – esclama scocciato da Larkana – Mi sono fatto 12 anni di prigione e mai nulla è stato provato nei miei confronti. Altro che Mister 10 per cento! La mia immagine è immacolata. Il resto sono illazioni, falsità. E la prova è il mio passato, le mie sofferenze ieri e oggi». Punto e basta. Adesso comunque Zardari è troppo occupato per le polemiche personali. La morte di Benazir l’ha catapultato al cuore della politica pachistana e del mondo intero. A suo dire Benazir lo ha designato nel suo testamento quale successore politico. Nel partito non mancano i malcontenti. Ma lui ha preso l’opportunità al volo. Ha dichiarato subito che lo scettro della guida del Partito Popolare del Pakistan (Ppp), la maggior formazione politica del Paese, andrà al loro primogenito, il 19enne Bilawal. Però non subito, prima deve crescere, riprendere gli studi a Oxford. Quindi, almeno per ora, il vero reggente è lui, Zardari. E al diavolo i mugugni, i detrattori, le malelingue.
Come giudica il rinvio delle elezioni?
« illegale. Una frode vergognosa. Però non permetterò che Musharraf escluda il Partito Popolare dalla gara elettorale.
Non lo lasceremo in campo da solo, noi non ci ritireremo mai. Rinvii pure le elezioni a quando gli pare, noi saremo sempre pronti a partecipare, perché crediamo nella democrazia. Questo è il massaggio di Benazir».
Cosa pensa del discorso di Musharraf?
«Un discorso vuoto. Ma ho una domanda. Perché lui pensa a Scotland Yard soltanto ora? Perché non l’ha proposto al tempo dell’attentato contro il convoglio di Benazir a Karachi il 18 ottobre, quando morirono ben 150 persone? La verità è che Musharraf guida un partito di killer e adesso spera di lavarsi dalle responsabilità per il sangue di Benazir con una finta, con una scusa, cerca di salvare la faccia ricorrendo a Scotland Yard. Una cosa penosa! E comunque anche gli inquirenti inglesi potranno fare ben poco. Difficile condurre un’inchiesta quando la scena del delitto è stata ripulita appena dopo. Hanno voluto lavare ogni prova, cancellare tutti gli indizi ».
Si dice che lei non sarà in grado di tenere unito il partito, che è troppo controverso, contestato.
«Una volta c’era un solo Bhutto morto per la democrazia in Pakistan, Zulfikar, il padre di Benazir. Ora sono due. Sono martiri per la libertà. La nostra gente lo sa molto bene e non tradirà i suoi leader. Lo dico con tutta onestà: non credo che il nostro partito possa dividersi».
Eppure sino a poco fa lei era considerato una palla al piede per Benazir. Le accuse di frode, gli scandali finanziari di «Mister 10 per cento» non rappresentano un problema?
«Il mio passato, le mie sofferenze, i dodici anni di cella parlano da soli. I processi non hanno mai condotto a nulla. Non ci sono accuse provate. Sono innocente e i nostri elettori lo sanno bene ».
Quando pensa che Bilawal potrà prendere il suo posto?
«Ritengo che tra un paio d’anni la sua educazione a Oxford sarà completata. Allora sarà in grado di entrare in politica a tempo pieno. Bilawal è come sua madre: un leader nato, terrà alto il nome dei Bhutto».
Non c’è qualche cosa di strano: Benazir si proponeva come la paladina della democrazia liberale, eppure la successione alla testa del suo partito ha seguito logiche feudali, tribali?
A questo punto Zardari fa una smorfia sarcastica. E risponde ironico: «Sì, certo, noi Bhutto reggenti di un partito feudale abbiamo sacrificato per il bene delle masse il meglio della nostra famiglia. Benazir e suo padre erano ricchi, potevano dedicarsi agli affari, ai loro enormi possedimenti terrieri, fare davvero i feudatari. Invece sono morti per la democrazia in Pakistan».
Lorenzo Cremonesi

LA REPUBBLICA
RENATO CAPRILE
RENATO CAPRILE
DAL NOSTRO INVIATO
ISLAMABAD - Musharraf non ha dubbi: ad uccidere Benazir Bhutto è stata Al Qaeda. E per dimostrarlo annuncia un´inchiesta a cui collaborerà la migliore polizia del mondo, Scotland Yard. «Ho inviato la richiesta al premier britannico Gordon Brown che l´ha accettata», dice nella sua prima uscita pubblica dopo l´attentato di Rawalpindi. Un discorso alla nazione di oltre trenta minuti trasmesso alle otto di ieri sera in diretta tv. Non è un grande oratore, Musharraf, e parlare così tanto deve essergli costato fatica. Ma andava fatto. Dal suo studio, non più in divisa militare ma in completo blu come si conviene a un presidente della Repubblica e con l´aria grave, Musharraf ribadisce il suo impegno nella lotta al terrorismo e afferma che era inevitabile rinviare le elezioni - si voterà il 18 febbraio prossimo, così ha deciso ieri la commissione elettorale - ma i partiti gli devono dare una mano nel mantenere la pace. Nessuno approfitti, insomma, di questa situazione per trarne vantaggio. Per garantire la sicurezza sarà dispiegato l´esercito per tutto il periodo elettorale.
Le prime parole sono ovviamente per Benazir Bhutto, l´ex nemica. «Sono triste e arrabbiato», dice il presidente. «Il paese ha sofferto una grande tragedia per l´attentato della settimana scorsa contro Benazir, morta per mano dei terroristi. Prego Dio onnipotente perché la sua anima riposi nella pace eterna». Poi punta l´indice contro «i molti miscredenti e contro alcuni elementi politici» che hanno approfittato della tragedia per compiere violenze e saccheggi. Una commissione è già al lavoro per quantificare i danni e identificare i responsabili.
«La verità sulla cause della morte di Benazir verrà fuori. Il paese ha diritto di sapere. Ho chiesto aiuto agli investigatori britannici di Scotland Yard che ci forniranno supporto soprattutto in materia di medicina legale. Una squadra di loro detective presto sarà qui». L´obiettivo dell´inchiesta comune è accertare «le ragioni che hanno portato al martirio di Benazir Bhutto». Ma questo è il momento - sottolinea il presidente pachistano - della riconciliazione e non del confronto». Poi riferendosi alla decisione «corretta» della commissione elettorale di rinviare le elezioni - decisione accettata sia pure di malavoglia anche dalle opposizioni - Musharraf assicura che il voto sarà «corretto, trasparente, libero e pacifico. La missione di Benazir - conclude - è la mia missione: combattere il terrorismo con tutte le forze e promuovere la democrazia. Se non avremo successo in questa battaglia ci attende un futuro tetro. Mi rivolgo al popolo, alla nazione e ai media perché in questo sforzo sostengano il governo e le agenzie di sicurezza. Dopo le elezioni, dio volendo, un governo costituzionale e democratico sarà formato e porterà il Pakistan attraverso sviluppo e prosperità nei prossimi cinque anni».
Nonostante il coinvolgimento di Scotland Yard, il marito della Bhutto, Asif Ali Zardari, continua a chiedere un´inchiesta Onu sull´attentato analoga a quella per l´uccisione dell´ex premier Hariri in Libano: «Ora si ricordano di Scotland Yard, perché non la chiamarono come voleva Benazir subito dopo l´attentato di Karachi in ottobre?». E in tutto questo si fa strada anche l´ipotesi - interna al partito della Bhutto - che Bernzir sia stata uccisa da un´arma a tecnologia laser del tipo di quelle usate dalle forze Usa in Iraq. I medici avrebbero riscontrato che la ex premier perdeva materia cerebrale e presentava una ferita «complessa» che non poteva essere stata causata da un proiettile. Di qui il sospetto che gli spari e l´esplosione siano stati solo una messinscena per coprire l´impiego di un´arma sofisticatissima che in Pakistan è in dotazione solo ai reparti speciali che si occupano della sicurezza del presidente Musharraf.

LA STAMPA
SYED SALEEM SHAHZAD
KARACHI
Il Pakistan andrà alle urne il 18 febbraio e non l’8 gennaio: parlando alla nazione in tv per la prima volta dopo l’assassinio di Benazir Bhutto, il presidente Pervez Musharraf ha definito la decisione di rinviare le elezioni «inevitabile» dopo quella che ha definito «una grande tragedia». «La Bhutto è morta per mano dei terroristi, prego Dio di dare pace alla sua anima», ha detto ribadendo così l’ipotesi del governo che la ex premier fosse stata uccisa da esponenti di Al Qaeda e dei taleban. Il presidsente ha accusando «molti miscredenti e alcuni elementi politici» di aver approfittato della tragedia per darsi a disordini e saccheggi, rendendo inevitabile il rinvio delle elezioni con la devastazione di diverse sedi delle commissioni elettorali. Ma a chi, dalle file dell’opposizione, lo aveva accusato di voler occultare la verità sulla strage a Rawalpindi giovedì scorso, il presidente ha replicato con una mossa improvvisa: un team di investigatori di Scotland Yard arriverà «immediatamente» in Pakistan per affiancare nelle indagini le autorità locali.
Sia il vedovo della Bhutto, Asif Ali Zardari - che, insieme al figlio della coppia Bilawal, ha preso in mano la guida del Partito popolare pakistano (PPP) dopo la morte della sua leader - che vari politici occidentali come Hillary Clinton, avevano chiesto nei giorni scorsi un’inchiesta dell’Onu sul modello di quella sull’omicidio dell’ex premier siriano Hariri. Ieri il ministro degli Esteri francese Bernard Kouchner, in visita in Pakistan su mandato dell’Ue, ha escluso l’ipotesi di un’inchiesta internazionale, in quanto «non sono coinvolti Paesi terzi». Ma pressioni fatte a Musharraf nei giorni scorsi da Washington e Londra hanno costretto il leader pakistano ad aprire ad esperti provenienti dall’estero.
L’opposizione però non si è mostrata soddisfatta. Zardari, parlando come nuovo leader del PPP, è stato sarcastico: «Perché proprio Scotland Yard? E perché non hanno accettato l’aiuto di Scotland Yard quando la Bhutto la chiese, dopo l’attentato contro di lei il 18 ottobre scorso? Ora noi chiediamo un’indagine su quello che sta accadendo nella regione, per scoprire chi sta fomentando la violenza». E il rinvio delle elezioni è stato definito «ingiusto e irragionevole» e motivato soltanto da «opportunità politiche» di Musharraf. Nonostante queste critiche, il PPP - che per ora appare il favorito nelle elezioni, e teme di perdere i consensi man mano che passa il tempo dallo choc della morte di Benazir - ha dichiarato che non boicotterà il voto, né darà vita a nuovi disordini, almeno per il momento. Dello stesso parere anche l’altro partito d’opposizione, la Lega musulmana del filo-saudita Nawaz Sharif, che pure si era opposto al rinvio del voto. Musharraf ha comunque annunciato che durante le elezioni verranno dispiegati l’esercito e le truppe paramilitari: «La situazione lo richiede», ha dichiarato nel suo discorso alla nazione.

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