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 2008  gennaio 02 Mercoledì calendario

IL GIORNALE 2/1/2008

MAURIZIO CABONA
da Hong Kong

A Venezia - dove ha vinto l’ultima Mostra con Lust, Caution - Ang Lee mi diceva: «Più che ad amore e sesso, il titolo allude a vita ed arte. Lo espliciterei così: ”Voglia di vivere? Prudenti in società”».
Il concetto doveva esser caro al regista taiwanese, figlio di esuli nazionalisti sconfitti nella guerra civile, se lo ha ripreso nella cartella stampa diffusa dal distributore italiano (Bim). Eppure dopodomani il film uscirà come Lussuria. Seduzione e tradimento. Ancora una volta, dunque, in Italia dieci minuti di sesso - con un attimo hard - prevalgono come motivo di richiamo sui centocinquanta minuti complessivi di Lussuria, vasto e verosimile affresco della resistenza cinese all’occupazione giapponese fra 1938 e 1942, con Hong Kong e Shanghai come sfondo.
Certo, nel film di Ang Lee c’è anche seduzione: a opera di una studentessa (Tang Wei) patriota. Certo, c’è anche tradimento: a opera del ministro cinese (Tony Leung) d’un governo insediato dai giapponesi. Ma soprattutto i due, da antagonisti, diventano innamorati. Fra loro perciò divampa la passione, che ha una radice affettiva, non la lussuria, che ha una radice biologica. Ma, rispetto alla prospettiva dell’incasso, si sa, il rispetto del lessico cede.
Paese che vai, arbitrio che trovi. Produzione di Taiwan girata in Malesia e Cina, Lussuria non è stato candidato da Taiwan all’Oscar per il film non americano! Eppure proprio Ang Lee ha vinto l’Oscar per il miglior film, con I segreti di Brokeback Mountain, preventivamente premiato nel 2005 - proprio come Lussuria nel 2007 - col Leone d’oro a Venezia.
Peggio: a Hong Kong, per il suo statuto speciale nell’ambito della Cina, Lussuria è uscito in versione integrale: a Shanghai e nel resto della Repubblica popolare cinese il film è uscito, sì, ma senza sesso, hard o no. In Cina infatti non ci sono divieti ai minori: i film sono per tutti o per nessuno. Così ora, fra i moventi dei cinesi dell’interno per recarsi a Hong Kong, c’è anche vedere le scene altrove proibite. E davanti alle sale di Hong Kong, generalmente inospitali per la produzione cinese, Lust, Caution

MICHELE ANSELMI
Roma - Bisogna avere pazienza, ma arrivano, sebbene dopo un’ora e mezza di film. Sono le tre famose scene hot di Lussuria, il film di Ang Lee che esce venerdì vietato ai minori di 14 anni. Scandalo annunciato, proprio in virtù di quel trittico alquanto esplicito, per un totale di dieci minuti, costruito sui corpi nudi dell’esordiente Tang Wei e del divo Tony Leung. La leggenda vuole che i due l’abbiano fatto davvero. Ang Lee risponde così: «Non lo direi mai». E qui nasce la domanda. Un’attrice italiana, anche bella e spregiudicata, accetterebbe di girare sequenze di sesso così forti, sia pure in un contesto d’arte? Già successo. Elisabetta Cavallotti in Guardami e Loredana Cannata in La donna lupo accettarono la sfida capace di bruciare una carriera, o anche di rilanciarla, se ripensate alla Sandrelli di La chiave. Specie la Cavallotti, nel 1999, portò gagliardamente il proprio corpo nel duro film di Davide Ferrario ambientato nel porno, esibendosi in varie scene di sesso non simulato e sottoponendosi a una sorta di striptease hard girato dal vero al Mi-Sex. Ma erano altri anni.

Allora sentiamo Laura Morante, che nel ”97 scandalizzò qualche benpensante incarnando la caliente Begoña in Lo sguardo dell’altro di Vicente Aranda. «Mai ricevuti tanti complimenti», sorride l’attrice, «e pensare che non si vedeva quasi niente: merito di una suggestione creata dal regista, il film mostrava sempre il prima e il dopo, mai il durante». Sarà. «Ma sì, era tutto teorico. Spesso le scene d’amore sono un condimento inutile: banali, girate male. Per piacermi devono avere drammaturgicamente un senso, L’impero dei sensi docet. Detto questo, non la metterei sulla volgarità. Si può essere tali filmando anche due innamorati che si baciano». D’accordo, ma - chiediamo - lei fin dove si spingerebbe? «I contratti portano clausole chiare, noi attori abbiamo un diritto di supervisione sulle scene di nudo. Lei vuol sapere se accetterei di fare davvero l’amore sul set? No. Come Cechov, penso non sia necessario introdurre tout-court la realtà nella finzione. Sarebbe una scelta sleale, anti-artistica. Guardi, sul fronte del pudore non ho problemi col nudo. Poi, certo, uno preferisce mostrare cose piacevoli di sé. Un viaggio chiamato amore è pieno di scene di sesso, ma, appunto, devono avere un senso».

Di parere opposto Cecilia Dazzi, attrice versatile e spiritosa, pure dalla fisicità prorompente. «L’attore non può avere limiti. Fa parte del mestiere superare i problemi personali, di pudore o vergogna, per aderire a un ruolo, anche estremo». Cita Intimacy di Patrice Chéreau, dove i due protagonisti si producono in scene di sesso reale. «Se la chiave è documentaristica, ci sono momenti in cui non puoi fingere. Detesto quelle robe fasulle, sotto le lenzuola, con lei che ansima e suda, poi scopri che porta le mutande. Il corpo dell’attore non è sacro, è da profanare, ecco l’ho detto». Protagonista del premiato Emma sono io, volto popolare in tv per una pubblicità di gelati e molte puntate di La squadra, la Dazzi azzarda: «Nudi ne ho fatti, ma cose innocenti, mica la fellatio che si vedeva nel Diavolo in corpo di Bellocchio. Un tempo avrei detto di no, oggi, se la storia lo richiedesse, farei come Maruschka Detmers, non mi tirerei indietro». Accidenti.

E Valeria Solarino che dice? Bella, misteriosa e sensuale, l’attrice lanciata da La febbre di D’Alatri non si nega al nudo. «Sin dall’inizio, con Fame chimica, m’è toccato di spogliarmi. Non pongo limiti, diciamo, estetico-morali. So che per molti attori il set, più che la vita, è un posto dove vivere le emozioni in modo totale, squassante, senza filtri». E dunque? «Io avrei qualche imbarazzo. Il sesso è un momento intimo, farlo davanti a una troupe non sarebbe facile. Poi dipende dal rapporto col regista: se ti fidi, tutto viene più facile, se capisci che sono scene gratuite tutto si complica».

Infine Claudia Gerini, quella di «famolo strano». Corpo da gazzella e sguardo da impunita, l’attrice «indossa» disinvoltamente la propria nudità anche dopo la maternità. Raccontò al Giornale quando uscì Viaggio segreto, dove era una donna misteriosa e sensuale, sempre svestita: «Ho un buon rapporto con il mio corpo, mi sono anche detta che, alla mia età, era il momento giusto per interpretare un ruolo così. Il corpo è lo strumento dell’attore, con o senza vestiti. Può risultare più pornografico un certo sguardo, mi creda non sono i centimetri di pelle scoperta che fanno la differenza». Protagonista di un furioso amplesso con Castellitto in Non ti muovere, sostiene che «c’è in giro, soprattutto in Italia, molto moralismo, ci si scandalizza per nulla: altrove, in Spagna o in Francia, tutto è più naturale, anche un’attrice come Charlotte Rampling non si vergogna di spogliarsi in età matura». Conclusione: «Ora non so cosa sia successo, forse tutto sembra più morboso, volgare. Sarà colpa dei reality?».