Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2008  gennaio 02 Mercoledì calendario

MARIO CALABRESI

dal nostro corrispondente
New York - Ogni mattina appena sale sulla sua Chevrolet Suburbans per andare dalla 79esima strada dove abita fino a City Hall, in fondo a Manhattan, spegne il telefonino e si mette ad ascoltare dall´autoradio il suo corso di spagnolo in cd. Chi ha viaggiato con lui racconta che ripete diligentemente ogni esercizio ad alta voce e poi prima di scendere commenta orgoglioso che il suo spagnolo sta proprio migliorando. Michael Bloomberg, imprenditore miliardario e sindaco di New York, non lascia nulla al caso, cura ogni particolare, studia ogni scenario e vuole essere pronto a correre per la presidenza degli Stati Uniti. «Ha perfino pensato - ci confida un suo intimo amico, che lo sostiene nell´avventura politica da anni e oggi lo immagina già alla Casa Bianca - al voto degli ispanici. Il suo ragionamento è che i repubblicani lo stanno perdendo completamente con la loro politica anti-immigrati, mentre lui pensa di conquistarli, anche con comizi in spagnolo».
Nato a Boston 65 anni fa da una famiglia ebrea russa, il 142esimo uomo più ricco del mondo è tornato ad occupare le prime pagine dei giornali per la sua voglia sempre più forte di lanciarsi nella corsa alla presidenza. Alla vigilia dell´inizio delle elezioni primarie, mentre quindici candidati - otto democratici e sette repubblicani - aspettano il primo verdetto degli elettori dell´Iowa dopo essersi sfidati a colpi di comizi, trasferte in pullman e in aereo e migliaia di spot, l´attenzione si è spostata su New York. Prima il Washington Post, poi tutti i quotidiani della Grande Mela hanno rilanciato l´idea di una candidatura del sindaco come indipendente. Anche se, dopo aver dato il via al conto alla rovescia del Capodanno a Times Square, Bloomberg ha assicurato davanti alle telecamere di non volersi candidare, non ci crede più nessuno. Anche perché i suoi amici e collaboratori si muovono ormai freneticamente per rendere possibile la sfida.
Lunedì prossimo, 7 gennaio, un gruppo di influenti «saggi» dei due schieramenti, preoccupati dall´eccesso di scontro politico, lo hanno invitato all´università dell´Oklahoma per lanciare un appello ai candidati per superare gli steccati di parte e lavorare insieme per il bene dell´America. L´ex governatore e senatore David Boren, un democratico centrista, che ha organizzato l´incontro con l´ex senatore della Georgia Sam Nunn, ha rotto gli indugi: «Se entro i primi di marzo i candidati non avranno trovato un approccio bipartisan per affrontare le sfide fondamentali del Paese chiederemo a Bloomberg di mettersi in pista».
L´amico che viaggia in macchina con lui e che con lui è nella lista di Forbes dei più ricchi d´America è molto più esplicito e - con la garanzia di non essere citato - si lascia andare a confidenze: «Sono sicuro, Michael scenderà in campo, lo farà probabilmente il 6 febbraio, dopo il supermartedì quando voteranno 23 Stati. Quel giorno si conosceranno i due candidati e se appariranno logori e troppo di parte, come Hillary Clinton o Giuliani o Mike Huckabee, allora farà il grande passo. Davanti a elettori stanchi, stufi, delusi, si presenta lui e spariglia: "Ecco la novità, l´uomo nuovo" e in quattro mesi, entro l´estate, è in grado di imporsi con una campagna nazionale di spot televisivi». Resta il dubbio del suo rapporto con Barack Obama, nella famosa colazione a due fatta sotto gli occhi delle telecamere esattamente un mese fa si racconta che abbiano sottoscritto un patto di non belligeranza: troppi due «uomini nuovi» nello stesso momento. In quel caso Bloomberg potrebbe non correre.
Con una fortuna stimata in 11 miliardi di dollari, dopo aver speso 150 milioni per farsi eleggere sindaco - più di quanto abbiano raccolto in un anno la Clinton e Obama - è in grado serenamente di pagarsi la campagna da solo. Chiediamo all´amico se però questo eccesso di ricchezza non possa essere un limite agli occhi degli elettori: «No, assolutamente no, anzi è l´unico che può dire: farò la politica per i cittadini e non per le lobby e le aziende che mi hanno pagato la campagna elettorale e non dimentichiamoci che per il suo lavoro da sindaco ha rinunciato allo stipendio e riceve solo la cifra simbolica di un dollaro l´anno». Nella pianificazione della campagna, Bloomberg, che si schernisce di essere troppo basso e troppo ebreo newyorkese per arrivare alla Casa Bianca, sa che avrà bisogno di un buon consigliere di politica estera e di relazioni internazionali, per questo ha cominciato ad «andare a lezione» da Henry Kissinger e da Nancy Soderbergh, ex ambasciatrice all´Onu sotto la presidenza di Bill Clinton. Ha anche cominciato ad immaginare un vice e starebbe pensando ad un militare, il nome è top secret ma sarebbe un generale in grado di garantire chi mettesse in discussione la sua capacità di rispondere alla minaccia del terrorismo.
La domanda ora è se i soldi possono riuscire a convincere gli americani e a farlo diventare popolare ovunque: secondo un recente sondaggio Pew è conosciuto solo dal 65 per cento degli elettori e non più di un decimo di questi lo voterebbe. Ma lui è convinto che basti far passare il messaggio della politica del risultato concreto e i risultati ottenuti a New York sono lusinghieri.
L´ultimo è l´aver ridotto il numero dei reati in città alla cifra più bassa dal 1963: nell´ultimo anno sono state uccise 492 persone, nel 1990 gli omicidi erano stati 2.245. Le battaglie che l´hanno reso famoso sono soprattutto quelle ambientaliste e per l´efficienza amministrativa e finanziaria della città, ma alcune sue convinzioni - è favorevole ai limiti al commercio delle armi, al diritto di scelta delle donne per l´aborto, ai matrimoni tra persone dello stesso sesso ed è per l´abolizione della pena di morte - lo rendono troppo «progressista» per una gran parte degli elettori. Intanto lui prepara la festa per la madre Charlotte che domani compirà 99 anni ed è in ottima salute.
Il più grande sostenitore del sindaco però non è il suo amico miliardario ma è il proprietario del negozio di hot dog Gray´s Papaya, all´angolo tra la 72esima strada e Broadway che all´immenso cartello sulla vetrina «Corri Mike, corri!», ha aggiunto la scritta: «Nel giorno dell´inaugurazione della sua presidenza hot dog gratis per tutti».