Lamberto Dini - Eugenio Scalfari, la Repubblica 2/1/2008, 2 gennaio 2008
Caro direttore, Eugenio Scalfari dedica una parte del suo editoriale domenicale alla mia persona con considerazioni del tutto rispettabili, ma da me non condivisibili, nel senso che alle sue rispettabili idee preferisco le mie
Caro direttore, Eugenio Scalfari dedica una parte del suo editoriale domenicale alla mia persona con considerazioni del tutto rispettabili, ma da me non condivisibili, nel senso che alle sue rispettabili idee preferisco le mie. Chiamando in causa il presidente Ciampi nella vicenda della sua successione alla Banca d´Italia ne dà un´interpretazione certamente offensiva nei miei riguardi. Scalfari dovrebbe sapere che quella fu l´occasione per dare l´assalto alla roccaforte laica della Banca d´Italia da parte delle alte personalità cattoliche. La scelta del Governatore della Banca centrale è eminentemente politica e appartiene a coloro che in quel momento occupano posizioni di vertice nelle istituzioni dello Stato. Apparentemente, per almeno alcune di esse, io non ero né abbastanza cattolico né abbastanza laico. Prevalse il più cattolico dei membri del direttorio, con i risultati che Eugenio Scalfari e il presidente Ciampi ben conoscono. Il mio tragitto politico, a partire dal 1994, è ricordato da Eugenio Scalfari nel suo editoriale il quale però da grande difensore dell´esistente, che a lui piace, si appella all´uso di responsabilità e all´etica di coloro che come me hanno serie riserve sull´operato del governo sinistra-centro oggi in carica. Egli non sembra voler tenere conto del fatto che oggi soltanto il 25 per cento dei cittadini ne approva l´operato e che l´Italia è il fanalino di coda in Europa in termini di crescita economica, della qualità dei servizi pubblici, a cominciare dalla scuola, dalla sanità, dalla sicurezza e dalle infrastrutture. Ci troviamo di fronte a una pericolosa rottura del rapporto tra Stato e cittadini che il governo non sembra capace di sanare. Circa le mie presunte ambizioni, segnalo che il mio obiettivo è far crescere la cultura liberale-democratica nella politica italiana, la qual cosa non dovrebbe dispiacere né a Eugenio Scalfari né al suo giornale. Spererei che il confronto pertanto possa svilupparsi anche sulle proposte che ho avanzato. Per esempio, riguardo alla sanità, ricordo la stimolante campagna giornalistica condotta da Mario Pirani proprio su Repubblica contro l´ingerenza in essa della politica, posizione simile a quella da me avanzata. Non ho bisogno di ricordare a Eugenio Scalfari il dettato dell´articolo 67 della Costituzione italiana. Come parlamentare, essendo quotidianamente chiamato a dare o a negare un consenso ai provvedimenti del governo, non posso sottrarmi alla responsabilità di cercare di correggere una direzione di marcia del governo che rischia, a mio avviso, di rendere irreversibile il relativo declino dell´Italia nel mondo. In queste circostanze difendere l´esistente non solo non basta, ma è dannoso, a meno che Eugenio Scalfari veda un´Italia diversa da quella che vedo io insieme alla gran parte dei cittadini italiani e degli osservatori internazionali. Se così fosse occorrerebbe una discussione più approfondita nel merito e mi auguro che non mancherà occasione per farla. Ringrazio il senatore Dini per la lettera che ha voluto inviarci in risposta al mio articolo di domenica scorsa per la parte che lo riguardava. Apprezzo molto l´ironia, quando c´è. Ma qui purtroppo non ne trovo, trovo una scrittura un po´ spocchiosa che del resto fa parte degli atteggiamenti del senatore. Avevo sintetizzato, forse troppo, la vicenda della successione di Ciampi alla guida della Banca d´Italia. Le cose andarono esattamente in questo modo: si riunì il Consiglio generale della Banca al quale spetta di indicare la candidatura alla carica di Governatore. La candidatura viene poi sottoposta al ministro del Tesoro in carica, al presidente del Consiglio, e per la firma al presidente della Repubblica. Si tratta cioè di un atto complesso che di solito non fa che confermare la tappa iniziale e cioè quella della candidatura da parte del Consiglio generale. Nella fattispecie: il Consiglio generale comunicò alle altre autorità che intervengono nel suddetto atto complesso, l´esclusione di una candidatura che peraltro sarebbe stata naturale e l´indicazione di un´altra. Tutt´e due questi giudizi vennero presi all´unanimità. Per quanto riguarda l´esclusione il Consiglio generale, dopo aver tributato apprezzamento per la funzione svolta da Dini come direttore generale della Banca, escluse la possibilità che fosse lui il successore di Ciampi. L´esclusione fu anche motivata. Infatti la moglie di Dini era ufficialmente titolare di un´impresa commerciale che operava soprattutto con Paesi esteri. Questa situazione, a giudizio del Consiglio generale, risultava del tutto incompatibile con la funzione di Governatore della Banca centrale. Per quanto invece riguardava la candidatura del successore di Ciampi il Consiglio generale indicò il più anziano tra i vicedirettori generali e cioè Antonio Fazio. Il governo e il presidente della Repubblica confermarono il giudizio del Consiglio. Avevo omesso queste circostanze per delicatezza nei confronti della signora Dini, la quale nel frattempo ha anche subìto una severa condanna da parte del tribunale penale; ma poiché il senatore Dini solleva la questione della sua mancata successione a Ciampi debbo mio malgrado indicarne le circostanze. Per quanto riguarda i giudizi del senatore sull´attuale governo Prodi, vedo che esse traggono origine da sondaggi e da convinzioni sue proprie. Mi appare molto strano che si rompa un´alleanza e una maggioranza di governo sulla base dei sondaggi. Non mi pare che si sia verificato in un nessun Paese di democrazia un fatto del genere. Ricordo con l´occasione che i sondaggi relativi al governo Berlusconi tra il 2003 e il 2005 arrivarono a livelli non molto diversi da quelli attualmente riservati al governo Prodi ma nessuno della sua maggioranza di allora e neppure dell´opposizione di allora indicò in quei sondaggi un motivo di dimissioni e di crisi di governo. Infine le opinioni del senatore sull´arretratezza dell´Italia in tutti i settori nessuno escluso rispetto al passato e rispetto agli altri Paesi europei paragonabili al nostro. Rispetto al passato il senatore Dini dovrebbe sapere meglio di me che il governo Prodi ha ereditato nel maggio 2006 un Paese a crescita zero, un avanzo primario di bilancio completamente cancellato e un deficit rispetto ai parametri del Trattato di Maastricht che i pessimisti collocano al 4,8 per cento, i più benevoli al 3,3; comunque al di sopra della soglia del 3 per cento prescritta dal patto di stabilità europea. Il nostro governo assunse l´impegno per l´anno in corso di portare quel parametro al 2,4; in effetti attualmente si trova al 2 per cento con fondata speranza di scendere ancora. L´avanzo primario è stato nel frattempo ricostituito e il reddito si muove intorno all´1,8 per cento dallo zero che fu ereditato. Restano i paragoni con l´estero che più o meno sono gli stessi ereditati poiché si tratta di indicatori che si muovono con molta lentezza. Quelli sicuramente più fastidiosi riguardano la produttività e la competitività. Per correggere quest´ultima l´attuale governo ha destinato 9 miliardi di euro per riduzione del cuneo fiscale, di cui 5 già erogati e gli altri lo saranno nel corso dell´attuale esercizio. La produttività invece non è cosa di stretta pertinenza della politica bensì della inventività imprenditoriale e della collaborazione virtuosa dei sindacati. Naturalmente rispetto le altre opinioni del senatore anche se ne condivido una ben piccola parte. Se vuole discuterne credo che il luogo migliore sia il Parlamento; ma se vuole discuterle anticipatamente anche con noi non rifiuteremo di certo di ospitare i suoi argomenti. Eugenio Scalfari