Alberto Mattone, la Repubblica 2/1/2008, 2 gennaio 2008
dal nostro inviato Le "guerre" tra Egitto e Israele non finiscono mai. Questa volta è Il Cairo a partire all´attacco, per quello che giudica l´ultimo, imperdonabile affronto da parte di Gerusalemme: «Lo Stato ebraico ci vuole rubare anche la danza del ventre», è l´accusa
dal nostro inviato Le "guerre" tra Egitto e Israele non finiscono mai. Questa volta è Il Cairo a partire all´attacco, per quello che giudica l´ultimo, imperdonabile affronto da parte di Gerusalemme: «Lo Stato ebraico ci vuole rubare anche la danza del ventre», è l´accusa. Il casus belli è il Festival internazionale dedicato a questo antico e sensuale ballo orientale, che si svolgerà a Eilat il 17 gennaio. Un evento giudicato uno schiaffo dall´autorevole settimanale egiziano A-Subua, che titola a tutta pagina: «Gli israeliani sono ladri di cultura». La stampa egiziana apre il fuoco, neanche fosse stato rubato il tesoro di Tutankhamon. D´altra parte, la polemica è rovente da un anno sull´asse Cairo-Eilat. Il Festival internazionale della danza del ventre, organizzato nella città sul Mar Rosso, era già stato boicottato nel 2006 dalle danzatrici egiziane. Ma quest´anno i media arabi, tra cui l´altro settimanale patinato Akhr Saa, hanno dato maggiore clamore alla protesta. A-Subua non si è accontentato di sparare ad alzo zero sugli organizzatori dell´evento. Ha chiamato in causa direttamente il ministro degli Esteri israeliano, accusandolo di voler «appropriarsi di un´arte e di una tradizione che appartiene solo all´Egitto». «Il ministero degli Esteri sionista - attacca il settimanale - ha cercato di trarre vantaggio da un´arte che è nostra da secoli. E ha continuato a fare questo festival sostenendo che le danzatrici egiziane avrebbero preso parte all´evento». Poi, aggiunge sprezzante: «Gli organizzatori hanno detto che quest´anno il pubblico vedrà le ultime novità nell´arte della danza del ventre, a cominciare dalle performance, per finire ai costumi, creati dai due paesi leader in questo campo, Egitto e Israele». L´accostamento ha fatto infuriare alcuni giornali del Cairo, che considerano la danza del ventre un patrimonio nazionale, una propria tradizione popolare di cui nessuno, tantomeno gli israeliani, può appropriarsi. Questo ballo è nato nella notte dei tempi. Praticato esclusivamente da donne con la pancia scoperta, ha origine nei riti di fertilità che si inscenavano nell´Antico Egitto. Furono poi gli occidentali che sbarcarono nell´Ottocento nel mondo arabo ad affibbiargli il nome di «danza del ventre». Gli egiziani vanno fieri di quel movimento del corpo, e ne rivendicano la primogenitura. Gli organizzatori di Eilat lo sapevano ed hanno tentato, inutilmente, di tirare dentro la giuria del Festival le danzatrici egiziane, le più famose al mondo. A-Subua ha stigmatizzato la manovra. E ha anche ironizzato sul tentativo di allestire una fiera degli oggetti per la danza del ventre allestita dagli israeliani: «Pensate, il mercatino era chiamato Khan el-Halili, il nome del bazar del Cairo». Come se non bastasse, dal Festival è arrivato l´ultimo «affronto»: una conferenza del romanziere israeliano Eli Amir su Umm Kulthum, l´icona della canzone egiziana morta qualche anno fa. « un´altra mossa - scrive ancora il periodico - nel contesto del piano per rubare l´eredita musicale araba». Più ancora che il campanilismo culturale, è la politica a tenere lontano le ballerine egiziane. L´anno scorso gli organizzatori del festival fecero ponti d´oro a Tahia Karioka e Samia Gamal, star degli anni d´oro della danza del ventre, ma loro si rifiutarono di andare a Eilat. Così come Dina, altra indiscussa celebrità del settore, che disse "no" alla proposta di formare ballerine nello Stato ebraico. La vecchia guardia approva la scelta. «Io non avrei mai potuto accettare - chiude il discorso Nagwa Fuad, stella egiziana in pensione. Mia madre era palestinese. E noi non possiamo lavorare per gli aguzzini dei nostri fratelli».