Filippo Di Giacomo - Giacomo Galeazzi, La Stampa 2/1/2008, 2 gennaio 2008
Anno del Signore 2010, anche in Italia termina l’epopea missionaria cattolica. Nel Duemila l’età media dei connazionali occupati a servire Dio e l’umanità sulle frontiere dell’evangelizzazione era di 71,8 anni
Anno del Signore 2010, anche in Italia termina l’epopea missionaria cattolica. Nel Duemila l’età media dei connazionali occupati a servire Dio e l’umanità sulle frontiere dell’evangelizzazione era di 71,8 anni. Nel 2007 l’età media dei più coraggiosi tra i «lavoratori della vigna del Signore» si accinge a varcare la soglia degli ottant’anni perché, come spiega padre Antonio Rovelli, missionario della Consolata, «da più di un decennio gli anziani che rientrano in Italia non vengono più sostituiti». Negli Anni Settanta i missionari italiani attivi nelle missioni «ad gentes», quelle dedicate ai Paesi di tradizione diversa da quella cattolica, erano 25.000. Nel Duemila, dopo solo trent’anni, si erano ridotti a 13.000, un trend che l’età e la mancanza di vocazioni sta rendendo veloce e definitivo. Padre Venanzio Milani, comboniano e presidente della Misna, l’agenzia on line del mondo missionario italiano, afferma: «Anche a livello mondiale la diminuzione è evidente. I missionari cattolici sul campo sono circa 300 mila, rispetto ai 500 mila del secolo scorso». L’unica statistica a rimanere costante riguarda la suddivisone per sesso: anche quando i numeri scendono, l’80 per cento del mondo missionario resta costituito da donne. Il decremento riguarda sia gli istituti religiosi esclusivamente missionari, sia quelli che coltivano anche altre finalità apostoliche. Abbraccia inoltre i sacerdoti «Fidei donum» e i cosiddetti «missionari laici» che, negli Anni Sessanta anni dell’ottimismo terzomondista, sembravano annunciare le nuove frontiere dell’evangelizzazione moderna. «In compenso - osserva padre Milani - cresce il numero di giovani e meno giovani che chiedono di passare qualche mese nelle missioni per conoscerne la realtà e dare un piccolo contributo operativo». Il vecchio mondo missionario sta scomparendo, e sull’orizzonte il nuovo sembra tardare. Non è necessariamente una brutta notizia: il missionario, uno zappatore per definizione, è colui che va a dissodare un terreno per piantare una nuova vigna. Una volta piantata, questa comincia a dare frutti, e il lavoratore va altrove. Annota ancora padre Venanzio Milani: «I missionari rientrano a casa sapendo che nelle terre da loro evangelizzate nel prossimo millennio ci sarà una primavera cristiana». Su 4841 diocesi, 3867 sono poste sotto la giurisdizione di Propaganda Fide, il «ministero delle missioni» della Chiesa: per la maggior parte sono «i campi ubertosi» seminati nel mondo intero negli ultimi centocinquant’anni. A fare la raccolta, e continuare la semina, ci sono nelle Americhe, in Africa, in Asia e in Oceania circa i due terzi dei 410 mila sacerdoti e delle 760 mila suore attualmente in servizio, un piccolo esercito di 3 milioni di catechisti, un sistema scolastico ampiamente gratuito con 70 milioni di alunni e 3,5 milioni di insegnanti, una rete sanitaria di 15.000 ospedali, sanatori, lebbrosari, dispensari. «Negli ultimi anni - osserva padre Rovelli - i flussi della globalizzazione hanno prodotto un cambio radicale di prospettiva. Un tempo era impensabile che il nostro Paese potesse diventare "terra di missione". Solo recentemente la Chiesa italiana ha preso coscienza che la nostra è diventata terra da rievangelizzare. La nostra scelta di lavorare nella parrocchia di Platì nella diocesi di Locri e Gerace, dove predomina la cultura mafiosa, è da intendersi in questa prospettiva». Una scelta che, anche se accettata, il mondo missionario puntualizza. «Italia terra di missione?», si chiede padre Milani. «Non vorrei che l’Italia con il pretesto della mancanza di sacerdoti si chiudesse e non animasse più le comunità cristiane a inviare missionari. In Africa c’è un sacerdote per 28.000 abitanti, in Asia uno per 53.000, in America uno per 7.400. In Europa uno per 3.500, in Oceania uno per 7.100. In Italia uno per 1.800. Più che ostacolare o diminuire la partenza di missionari occorrerebbe distribuire meglio i sacerdoti sul territorio italiano e rafforzare la collaborazione con i laici». Da sempre, per il mondo missionario il global e il local sono categorie interconnesse e interscambiabili. Se a causa dell’età si è obbligati a ridurre il passo, non per questo la fantasia evangelizzatrice dei missionari italiani diminuisce in velocità. Sul web, da dieci anni, i nostri quattordicimila superstiti hanno costituito un network comunicativo, l’agenzia Misna, capace di guadagnare credibilità e riconoscimenti nel mondo della comunicazione. Anche il severo, e molto snob, National Geographic l’ha indicata come una delle due fonti ritenute, a livello mondiale, imprescindibili per tenersi informati sull’Africa. «Dio parla ancora», dice padre Milani.