Piero Bianucci, Tuttoscienze 2/1/2008, 2 gennaio 2008
Il raggio di luce di una stella è un ponte tra il vostro occhio e quell’astro lontano. Con il suo raggio la stella vi tocca
Il raggio di luce di una stella è un ponte tra il vostro occhio e quell’astro lontano. Con il suo raggio la stella vi tocca. Fisicamente. Un sottile pennello di fotoni unisce la remota fotosfera stellare alla vostra retina, la parte del cervello sensibile alla luce. In una notte serena le stelle che fanno il solletico alla vostra retina sono circa 2 mila. Sembra che quei puntini luminosi siano disposti su una cupola di velluto. Ma è un inganno. Sappiamo che il cielo non è una superficie curva, è un immenso spazio tridimensionale. Ci sono stelle più vicine e più lontane. Sappiamo pure che la luce non viaggia a velocità infinita, ma a 300 mila chilometri al secondo, cioè un miliardo di chilometri all’ora e 9460 miliardi di chilometri all’anno. Quest’ultima distanza corrisponde a quella misura di lunghezza astronomica che è l’anno luce. Lo spazio tridimensionale del cielo è dunque ancora un inganno. La scena disegnata dalle costellazioni ci dà l’illusione della simultaneità, ma non è così. Il cielo ha quattro dimensioni e la quarta è il tempo. Poiché le 2 mila stelle visibili a occhio nudo si trovano a profondità (distanze) diverse, anche la loro luce impiega tempi diversi a raggiungerci, e nel contemplarle ci tuffiamo in epoche tra loro lontane. Prendiamo il cielo delle notti di dicembre. Guardando Sirio è come se tornassi indietro di otto anni: il pennello di luce che ora raggiunge il mio occhio è partito prima che iniziasse il nuovo millennio. Guardando Betelegeuse, nella costellazione di Orione, lontana 560 anni luce, è come se mi trovassi in pieno Rinascimento, nel tempo in cui Gutenberg inventava la stampa. Guardando la galassia di Andromeda, il più lontano oggetto celeste accessibile alla vista senza strumenti ottici, mi addentro nel passato fino a 2,3 milioni di anni fa, quando vivevano i nostri antenati Homo erectus e Homo habilis e noi, sapiens, non esistevamo ancora. In piccolo, il discorso vale anche per il Sole. Non è mai dove lo vediamo. Per raggiungerci la sua luce impiega 8 minuti e 20 secondi. Quindi, quando scende sotto l’orizzonte, in realtà è già tramontato da 8 minuti, e all’alba lo vediamo sorgere con 8 minuti di ritardo. Dato che la Terra compie un giro su se stessa in 24 ore, cioè ogni ora copre un angolo di 15 gradi, il Sole vero è sempre spostato in avanti di due gradi, pari al quadruplo del suo diametro apparente. Vicino all’orizzonte, poi, entra in gioco la rifrazione della luce, che sposta l’immagine di mezzo grado. Insomma, tutto ciò che vediamo è un’illusione. L’astronomia ci insegna a non fidarci delle apparenze. Torniamo alle stelle. Oltre a trovarsi a distanze diverse, le stelle si muovono in direzioni diverse e lo spostamento è più sensibile se sono più vicine. Quindi le costellazioni cambiano forma. I primi Homo sapiens non hanno visto il Gran Carro dell’Orsa Maggiore. Invece, forse, hanno visto stelle che oggi sono morte. La simultaneità delle stelle e la loro disposizione sono fittizie quanto la volta celeste. Se potessi spegnere tutte le stelle e poi, con un interruttore, riaccenderle, resterei al buio per più di quattro anni, e solo allora ne vedrei comparire una, la più vicina, Alpha Centauri (a patto che mi trovi nell’emisfero australe). Poi un altro anno e arriverebbe la luce della Stella di Barnard. Ma non me ne accorgerei, perché è invisibile a occhio nudo. Nove anni dopo aver girato l’interruttore vedrei accendersi Sirio, a 11 anni Procione, a 17 anni Altair, a 26 anni Vega. E dovrei aspettare 60 anni per vedere appena 167 stelle. Conclusione: ogni stella porta notizie di epoche diverse. La loro luce è come una lettera che ci arriva con la posta più celere possibile in natura, ma non è mai una posta dalla velocità infinita. Quindi, guardiamo Arturo, a 35 anni luce, e siamo negli Anni 70, quando Raffaella Carrà cantava «Ma che sera». Guardiamo Regolo, a 72 anni luce, e risuona la voce di Hitler e Mussolini. Stampa Articolo