Il Sole 24 Ore 23/12/2007, pag.8 Riccardo Sorrentino, 23 dicembre 2007
La microfinanza diventa maggiorenne. Il Sole 24 Ore 23 dicembre 2007. in rapidissima espansione, offre utili stabili e bassi rischi, dà stabilità al sistema economico proteggendolo, almeno in parte, dalle grandi crisi finanziarie e dai cicli economici
La microfinanza diventa maggiorenne. Il Sole 24 Ore 23 dicembre 2007. in rapidissima espansione, offre utili stabili e bassi rischi, dà stabilità al sistema economico proteggendolo, almeno in parte, dalle grandi crisi finanziarie e dai cicli economici. In più, riduce la povertà. Il mondo della microfinanza (microcredito, ma anche microassicurazione) è stato finora appannaggio delle organizzazioni non governative, e ha avuto bisogno di sostegni umanitari o pubblici per andare avanti. Ora incomincia invece a muoversi sulle sue gambe, e non solo nei Paesi in via di sviluppo, ma anche in quei Paesi ricchi dove il sistema delle banche cooperative o delle casse di risparmio hanno lasciato, nel tempo, spazi vuoti. La Francia, con la Adie di Maria Nowak, è forse l’esempio più noto. Le prospettive del settore sono enormi. La Deutsche Bank, in un recente studio, valuta in un miliardo i potenziali clienti, contro i 100 milioni attuali. Prevede quindi che entro il 2015 il sistema, nel mondo, avrà decuplicato le sue dimensioni. Le potenzialità sono quelle di raggiungere 250 miliardi di dollari di prestiti dagli attuali 25 miliardi di dollari. La domanda, infatti, supera di molto l’offerta che non riesce a esaudire tutte le richieste di fondi. Questa nicchia di mercato sarà così sempre più al centro delle attenzioni di chi vuole dedicarsi agli investimenti socialmente responsabili, che è oggi pari a 2.300 miliardi di dollari negli Usa e a mille miliardi di euro in Europa. I numeri sono già importanti. Le aziende di microcredito sono ormai più di 10mila, e almeno 30 di esse hanno dimensioni superiori ai 100 milioni di dollari. Centocinquanta sono ormai aziende a tutti gli effetti. La messicana Banca Compartamos, ad aprile, si è anche quotata in Borsa. Era nata negli anni 90 come organizzazione non governativa. Non è stata neanche la prima: la Equity Bank, in Kenya, l’ha preceduta nel 2006. Un passo azzardato? No, perché? Le prime 176 società di microcredito hanno in media una redditività, un Roe (return on equity) del 17,2%; molte banche commerciali non riescono a raggiungere questi livelli. Il successo e la funzione delle società di microcredito è paragonabile a quello, all’inizio del secolo scorso, delle banche popolari italiane, cooperative sorte per lottare contro l’usura. Nelle Filippine, per esempio gli interessi nei prestiti mensili tra privati possono raggiungere anche il mille per cento, mentre quelli del settore della microfinanza oscillano tra il 25% e il 70%. «Visto dalla prospettiva di un Paese ricco, - spiega Raimar Dieckmann di Deutsche Bank - questo può ancora sembrare un livello elevato, ma questi tassi sono il risultato delle piccole dimensioni dei prestiti e degli alti costi amministrativi: i promotori devono viaggiare verso località remote per offrire consulenze ai clienti. Si stima che i costi amministrativi coprano fino ai due terzi degli interessi pagati». L’investimento nel settore è sempre più appetibile. «Al di là della riduzione della povertà -aggiunge Dieckmann - la microfinanza offre rendimenti finanziari stabili durante il ciclo economico, un basso tasso di insolvenze nel loro portafoglio prestiti e potenzialmente una bassa correlazione con i mercati dei capitali principali». Non tutto è oro quello che luccica, però. Il sistema ha attirato anche molte critiche e soprattutto quelle aziende - come la famosissima Grameen Bank del premio Nobel Muhammand Yunus - che non prestano agli individui, ma a un gruppo di persone, ciascuna responsabile in pieno - in solido - del comportamento degli altri. Questo crea un fortissimo controllo sociale, a scapito della libertà individuale, che viene a sua volta gestito dall’alto dall’azienda di credito. Le "sedici decisioni" che la Grameen impone ai clienti, con un contenuto spesso poco economico («Disciplina, unità, coraggio e lavoro duro», «manterrete le vostre famiglie piccole»,«costruirete e userete latrine», «non accetterete e non darete doti per i figli»,«se verrete a conoscenza di una violazione della disciplina in un centro, andrete lì per aiutare a ripristinare la disciplina»), sono state così aspramente criticate. Daniel Pearl, il giornalista del Wall Street Journal poi ucciso da estremisti islamici in Pakistan, fu uno dei primi a rivelare gli aspetti negativi del sistema. Ma occorre davvero ricordare che il rapporto creditori-debitori è stato il più delicato, nella storia degli uomini? Riccardo Sorrentino