www.vatican.va, 2 gennaio 2008
LETTERA ENCICLICA DEL SOMMO PONTEFICE PAOLO PP. VI
1. Il gravissimo dovere di trasmettere la vita umana, per il quale gli sposi sono liberi e responsabili collaboratori di Dio creatore, è sempre stato per essi fonte di grandi gioie, le quali, tuttavia, sono talvolta accompagnate da non poche difficoltà e angustie. In tutti i tempi l’adempimento di questo dovere ha posto alla coscienza dei coniugi seri problemi, ma col recente evolversi della società, si sono prodotti mutamenti tali da far sorgere nuove questioni, che la chiesa non può ignorare, trattandosi di materia che tanto da vicino tocca la vita e la felicità degli uomini.
I. ASPETTI NUOVI DEL PROBLEMA E COMPETENZA DEL MAGISTERO
2. I cambiamenti avvenuti sono infatti di grande importanza e di vario genere. Si tratta anzitutto del rapido sviluppo demografico, per il quale molti manifestano il timore che la popolazione mondiale cresca più rapidamente delle risorse a disposizione, con crescente angustia di tante famiglie e di popoli in via di sviluppo. Per questo è grande la tentazione delle autorità di opporre a tale pericolo misure radicali. Inoltre, non solo le condizioni di lavoro e di alloggio, ma anche le accresciute esigenze, sia nel campo economico che in quello della educazione della gioventù, rendono spesso oggi difficile il sostentamento conveniente di un numero elevato di figli. Si assiste anche a un mutamento, oltre che nel modo di considerare la persona della donna e il suo posto nella società, anche nel valore da attribuire all’amore coniugale nel matrimonio, e nell’apprezzamento da dare al significato degli atti coniugali in relazione con questo amore. Infine, questo soprattutto si deve considerare, che l’uomo ha compiuto progressi stupendi nel dominio e nell’organizzazione razionale delle forze della natura, così che si sforza di estendere questo dominio al suo stesso essere globale; al corpo, alla vita psichica, alla vita sociale, e perfino alle leggi che regolano la trasmissione della vita.
3. Tale stato di cose fa sorgere nuove domande. Se, date le condizioni della vita odierna e dato il significato che le relazioni coniugali hanno per l’armonia tra gli sposi e per la loro mutua fedeltà, non sia forse indicata una revisione delle norme etiche finora vigenti, soprattutto se si considera che esse non possono essere osservate senza sacrifici talvolta eroici. Ancora: se estendendo a questo campo l’applicazione del cosiddetto «principio di totalità», non si possa ammettere che l’intenzione di una fecondità meno esuberante, ma più razionalizzata, trasforma l’intervento materialmente sterilizzante in una lecita e saggia regolazione della natalità. Se non sipossa ammettere cioè che la finalità procreativa appartenga all’insieme della vita coniugale, piuttosto che ai suoi singoli atti. Si chiede anche se, dato l’accresciuto senso di responsabilità dell’uomo moderno, non sia venuto per lui il momento di affidare alla sua ragione e alla sua volontà, più che ai ritmi biologici del suo organismo, il compito di trasmettere la vita.
4. Tali questioni esigevano dal magistero della chiesa una nuova approfondita riflessione sui principi della dottrina morale del matrimonio: dottrina fondata sulla legge naturale illuminata e arricchita dalla rivelazione divina. Nessun fedele vorrà negare che al magistero della chiesa spetti di interpretare anche la legge morale naturale. infatti incontestabile, come hanno più volte dichiarato i nostri predecessori, che Gesù Cristo, comunicando a Pietro e agli apostoli la sua divina autorità e inviandoli a insegnare a tutte le genti i suoi comandamenti, li costituiva custodi e interpreti autentici di tutta la legge morale, non solo cioè della legge evangelica, ma anche di quella naturale. Infatti anche la legge naturale è espressione della volontà di Dio, l’adempimento fedele di essa è parimenti necessario alla salvezza eterna degli uomini. Conformemente a questa sua missione, la chiesa ha dato sempre, ma più ampiamente nel tempo recente, un adeguato insegnamento sia sulla natura del matrimonio sia sul retto uso dei diritti coniugali e sui doveri dei coniugi.
5. La coscienza della medesima missione ci indusse a confermare e allargare la commissione di studio che il nostro predecessore Giovanni XXIII, di v.m., aveva costituito nel marzo del 1963. Questa commissione, che comprendeva, oltre a parecchi studiosi delle varie discipline pertinenti, anche coppie di sposi, non solo aveva per scopo di raccogliere pareri sulle nuove questioni riguardanti la vita coniugale, e in particolare una retta regolazione della natalità, ma anche di fornire gli elementi di informazione opportuni, perché il magistero della chiesa potesse dare una risposta adeguata all’attesa non soltanto dei fedeli, ma dell’opinione pubblica mondiale. I lavori di questi esperti, nonché i giudizi e i consigli successivi di un buon numero dei nostri fratelli nell’episcopato, o spontaneamente inviati o da noi richiesti, ci hanno permesso di meglio misurare tutti gli aspetti del complesso argomento. Pertanto di gran cuore esprimiamo a tutti la nostra vivissima gratitudine.
6. Le conclusioni alle quali era pervenuta la commissione non potevano tuttavia essere da noi considerate come certe e definitive, né dispensarci da un personale esame di tanto grave questione; anche perché non si era giunti, in seno alla commissione, alla piena concordanza di giudizi circa le norme morali da proporre, e soprattutto perché erano emersi alcuni criteri di soluzioni, che si distaccavano dalla dottrina morale sul matrimonio proposta con costante fermezza dal magistero della chiesa. Perciò, avendo attentissimamente vagliato la documentazione a noi offerta, dopo mature riflessioni e assidue preghiere, intendiamo ora, in virtù del mandato da Cristo a noi affidato, dare la nostra risposta a queste gravi questioni.
II. PRINCIPI DOTTRINALI
Una visione globale dall’uomo
7. Il problema della natalità, come ogni altro problema riguardante la vita umana, va considerato, al di là delle prospettive parziali - siano di ordine biologico o psicologico, demografico o sociologico - nella luce di una visione integrale dell’uomo e della sua vocazione, non solo naturale e terrena, ma anche soprannaturale ed eterna. E poiché, nel tentativo di giustificare i metodi artificiali di controllo delle nascite, da molti si è fatto appello alle esigenze, sia dell’amore coniugale, sia di una paternità responsabile, conviene chiarire e precisare accuratamente la vera concezione di queste due grandi realtà della vita matrimoniale, richiamandoci principalmente a quanto è stato esposto recentemente a questo riguardo, con somma autorità, dal concilio Vaticano II, nella costituzione pastorale Gaudium et spes.
L’amore coniugale
8. L’amore coniugale rivela massimamente la sua vera natura e nobiltà quando è considerato nella sua sorgente suprema, Dio, che è «Amore», che è il Padre «da cui ogni paternità, in cielo e in terra, trae il suo nome». Il matrimonio non è quindi effetto del caso o prodotto della evoluzione di inconsce forze naturali: è stato sapientemente e provvidenzialmente istituito da Dio creatore per realizzare nell’umanità il suo disegno di amore. Per mezzo della reciproca donazione personale, loro propria ed esclusiva, gli sposi tendono alla comunione delle loro persone, con la quale si perfezionano a vicenda, per collaborare con Dio alla generazione e alla educazione di nuove vite. Per i battezzati, poi, il matrimonio riveste la dignità di segno sacramentale della grazia, in quanto rappresenta l’unione di Cristo e della chiesa.
Le caratteristiche dell’amore coniugale
9. In questa luce appaiono chiaramente le note e le esigenze caratteristiche dell’amore coniugale, di cui è di somma importanza avere un’idea esatta. prima di tutto amore pienamente umano, vale a dire sensibile e spirituale. Non è quindi semplice trasporto di istinto e di sentimento, ma anche e principalmente è atto della volontà libera, destinato non solo a mantenersi, ma anche ad accrescersi mediante le gioie e i dolori della vita quotidiana; così che gli sposi diventino un cuor solo e un’anima sola, e raggiungano insieme la loro perfezione umana. poi amore totale, vale a dire una forma tutta speciale di amicizia personale, in cui gli sposi generosamente condividono ogni cosa, senza indebite riserve o calcoli egoistici. Chi ama davvero il proprio consorte, non lo ama soltanto per quanto riceve da lui, ma per se stesso, lieto di poterlo arricchire del dono di sé. ancora amore fedele ed esclusivo fino alla morte. Così infatti lo concepiscono lo sposo e la sposa nel giorno in cui assumono liberamente e in piena consapevolezza l’impegno del vincolo matrimoniale. Fedeltà che può talvolta essere difficile, ma che sia sempre possibile, e sempre nobile e meritoria, nessuno lo può negare. L’esempio di tanti sposi attraverso i secoli dimostra non solo che essa è consentanea alla natura del matrimonio, ma altresì che da essa, come da una sorgente, scaturisce una intima e duratura felicità. infine amore fecondo, che non si esaurisce tutto nella comunione dei coniugi, ma è destinato a continuarsi, suscitando nuove vite. «Il matrimonio e l’amore coniugale sono ordinati per loro natura alla procreazione ed educazione della prole. I figli infatti sono il preziosissimo dono del matrimonio e contribuiscono moltissimo al bene degli stessi genitori».
La paternità responsabile
10. Perciò l’amore coniugale richiede dagli sposi che essi conoscano convenientemente la loro missione di paternità responsabile, sulla quale oggi a buon diritto tanto si insiste e che va anch’essa esattamente compresa. Essa deve considerarsi sotto diversi aspetti legittimi e tra loro collegati. In rapporto ai processi biologici, paternità responsabile significa conoscenza e rispetto delle loro funzioni: l’intelligenza scopre, nel potere di dare la vita, leggi biologiche che riguardano la persona umana. In rapporto alle tendenze dell’istinto e delle passioni, la paternità responsabile significa il necessario dominio che la ragione e la volontà devono esercitare su di esse. In rapporto alle condizioni fisiche, economiche, psicologiche e sociali, la paternità responsabile si esercita, sia con la deliberazione ponderata e generosa di far crescere una famiglia numerosa, sia con la decisione, presa per gravi motivi e nel rispetto della legge morale, di evitare temporaneamente od anche a tempo indeterminato, una nuova nascita. Paternità responsabile comporta ancora e soprattutto un più profondo rapporto all’ordine morale chiamato oggettivo, stabilito da Dio e di cui la retta coscienza è vera interprete. L’esercizio responsabile della paternità implica dunque che i coniugi riconoscano i propri doveri verso Dio, verso se stessi, verso la famiglia e verso la società, in una giusta gerarchia dei valori. Nel compito di trasmettere la vita, essi non sono quindi liberi di procedere a proprio arbitrio, come se potessero determinare in modo del tutto autonomo le vie oneste da seguire, ma, al contrario, devono conformare il loro agire all’intenzione creatrice di Dio, espressa nella stessa natura del matrimonio e dei suoi atti, e manifestata dall’insegnamento costante della chiesa.
Rispettare la natura e la finalità dell’atto matrimoniale
11. Questi atti, con i quali gli sposi si uniscono in casta intimità e per mezzo dei quali si trasmette la vita umana, sono, come ha ricordato il recente concilio, «onesti e degni», e non cessano di essere legittimi se, per cause mai dipendenti dalla volontà dei coniugi, sono previsti infecondi, perché rimangono ordinati ad esprimere e consolidare la loro unione. Infatti, come l’esperienza attesta, non da ogni incontro coniugale segue una nuova vita. Dio ha sapientemente disposto leggi e ritmi naturali di fecondità che già di per sé distanziano il susseguirsi delle nascite. Ma, richiamando gli uomini all’osservanza delle norme della legge naturale, interpretata dalla sua costante dottrina, la chiesa insegna che qualsiasi: atto matrimoniale deve rimanere aperto alla trasmissione della vita.
Inscindibili due aspetti: unione e procreazione
12. Tale dottrina, più volte esposta dal magistero della chiesa, è fondata sulla connessione inscindibile, che Dio ha voluto e che l’uomo non può rompere di sua iniziativa, tra i due significati dell’atto coniugale: il significato unitivo e il significato procreativo. Infatti, per la sua intima struttura, l’atto coniugale, mentre unisce con profondissimo vincolo gli sposi, li rende atti alla generazione di nuove vite, secondo leggi iscritte nell’essere stesso dell’uomo e della donna. Salvaguardando ambedue questi aspetti essenziali, unitivo e procreativo, l’atto coniugale conserva integralmente il senso di mutuo e vero amore ed il suo ordinamento all’altissima vocazione dell’uomo alla paternità. Noi pensiamo che gli uomini del nostro tempo sono particolarmente in grado di afferrare quanto questa dottrina sia consentanea alla ragione umana.
Fedeltà al disegno di Dio
13. Giustamente infatti si avverte che un atto coniugale imposto al coniuge senza nessun riguardo alle sue condizioni ed ai suoi giusti desideri non è un vero atto di amore e nega pertanto un’esigenza del retto ordine morale nei rapporti tra gli sposi. Così, chi ben riflette dovrà anche riconoscere che un atto di amore reciproco, che pregiudichi la disponibilità a trasmettere la vita che Dio creatore di tutte le cose secondo particolari leggi vi ha immesso, è in contraddizione sia con il disegno divino, a norma del quale è costituito il coniugio, sia con il volere dell’Autore della vita umana. Usare di questo dono divino distruggendo, anche soltanto parzialmente, il suo significato e la sua finalità è contraddire alla natura dell’uomo come a quella della donna e del loro più intimo rapporto, e perciò è contraddire anche al piano di Dio e alla sua santa volontà. Usufruire invece del dono dell’amore coniugale rispettando le leggi del processo generativo, significa riconoscersi non arbitri delle sorgenti della vita umana, ma piuttosto ministri del disegno stabilito dal creatore. Infatti, come sul suo corpo in generale l’uomo non ha un dominio illimitato, così non lo ha, con particolare ragione, sulle sue facoltà generative in quanto tali, a motivo della loro ordinazione intrinseca a suscitare la vita, di cui Dio è principio. «La vita umana è sacra, ricordava Giovanni XXIII; fin dal suo affiorare impegna direttamente l’azione creatrice di Dio».
Vie illecite per la regolazione della natalità
14. In conformità con questi principi fondamentali della visione umana e cristiana sul matrimonio, dobbiamo ancora una volta dichiarare che è assolutamente da escludere, come via lecita per la regolazione delle nascite, l’interruzione diretta del processo generativo già iniziato, e soprattutto l’aborto diretto, anche se procurato per ragioni terapeutiche. parimenti da condannare, come il magistero della chiesa ha più volte dichiarato, la sterilizzazione diretta, sia perpetua che temporanea, tanto dell’uomo che della donna. altresì esclusa ogni azione che, o in previsione dell’atto coniugale, o nel suo compimento, o nello sviluppo delle sue conseguenze naturali, si proponga, come scopo o come mezzo, di impedire la procreazione. Né, a giustificazione degli atti coniugali resi intenzionalmente infecondi, si possono invocare, come valide ragioni: che bisogna scegliere quel male che sembri meno grave o il fatto che tali atti costituirebbero un tutto con gli atti fecondi che furono posti o poi seguiranno, e quindi ne condividerebbero l’unica e identica bontà morale. In verità, se è lecito, talvolta, tollerare un minor male morale al fine di evitare un male maggiore o di promuovere un bene più grande, non è lecito, neppure per ragioni gravissime, fare il male, affinché ne venga il bene, cioè fare oggetto di un atto positivo di volontà ciò che è intrinsecamente disordine e quindi indegno della persona umana, anche se nell’intento di salvaguardare o promuovere beni individuali, familiari o sociali. quindi errore pensare che un atto coniugale, reso volutamente infecondo, e perciò intrinsecamente non onesto, possa essere coonestato dall’insieme di una vita coniugale feconda.
Liceità dei mezzi terapeutici
15. La chiesa, invece, non ritiene affatto illecito l’uso dei mezzi terapeutici necessari per curare malattie dell’organismo, anche se ne risultasse un impedimento, pur previsto, alla procreazione, purché tale impedimento non sia, per qualsiasi motivo, direttamente voluto.
Liceità del ricorso ai periodi infecondi
16. A questo insegnamento della chiesa sulla morale coniugale, si obietta oggi, come osservavamo sopra (n. 3), che è prerogativa dell’intelligenza umana dominare le energie offerte dalla natura irrazionale e orientarle verso un fine conforme al bene dell’uomo. Ora, alcuni si chiedono: nel caso presente, non è forse razionale, in circostanze così complesse, ricorrere al controllo artificiale delle nascite, se con ciò si ottiene l’armonia e la quiete della famiglia e migliori condizioni per l’educazione dei figli già nati? A questo quesito occorre rispondere con chiarezza: la chiesa è la prima a elogiare e a raccomandare l’intervento dell’intelligenza in un’opera che così da vicino associa la creatura ragionevole al suo creatore, ma afferma che ciò sideve fare nel rispetto dell’ordine da Dio stabilito. Se dunque per distanziare le nascite esistono seri motivi, derivanti dalle condizioni fisiche o psicologiche dei coniugi, o da circostanze esteriori, la chiesa insegna essere allora lecito tener conto dei ritmi naturali immanenti alle funzioni generative per l’uso del matrimonio nei soli periodi infecondi e così regolare la natalità senza offendere minimamente i principi morali che abbiamo ora ricordato. La chiesa è coerente con se stessa, sia quando ritiene lecito il ricorso ai periodi infecondi, sia quando condanna come sempre illecito l’uso dei mezzi direttamente contrari alla fecondazione, anche se ispirato da ragioni che possano apparire oneste e gravi. Infatti, i due casi differiscono completamente tra di loro: nel primo caso i coniugi usufruiscono legittimamente di una disposizione naturale; nell’altro caso essi impediscono lo svolgimento dei processi naturali. vero che, nell’uno e nell’altro caso, i coniugi concordano con mutuo e certo consenso di evitare la prole per ragioni plausibili, cercando la sicurezza che essa non verrà; ma è altresì vero che soltanto nel primo caso essi sanno rinunciare all’uso del matrimonio nei periodi fecondi quando, per giusti motivi, la procreazione non è desiderabile, usandone, poi, nei periodi agenesiaci a manifestazione di affetto e a salvaguardia della mutua fedeltà. Così facendo essi danno prova di amore veramente e integralmente onesto.
Gravi conseguenze dei metodi di regolazione artificiale della natalità
17. Gli uomini retti potranno ancora meglio convincersi della fondatezza della dottrina della chiesa in questo campo, se vorranno riflettere alle conseguenze dei metodi di regolazione artificiale delle nascite. Considerino, prima di tutto, quale via larga e facile aprirebbero così alla infedeltà coniugale ed all’abbassamento generale della moralità. Non ci vuole molta esperienza per conoscere la debolezza umana e per comprendere che gli uomini - i giovani specialmente, così vulnerabili su questo punto - hanno bisogno d’incoraggiamento a essere fedeli alla legge morale e non si deve loro offrire qualche facile mezzo per eluderne l’osservanza. Si può anche temere che l’uomo, abituandosi all’uso delle pratiche anticoncezionali, finisca per perdere il rispetto della donna e, senza più curarsi del suo equilibrio fisico e psicologico, arrivi a considerarla come semplice strumento di godimento egoistico e non più come la sua compagna, rispettata e amata. Si rifletta anche all’arma pericolosa che si verrebbe a mettere così tra le mani di autorità pubbliche, incuranti delle esigenze morali. Chi potrà rimproverare a un governo di applicare alla soluzione dei problemi della collettività ciò che fosse riconosciuto lecito ai coniugi per la soluzione di un problema familiare? Chi impedirà ai governanti di favorire e persino di imporre ai loro popoli, ogni qualvolta lo ritenessero necessario, il metodo di contraccezione da essi giudicato più efficace? In tal modo gli uomini, volendo evitare le difficoltà individuali, familiari o sociali che s’incontrano nell’osservanza della legge divina, arriverebbero a lasciare in balia dell’intervento delle autorità pubbliche il settore più personale e più riservato della intimità coniugale. Pertanto, se non si vuole esporre all’arbitrio degli uomini la missione di generare la vita, si devono necessariamente riconoscere limiti invalicabili alla possibilità di dominio dell’uomo sul proprio corpo e sulle sue funzioni; limiti che a nessun uomo, sia privato, sia rivestito di autorità, è lecito infrangere. E tali limiti non possono essere determinati che dal rispetto dovuto all’integrità del corpo umano e delle sue funzioni naturali secondo i principi sopra ricordati e secondo la retta intelligenza del principio di totalità, illustrato dal nostro Predecessore Pio XII.
La chiesa garante degli autentici valori umani
18. Si può prevedere che questo insegnamento non sarà forse da tutti facilmente accolto: troppe sono le voci, amplificate dai moderni mezzi di propaganda, che contrastano con quella della chiesa. A dir vero, questa non si meraviglia di essere fatta, a somiglianza del suo divin fondatore, «segno di contraddizione», ma non lascia per questo di proclamare con umile fermezza tutta la legge morale, sia naturale, che evangelica. Di essa la chiesa non è stata autrice, né può, quindi, esserne arbitra; ne è soltanto depositaria e interprete, senza mai poter dichiarare lecito quel che non lo è, per la sua intima e immutabile opposizione al vero bene dell’uomo. Nel difendere la morale coniugale nella sua integralità, la chiesa sa di contribuire all’instaurazione di una civiltà veramente umana; essa impegna l’uomo a non abdicare alla propria responsabilità per rimettersi ai mezzi tecnici; difende con ciò stesso la dignità dei coniugi. Fedele all’insegnamento come all’esempio del Salvatore, essa si dimostra amica sincera e disinteressata degli uomini che vuole aiutare, fin dal loro itinerario terrestre, «a partecipare come figli alla vita del Dio vivente, Padre di tutti gli uomini».
III. DIRETTIVE PASTORALI
La chiesa «madre e maestra»
19. La nostra parola non sarebbe espressione adeguata del pensiero e delle sollecitudini della chiesa, madre e maestra di tutte le genti, se, dopo aver richiamato gli uomini alla osservanza e al rispetto della legge divina riguardante il matrimonio, non li confortasse nella vita di una onesta regolazione della natalità, pur in mezzo alle difficili condizioni che oggi travagliano le famiglie e i popoli. La chiesa, infatti, non può avere altra condotta verso gli uomini da quella del Redentore: conosce la loro debolezza, ha compassione della folla, accoglie i peccatori; ma non può rinunciare a insegnare la legge che in realtà è quella propria di una vita umana restituita nella sua verità originaria e condotta dallo Spirito di Dio.
Possibilità della osservanza della legge divina
20. La dottrina della chiesa sulla regolazione della natalità, che promulga la legge divina, apparirà facilmente a molti di difficile o addirittura impossibile attuazione. E certamente, come tutte le realtà grandi e benefiche, essa richiede serio impegno e molti sforzi, individuali, familiari e sociali. Anzi, non sarebbe attuabile senza l’aiuto di Dio, che sorregge e corrobora la buona volontà degli uomini. Ma a chi ben riflette non potrà non apparire che tali sforzi sono nobilitanti per l’uomo e benefici per la comunità umana.
Padronanza di sé
21. Una retta e onesta pratica di regolazione della natalità richiede anzitutto dagli sposi che acquistino e posseggano solide convinzioni circa i veri valori della vita e della famiglia, e che tendano ad acquistare una perfetta padronanza di sé. Il dominio dell’istinto, mediante la ragione e la libera volontà, impone indubbiamente una ascesi, affinché le manifestazioni affettive della vita coniugale siano secondo il retto ordine e in particolare per l’osservanza della continenza periodica. Ma questa disciplina, propria della purezza degli sposi, ben lungi al nuocere all’amore coniugale, gli conferisce invece un più alto valore umano. Esige un continuo sforzo, ma grazie al suo benefico influsso i coniugi sviluppano integralmente la loro personalità, arricchendosi di valori spirituali: essa apporta alla vita familiare frutti di serenità e di pace e agevola la soluzione degli altri problemi; favorisce l’attenzione verso l’altro coniuge, aiuta gli sposi a bandire l’egoismo, nemico del vero amore, e approfondisce il loro senso di responsabilità nel compimento dei loro doveri. I genitori acquistano con essa la capacità di un influsso più profondo ed efficace per l’educazione dei figli; la fanciullezza e la gioventù crescono nella giusta stima dei valori umani e nello sviluppo sereno ed armonico delle loro facoltà spirituali e sensibili.
Creare un ambiente favorevole alla castità
22. Noi vogliamo in questa occasione richiamare l’attenzione degli educatori e di quanti assolvono compiti di responsabilità in ordine al bene comune dell’umana convivenza, sulla necessità di creare un clima favorevole all’educazione della castità, cioè al trionfo della sana libertà sulla licenza, mediante il rispetto dell’ordine morale. Tutto ciò che nei moderni mezzi di comunicazione sociale i alle eccitazioni dei sensi, alla sfrenatezza dei costumi, come pure ogni forma di pornografia o di spettacoli licenziosi, deve suscitare la franca e unanime reazione di tutte le persone sollecite del progresso della civiltà e della difesa dei beni supremi dello spirito umano. Invano si cercherebbe di giustificare queste depravazioni con pretese esigenze artistiche scientifiche o di trarre argomento dalla libertà lasciata in questo settore da parte delle pubbliche autorità.
Appello ai pubblici poteri
23. Ai governanti, che sono i principali responsabili del bene comune e tanto possono per la salvaguardia del costume orale, noi diciamo: non lascino che si degradi la moralità dei loro popoli; non accettino che si introducano in modo legale in quella cellula fondamentale dello stato, che è la famiglia, pratiche contrarie alla legge naturale e divina. Altra è la via mediante la quale i pubblici poteri possono e devono contribuire alla soluzione del problema demografico: è la via di una provvida politica familiare, di una saggia educazione dei popoli, rispettosa della legge morale e della libertà dei cittadini. Siamo ben consapevoli delle gravi difficoltà in cui versano i pubblici poteri a questo riguardo, specialmente nei paesi in via di sviluppo. Alle loro legittime preoccupazioni abbiamo consacrato la nostra enciclica Populorum progressio. Ma, con il nostro predecessore Giovanni XXIII, ripetiamo: «Queste difficoltà non vanno superate facendo ricorso a metodi e a mezzi che sono indegni dell’uomo e che trovano la loro spiegazione soltanto in una concezione prettamente materialistica dell’uomo stesso e della sua vita. La vera soluzione si trova soltanto nello sviluppo economico e nel progresso sociale, che rispettano e promuovono i veri valori umani individuali e sociali». Né si potrebbe senza grave ingiustizia rendere la divina Provvidenza responsabile di ciò che dipendesse invece da minore saggezza di governo, da un senso insufficiente della giustizia sociale, da egoistico accaparramento o ancora da biasimevole indolenza nell’affrontare gli sforzi e i sacrifici necessari per assicurare la elevazione del livello di vita di un popolo e di tutti i suoi figli. Che tutti i poteri responsabili - come certuni già fanno così lodevolmente - ravvivino generosamente i loro sforzi. E non cessi di estendersi l’aiuto vicendevole tra tutti i membri della grande famiglia umana: è un campo quasi illimitato che si apre così all’attività delle grandi organizzazioni internazionali.
Agli uomini di scienza
24. Vogliamo ora esprimere il nostro incoraggiamento agli uomini di scienza, i quali «possono dare un grande contributo al bene del matrimonio e della famiglia e alla pace delle coscienze, se, unendo i loro studi, cercheranno di chiarire più a fondo le diverse condizioni che favoriscono una onesta regolazione della procreazione umana». in particolare auspicabile che, secondo l’augurio formulato da Pio XII, la scienza medica riesca a dare una base sufficientemente sicura ad una regolazione delle nascite, fondata sull’osservanza dei ritmi naturali. Così gli uomini di scienza, e in modo speciale gli scienziati cattolici, contribuiranno a dimostrare con i fatti che, come la chiesa insegna, «non vi può essere vera contraddizione tra le leggi divine che reggono la trasmissione della vita e quelle che favoriscono un autentico amore coniugale».