Sergio Romano, Corriere della Sera 31/12/2007, 31 dicembre 2007
Caro Romano, vorrei un suo parere su alcuni risvolti, a mio avviso poco considerati, legati alle scelte politiche di alcuni senatori
Caro Romano, vorrei un suo parere su alcuni risvolti, a mio avviso poco considerati, legati alle scelte politiche di alcuni senatori. Con la legge elettorale con cui siamo andati a votare nel 2006, a mio avviso, i parlamentari hanno visto diminuire sensibilmente la loro libertà di movimento e di scelta all’interno delle aule parlamentari. Essendo stata eliminata la preferenza, e con i candidati imposti nei vari collegi dalle segreterie dei partiti, l’unica cosa che è rimasta agli elettori è stata la scelta di quale coalizione debba guidare il Paese. Trovo politicamente scorretto che un eletto con i voti di una coalizione o cambi schieramento (sen. Di Gregorio) o sfiduci il governo in carica (sen. Dini) o anche soltanto si permetta di essere dissenziente (sen. Turigliatto). Credo che il dissenso, ovviamente più che legittimo, con il cambiamento implicito alla pessima legge elettorale imposta nella passata legislatura, possa essere manifestato solo con le proprie dimissioni e in momenti in cui non viene messa a repentaglio la tenuta dell’esecutivo. Se adesso, dopo aver votato la fiducia, Lamberto Dini e i suoi si dimettessero, non avrei nulla da obiettare. Se dovessero rimanere al loro posto e determinare la fine della maggioranza con un voto di sfiducia, credo che eserciterebbero sì, un diritto sancito dalla Costituzione, ma che allo stato attuale delle cose si potrebbe configurare come un abuso della delega degli elettori. La «veste» di rappresentante del popolo, di fatto, ha mantenuto le stesse prerogative che aveva prima del «porcellum» di Calderoli? A mio avviso, no, ma non essendo un «costituzionalista» o un esperto, vorrei da lei una sua opinione in merito. Fulvio Ciancarini Roma I suoi argomenti sono moralmente solidi. Ma l’interessato potrebbe fare due obiezioni. In primo luogo potrebbe sostenere che gli accordi iniziali sono stati traditi dai suoi compagni di cordata e che egli ha quindi il diritto di dissociarsi. In secondo luogo potrebbe invocare l’art. 67 della Costituzione, secondo cui «ogni membro del Parlamento rappresenta la Nazione ed esercita le sue funzioni senza vincoli di mandato».