Eugenio Occorsio, la Repubblica 31/12/2007, 31 dicembre 2007
INCHIESTA DI EUGENIO OCCORSIO (LA REPUBBLICA) SUGLI SPRECHI NEI CONTI PUBBLICI
24/12/2007
ROMA - Gli uffici giudiziari sono troppi, disposti irrazionalmente, con una produttività del tutto insufficiente, e per di più dialogano con mezzi arcaici e troppo costosi. Le guardie carcerarie sono troppe in rapporto al numero dei detenuti. Le procedure di recupero dei soldi delle condanne non funzionano, e si spende più di quanto si recupera. Le intercettazioni, giuste o sbagliate che siano, costano troppo. Le procedure di esecuzione, i depositi giudiziari, il regime dei beni confiscati, tutto è gestito in modo antiquato e farraginoso, e si presta a sostanziali recuperi di efficienza. E´ impietosa la fotografia della Giustizia italiana, anche dal punto di vista amministrativo.
Gli uffici di via XX settembre sono attenti a distinguere le loro competenze e circoscriverle all´ambito economico. E´ implicita in ogni loro riflessione la consapevolezza che toccano punti sui quali la revisione dovrà essere politica. Però, per il loro compito, sono puntuali. Prendiamo le intercettazioni: «E´ urgente procedere alla forfettizzazione dei compensi agli operatori di telecomunicazioni, semplificando la contabilizzazione e il controllo», scrive il rapporto, che arriva a dire che si potrebbe arrivare ad imporre «la gratuità delle prestazioni, come già avviene in realtà statali simili alle nostre».
Altro intervento urgente, quello sulle carceri. Gli agenti di custodia sono troppi rispetto alle esigenze, e in buona parte dispersi in adempimenti amministrativi. I detenuti in Italia, segnala lo studio, erano quanti in Francia prima dell´indulto, poi sono diventati nettamente meno (sono scesi da 60 a 45mila). Eppure gli agenti restano quasi 42mila, contro i 30mila della Francia, paese che ci dà lezioni anche per le misure alternative alla detenzione, che interessano ben 150mila condannati. Dal punto di vista sanitario, lo studio si chiede perché a trent´anni dalla legge Basaglia siano ancora aperti molti manicomi giudiziari (Aversa, Napoli, Pozzo di Gotto, Reggio Emilia e altri) e non si siano trasferite le competenze alle Asl.
C´è poi la madre di tutte le questioni, i processi. Intanto, vanno ridotti: va introdotta, suggerisce la commissione, la norma che prevede la cancellazione dai ruoli se l´udienza va deserta anche una sola volta. Recuperare le somme delle condanne è talmente complicato (il 3% del totale inflitto) che in molti casi, come gli extracomunitari di cui non si conosce neanche l´indirizzo, è meglio lasciar perdere, almeno per piccole somme (2-300 euro, suggerisce la commissione). E poi la lentezza dei processi è tale da aggiungere al danno sociale la beffa degli oneri connessi con l´equa riparazione prevista dalla legge Pinto del 2001, che dà diritto a chi è danneggiato da un processo che supera il «termine ragionevole» di rivalersi sullo Stato: ben 20.390 procedimenti aggiuntivi che sono costati 41,5 milioni di euro negli ultimi 5 anni, di cui 17,9 nel 2006. Il problema cresce esponenzialmente: visto che quasi tutti i 50mila ricorsi civili superano i cinque anni di pendenza, calcola il rapporto, ogni anno vi sono 100mila soggetti con diritto all´indennizzo (hanno diritto entrambe le parti): ipotizzando un risarcimento medio di 4000 euro e un rimborso spese di 1000, si può arrivare a 500 milioni di euro annui.
Ancora: il 72% dei tribunali è sottodimensionato, ma avere un tribunale, tutti edifici di proprietà comunale per i quali lo Stato paga nel 2007 in affitti e rimborsi 227,2 milioni di euro, è considerata «un´occasione di prestigio localistico». Se si aggiunge l´urgenza di rivedere la figura dei giudici di pace, che percepiscono la discreta somma di 72mila euro l´anno ma sono utilizzati in modo discontinuo e disorganizzato, si capisce la «necessità di rivedere la geografia degli uffici giudiziari» con l´accorpamento dei tribunali minori. Il rapporto arriva a proporre «eventuali modalità alternative di erogazione del servizio di giustizia su base locale in assenza di una sede di tribunale». Sopravvivono poi nell´amministrazione giudiziaria mezzi di comunicazione antichi. Un´elementare riforma sarebbe l´uso generalizzato dell´e-mail: per rispondere all´esigenza di sicurezza, si può installare la posta elettronica certificata di recente introduzione.
(1-continua)
30/12/2007
ROMA - Un ministero trasformato in due, con il risultato che si sono moltiplicati i problemi di bilancio, di controllo, di verifica. E’ molto critica la Commissione Tecnica per la Finanza Pubblica nell’ analizzare la situazione finanziaria dei dicasteri dei Trasporti e delle Infrastrutture, e allo stesso tempo prudente: il processo di "spacchettamento" dei due ministeri (che erano divisi fino al 1999 quando c’ erano i Lavori Pubblici da una parte e i Trasporti dall’ altra, poi uniti e infine di nuovo divisi dal 2006) ha aperto la strada ad una serie di zone d’ ombra e di indistinte duplicazioni di funzioni in cui è urgente intervenire ai fini della revisione della spesa. Troppo rapido è stato l’ uno-due del merger del ’ 99 e dopo pochi anni della nuova divisione. «Come rileva anche la Corte dei Conti - si legge nel documento del Tesoro - sia per il 2006 che per il 2007 non è facile l’ analisi separata delle due amministrazioni, a causa della recente fusione seguita dal faticoso processo di accorpamento». Non avevano ancora fatto in tempo ad abituarsi a vivere insieme, che sono stati di nuovo divisi. Però in quest’ occasione i due ministeri vengono considerati per una volta ancora congiuntamente, e rappresentano il più importante centro di spesa dell’ amministrazione fra i quattro considerati dalla Commissione (ci sono poi Giustizia, Istruzione-Università e Interni): solo di impegni per spesa in conto capitale nel 2006 sono stati contabilizzati 4.781 milioni di euro, quasi il doppio rispetto agli Interni, secondo centro di spesa. Fra questi, i contributi agli investimenti alle imprese hanno assorbito 1.573 milioni (contro 233 milioni dell’ Istruzione e nulla di Giustizia e Interni), cui si sono aggiunti 696 milioni di altri trasferimenti vari in conto capitale e 1.898 milioni in contributi agli investimenti delle aziende autonome. In queste ultime - Anas, Anac e Ferrovie, società pubbliche indipendenti - i trasferimenti sono così cospicui che occorre sempre prestare massima attenzione per garantire un’ amministrazione corretta. I tecnici del Tesoro non approfondiscono l’ esame delle gestioni ma non mancano di avvertire quanto sia importante «l’ attività di revisione della spesa e di verifica dell’ efficacia nell’ utilizzo delle risorse trasferite». Il tutto senza mancare di annotare nei grafici e nelle tabelle che malgrado i recenti investimenti esiste ancora in Italia un gap ferroviario da colmare. C’ è anche, nello stesso comparto ferroviario, una serie di aziende sotto il controllo diretto dei Trasporti: Ferrovie della Calabria, Ferrovie apulo-lucane e Ferrovie del sud-est. Sono tutte tre a rischio di procedura fallimentare, eppure per ripristinare l’ economicità di gestione basterebbe cominciare col recuperare i crediti che vantano nei confronti delle regioni interessate. La delicatezza sociale del tema e i problemi dei rapporti con gli enti locali, avverte poi la commissione, non devono impedire che si avvii un intervento diretto di riduzione della spesa nel sostegno al trasporto pubblico locale, che è in assoluto il settore che assorbe la maggior quota di risorse. Passando al mare, per la Tirrenia - partecipata direttamente dai Trasporti - si raccomanda una ridefinizione delle rotte e poi il ricorso rapido a capitale privato (sono partite le procedure per la quotazione in Borsa). Per la Motorizzazione Civile, altra attività diretta dei Trasporti con ben 5.000 dipendenti pari al 90% del personale del ministero, si dovrebbero studiare meccanismi per un più rapido utilizzo delle entrate di cui è titolare (immatricolazioni, revisioni, sanzioni amministrative): «I procedimenti di riassegnazione di tali entrate - si legge nel documento - sono molto lunghi e causano notevoli problemi agli uffici che con tali somme dovrebbero affrontare le spese di funzionamento e porre in essere misure a sostegno della sicurezza stradale». Per quest’ ultimo cruciale tema, scrive più avanti il rapporto, non si impegnano più di 25 milioni di euro l’ anno, mentre potrebbero essere molti di più. Anche per le Capitanerie di Porto (che i Trasporti gestiscono in condominio con la Difesa) si deve mettere mano a una radicale strategia di razionalizzazione della spesa, «che deve riguardare l’ impiego del personale, l’ assetto organizzativo e la produttività delle strutture». Né sfuggono all’ attenzione del Tesoro i trasferimenti agli autotrasportatori, alla cantieristica, all’ armamento navale: «Sono da verificare gli utilizzi di tali fondi, la rispondenza fra erogazioni e finalità da perseguire, i gradi di effettivo utilizzo delle disponibilità». Quanto alle strutture interne dei due ministeri, la commissione propone di elaborare criteri e indicatori di efficienza, veri e propri benchmark su cui parametrare gli interventi: una revisione complessiva da estendere ad organismi come i provveditorati alle Opere Pubbliche, che sono un’ emanazione delle Infrastrutture e hanno responsabilità importantissime. La sola "missione" casa e assetto urbanistico ha assorbito quest’ anno risorse per 926 milioni di euro. (2-continua; il precedente articolo, sulla Giustizia, è stato pubblicato il 24 dicembre)
31/12/2007
ROMA - La prefettura di Brescia (206 comuni e 1.195.77 abitanti complessivi) ha ottanta dipendenti, pari a 0,67 addetti per 10.000 abitanti. La prefettura di Bari, 48 comuni e 1.596.364 abitanti (i dati sono al 31 dicembre 2006), conta invece 191 dipendenti, pari a 1,20 per 10mila abitanti. «La maggior dimensione della provincia, che dovrebbe consentire un miglioramento delle economie di scala, e il minor numero di comuni, che incide negativamente sul livello del fabbisogno, dovrebbero comportare un rapporto personale/popolazione inferiore a quello di Brescia: nella realtà il primo è quasi il doppio». E´ spietata la Commissione tecnica per la finanza pubblica del ministero dell´Economia quando analizza le risorse a disposizione del ministero dell´Interno, uno dei più complessi, intricati e soprattutto delicati fra i centri di spesa della pubblica amministrazione, nel suo Rapporto intermedio sulla revisione della spesa. «Può darsi che fattori quali i frequenti sbarchi di clandestini comportino maggior fabbisogno di personale - si legge nel rapporto - ma il divario è così ampio che difficilmente può essere spiegato». Al pari degli altri dicasteri, nel bilancio del Viminale si annidano sprechi, sovrapposizioni, disfunzioni. Il caso delle prefetture è emblematico: Campobasso (231.031 abitanti e 84 enti locali), per fare un altro esempio, ha un rapporto dipendenti/popolazione di 4,37 contro il 3,21 di Asti (215.074 abitanti e 118 comuni) e il 2,73 di Belluno (212mila abitanti e 58 comuni). Isernia ha un rapporto di 7,30, addirittura con più dipendenti di Imperia pur avendo 89.000 abitanti contro i 217.000 della città ligure. La situazione degenera nelle provincie di recente istituzione, al punto che probabilmente sarà da «riconsiderare l´assioma che prevede una prefettura per provincia».
Il problema della non ottimale distribuzione delle risorse si pone anche per le forze dell´ordine. A parte che l´avere cinque corpi di polizia (Polizia di Stato, Carabinieri, Forestali, Polizia Penitenziaria, Finanza), ognuno dei quali dipende da un ministero diverso, porta fatalmente a sprechi e duplicazioni, il rapporto giudica troppi 8.000 presidi dei Carabinieri, ora che per il controllo del territorio si possono usare le tecnologie (videosorveglianza, teleallarme) e le strade sono più efficienti. La materia è rilevante per il Viminale perché ad esso spetta il coordinamento fra le forze dell´ordine, e sul suo bilancio ricadono le spese di «casermaggio» dei Carabinieri. «L´accorpamento dei presidi porterebbe vantaggi di efficienza - scrivono i tecnici del Tesoro - perché si ridurrebbe il numero degli addetti al mero funzionamento dei presidi stessi». La commissione va oltre, e ipotizza la sostituzione di parte della spesa pubblica per la sicurezza con incentivi a privati e comuni perché installino impianti di allarme, telecamere e congegni di prevenzione, e con incentivi alle aziende perché utilizzino guardie giurate.
Tutto questo non significa sottrarre uomini all´ordine pubblico, avverte la Commissione. Anzi, va migliorato il contributo del personale civile nei ruoli amministrativi e di supporto, oltretutto spesso meno costoso degli agenti, per rendere operative più forze. Piuttosto, la Commissione, nell´analizzare con capillarità le voci di spesa, nota che ogni giorno risulta assente dal lavoro per malattia o ferie il 18% del personale di sicurezza: 2 agenti su 11. Altrettanto «meritevole di approfondimento» è il fatto che gli organici non sono aumentati ma la spesa del personale è cresciuta del 24%: va capito «quanto dell´incremento è dovuto alle componenti fisse, quanto a quelle accessorie delle retribuzioni, quanto è imputabile ad aumenti contrattuali, quanto a ridistribuzioni per qualifiche». E c´è poi nel Rapporto il sempre sconcertante elenco delle farraginosità burocratiche che appesantiscono il bilancio. Nel 2000 si crearono sette divisioni interregionali della Polizia per controllare e gestire meglio la rete: dopo oneri e complicazioni infiniti nel 2007 sono state soppresse. Ancora: nel 1999 si attribuirono agli Interni funzioni di indirizzo in coordinamento con l´Agenzia per la Protezione civile, nel 2001 l´Agenzia è stata soppressa, quindi nel 2005 si attribuì la titolarità piena a Palazzo Chigi lasciando agli Interni alcuni compiti connessi con le prefetture. Ogni volta sono spese, impegni di personale, risorse buttate.
(3-continua)