Enrico Franceschini, la Repubblica 31/12/2007, 31 dicembre 2007
Era una notte buia e tempestosa dell´anno di grazia 1641. La Merchant Royal, una goletta con un equipaggio di diciotto uomini e un carico inestimabile di pietre preziose, lingotti d´oro, monete d´argento, faceva rotta dalle coste dell´Inghiltera verso le Fiandre, dove avrebbe dovuto consegnare il suo tesoro a trentamila soldati spagnoli
Era una notte buia e tempestosa dell´anno di grazia 1641. La Merchant Royal, una goletta con un equipaggio di diciotto uomini e un carico inestimabile di pietre preziose, lingotti d´oro, monete d´argento, faceva rotta dalle coste dell´Inghiltera verso le Fiandre, dove avrebbe dovuto consegnare il suo tesoro a trentamila soldati spagnoli. Ma a trentacinque miglia al largo di Land´s End, la Fine della Terra, l´estremità sud-occidentale delle isole britanniche, nella nave si aprì una falla che in pochi minuti la fece affondare tra le onde di una tremenda burrasca. Non vi furono sopravissuti. Da allora l´imbarcazione è rimasta sepolta nel mare, con il suo prezioso contenuto, in un punto così profondo e talmente soggetto alle correnti che nessuno ha mai pensato di poterla recuperare. Non più. Nel maggio scorso una società denominata Odissey Marine Exploration ha annunciato di aver recuperato 500 mila monete d´argento, pesanti 17 tonnellate, da un vessillo misterioso di cui non ha voluto rivelare il nome, chiamandolo Black Swan, Cigno Nero, dal titolo di un vecchio film di cappa e spada hollywoodiano degli anni Quaranta. Quelle monete valgono almeno 350 milioni di euro, secondo gli esperti, e rappresentano soltanto una piccola porzione del bottino affondato con la Merchant Royale. Senonchè recuperarle è stato solo una parte della caccia al tesoro: il difficile viene adesso, con la disputa davanti a un tribunale della Florida per decidere a chi appartengono. Benvenuti nel mondo dei bucanieri del ventunesimo secolo, un mondo non meno spregiudicato, selvaggio e pittoresco di quello dei pirati che depredavano i galeoni nemici nei secoli passati. Si è sempre saputo che gli oceani pullulano di relitti carichi d´oro, d´argento e di gioielli, ma fino ad ora è stato maledettamente complicato, e in molti casi impossibile, metterci le mani sopra. Oggi il progresso tecnologico ha cambiato le cose anche a ventimila leghe sotto i mari. La caccia al tesoro è diventata un business, in cui piccole compagnie private si affrontano senza esclusione di colpi, spesso finanziate da grandi società di investimenti che puntano su di loro come se giocassero alla roulette: se perdono, hanno buttato via qualche milione di euro, ma se vincono possono intascarne dieci, cento o duecento volte tanti. Con l´aiuto di sistemi di rilevamento satellitari, radar computerizzati e altre diavolerie ad alta tecnologia, questi corsari del Duemila sono in grado di calcolare che circa tre milioni di velieri giacciono da qualche parte in fondo ai mari e agli oceani della terra. Di questi, naturalmente, solo una piccola minoranza trasportavano un carico di valore quando sono affondati, ma ce ne sono abbastanza, almeno tremila secondo una recente stima, per fare gola a un sacco di gente. Sicchè le operazioni per individuare le navi sommerse e portarne in superficie il contenuto si moltiplicano di mese in mese, suscitando almeno due tipi di obiezioni. La prima è di carattere scientifico. I moderni pirati non vanno per il sottile: cercano di pescare il tesoro, fregandosene di quello che gli sta intorno. In altre parole, il relitto della nave e tutto ciò che si trova a bordo viene ignorato o, peggio, distrutto durante le operazioni di recupero. «Per generazioni questi velieri erano come dei siti archeologici ben conservati, al sicuro perché situati a profondità inaccessibili all´uomo», dice il dottor David Gaimster all´Independent di Londra, che ha pubblicato una mappa dei tesori sottomarini. «Ma ora che possono essere raggiunti c´è il rischio che vengano saccheggiati senza alcun rispetto per il patrimonio storico e culturale che rappresentano, col risultato che sarà come se fossero dispersi per l´eternità». L´Unesco ha approvato nel 2001 una convenzione internazionale per la protezione del patrimonio culturale sottomarino, ma continue resistenze all´iniziativa da parte di Stati Uniti e Gran Bretagna hanno dato un segnale di via libera ai profittatori senza scrupoli. Due anni fa, in occasione del bicentenario della battaglia di Tafalgar, un gruppo bipartisan di parlamentari britannici ha cominciato a premere sul governo laburista, allora guidato da Blair, ora da Brown, perché firmasse la convenzione, ma non c´è ancora riuscito. La seconda è un´obiezione legale. Non è sempre chiaro a chi appartengano i tesori del mare. Nel caso dello Black Swan, per esempio, gli esperti britannici pensano che la nave misteriosa ritrovata dalla spedizione Odissey sia effettivamente la Merchant Royal, e che il suo contenuto spetti al Regno Unito; ma la Spagna è convinta che si tratti invece della Nuestra Senora de Mercedes, una nave spagnola da guerra affondata più o meno nella stessa epoca dalla flotta britannica al largo del Portogallo, e che il contenuto spetti dunque alle autorità di Madrid. Greg Stemm e Tom Dettweiller, i comandanti di Odissey, sostengono che è impossibile riconoscere il veliero recuperato, e che quindi, nel dubbio, il contenuto spetta a loro. La disputa deve essere risolta da un tribunale della Florida, dove il bottino da 350 milioni di euro era stato temporaneamente depositato. In attesa del verdetto, altri pirati del Duemila danno attivamente la caccia ad altri tesori sottomarini: dal relitto dello Jutland, una nave da guerra tedesca affondata nella prima guerra mondiale, a quello del Titanic, dalla Adventure del capitano Kidd affondata nel 1698 davanti al Madagascar alla Queen´s Anne, affondata nel 1718 al largo della North Carolina, per non parlare della flotta di quaranta navi spagnole che si credono affondate nei pressi della Florida tra il 1622 e il 1733. Notti buie e tempestose, corsari, cannoni, forzieri di monete d´oro e diamanti, capitani coraggiosi, vascelli che ossessionano le fantasie di moderni cercatori, come navi fantasma che continuano a solcare gli oceani con un tesoro nascosto nella stiva.