Giornali Vari, 17 dicembre 2007
Anno IV - Centonovantanovesima settimanaDal 10 al 17 dicembre 2007Subprime 1 L’evento più importante dell’anno è la crisi dei subprime, cioè il guaio in cui si sono trovate le banche, soprattutto americane, che negli ultimi cinque anni hanno prestato soldi a persone senza garanzie per indurle a comprar casa
Anno IV - Centonovantanovesima settimana
Dal 10 al 17 dicembre 2007
Subprime 1 L’evento più importante dell’anno è la crisi dei subprime, cioè il guaio in cui si sono trovate le banche, soprattutto americane, che negli ultimi cinque anni hanno prestato soldi a persone senza garanzie per indurle a comprar casa. Il calcolo delle banche, come si sa, era questo: il valore delle case in America negli ultimi trent’anni è sempre aumentato e perciò, se i mutuatari a un certo punto non pagheranno, ci rifaremo sequestrando gli immobili. Quando i mutuatari hanno effettivamente cominciato a non pagare, però, il valore delle case era sceso, e di parecchio: sequestrare gli immobili, a parte i gravi problemi di ordine sociale, avrebbe significato solo certificare le perdite. L’ultima stima sulla quantità di soldi in ballo parla di 200 miliardi di dollari. Ma c’è da crederci poco: sono passati quattro mesi dal primo crollo in Borsa (9 agosto) e in realtà nessuno è in grado di dire a quanto ammonta il denaro prestato.
Subprime 2 La crisi dei mutui ha valenza planetaria perché le banche americane, dopo aver prestato i soldi, hanno impacchettato il loro credito in un’obbligazione e l’hanno piazzata sul mercato. Altre banche sparse in tutto il mondo, fidandosi della tripla A concessa da agenzie di rating compiacenti, hanno comprato e, quando è scoppiata la crisi, il flusso di capitali tra banche s’è bloccato: nessun istituto si fidava più dell’altro, tutti temevano che i titoli offerti in garanzia per ottenere finanziamenti fossero taroccati. Mentre si annunciavano perdite molto consistenti in una quantità impressionante di aziende finanziarie, le due banche centrali - quella americana, cioè la Fed, e quella europea, cioè la Bce - si sono fatte carico dei titoli dubbi prestando soldi a destra e a manca (quelli che i giornali chiamano pudicamente ”immissioni di liquidità”) e alimentando così le spinte inflattive. A giugno sia la Fed che la Bce avevano annunciato aumenti del tasso di sconto. Da settembre, la Bce ha rinunciato ad ogni aumento e la Fed ha ridotto il costo del denaro, in varie tappe, di un punto. L’inflazione è ripresa, non solo grazie ai tentativi disperati delle banche centrali di arginare la crisi mondiale immettendo liquidità nel sistema (tentativi che fino ad ora devono considerarsi sostanzialmente falliti), ma perché il petrolio è arrivato a cento dollari e i prezzi di tutte le materie prime sono schizzati verso l’alto, a causa della grande domanda sviluppata da Cina e India e, relativamente agli alimentari (pane, pasta, carne), al fatto che su molti terreni prima coltivati a grano si fanno crescere adesso pannocchie per etanolo, da cui estrarre il preteso carburante del futuro. un palliativo anche questo perché tutta la superficie terrestre non sarebbe sufficiente a produrre abbastanza benzina per soddisfare la domanda mondiale (e poi andremmo sì in macchina, ma moriremmo di fame).
Italia In Italia Prodi, ad onta di una debolezza politica che non ha riscontri nella storia passata del Paese, sta ancora in piedi. Ha superato la crisi di febbraio - quando fu mandato sotto sulla politica estera - e ha saltato una quantità di trappole: dallo scandalo del portavoce Sircana, sorpreso a colloquio con un transessuale, alle tensioni con la sua ala sinistra per la nostra presenza in Afghanistan e per la base americana di Vicenza. Altri pericoli aggirati: il sequestro del giornalista di Repubblica Mastrogiacomo, riportato a casa tra mille polemiche per la solita cedevolezza italiana al ricatto e per uno stile di trattativa parecchio farraginoso; un turno di amministrative molto negativo per il centro-sinistra, che ha anticipato la natura dei sondaggi di tutto l’anno: per il govero perennemente in discesa; soprattutto la nascita del Partito democratico, cioè del soggetto politico prodotto dalla fusione tra Ds e Margherita. Il capo di questo nuovo partito è Walter Veltroni, che resta sindaco di Roma e nello stesso tempo si candida a contendere Palazzo Chigi a Berlusconi (quando sarà). Intanto però Veltroni e Berlusconi non contendono, ma si intendono invece sulla necessità di dare al Paese una nuova legge elettorale che abbia logica proporzionale e vocazione maggioritaria, cioè che sia in grado di tagliare i partiti troppo piccoli. L’intesa tra i leader dei due partiti più forti - che al momento sembra assai solida - ha scatenato la reazione degli alleati dell’uno e dell’altro. Il Polo delle Libertà è finito e tra Berlusconi da una parte e il duo Fini-Casini dall’altra volano gli stracci. Dall’altra parte Bertinotti ha decretato la fine dell’esperienza di governo, la sinistra radicale s’accapiglia con Dini, nuove spaccature si sono prodotte sull’Alitalia, che non si riesce a vendere e che questi vorrebbero dare ai francesi di Air France e quelli agli abruzzesi di Air One.
Unicredit Il sistema bancario, almeno da noi, appare sempre più il vero padrone della situazione. Ha orientato la vendita di Telecom, che non appartiene più a Tronchetti, ma alla spagnola Telefonica accompagnata dai nostri istituti di credito. Ha soprattutto prodotto, grazie alla fusione tra Unicredit e Capitalia, un nuovo colosso del credito. Geronzi ha smesso di fare il banchiere a Roma e, nonostante i guai giudiziari, è adesso al vertice di Mediobanca. La vecchia Capitalia, già Banca di Roma, non esiste più.
Mondo Nel mondo brilla la stella di Angela Merkel, il cancelliere tedesco che Forbes ha giudicato per il secondo anno consecutivo la donna più potente del mondo. Le sue quotazioni in Germania sono alle stelle, mentre quelle dei suoi alleati sono pericolosamente in ribasso. Merkel ha portato a casa risultati notevolissimi: pareggio di bilancio, innalzamento a 67 anni dell’età pensionabile, forte ripresa economica, grande autorevolezza internazionale. Ha messo a posto Putin che voleva ricattare l’Europa col gas, ha proposto a Bush di fare il mercato comune euro-americano. Nell’anno in cui Tony Blair è uscito di scena sostituito da Gordon Brown, l’uomo forte della Ue sarebbe Nicolas Sarkozy, eletto presidente dai francesi dopo un bel match con la signora Ségolène Royal. Ma Sarkozy s’è insediato da appena sei mesi e, nonostante tutto, non ha ancora fatto vedere granché. Per ora, come uomo forte, è meglio Angela.