Piergiorgio Odifreddi, la Repubblica 28/12/2007, 28 dicembre 2007
Ho incontrato Jacques Derrida per la prima volta la sera del 30 ottobre 1998, a Torino. Passeggiando nelle nebbie autunnali della città, dopo che lui aveva manifestato un perplesso stupore, o una stupita perplessità, per il fatto che un matematico conoscesse abbastanza della sua filosofia da poterne parlare con lui, io gli confessai di averne capito qualcosa solo grazie a due esposizioni a fumetti: Derrida for beginners, "Derrida per principianti", di Jim Powell e Introducing Derrida, "Introduzione a Derrida", di Jeff Collins e Bill Mayblin
Ho incontrato Jacques Derrida per la prima volta la sera del 30 ottobre 1998, a Torino. Passeggiando nelle nebbie autunnali della città, dopo che lui aveva manifestato un perplesso stupore, o una stupita perplessità, per il fatto che un matematico conoscesse abbastanza della sua filosofia da poterne parlare con lui, io gli confessai di averne capito qualcosa solo grazie a due esposizioni a fumetti: Derrida for beginners, "Derrida per principianti", di Jim Powell e Introducing Derrida, "Introduzione a Derrida", di Jeff Collins e Bill Mayblin. Invece di offendersi, lui mi disse che li conosceva entrambi, e uno in particolare gli sembrava un´ottima introduzione al suo pensiero, che come tutti sanno egli volutamente occultava dietro un linguaggio impenetrabile e una scrittura illeggibile. All´epoca questa reazione nonchalant mi sorprese, ma col senno di poi mi accorgo che forse non avrei dovuto. Come tipico esponente della filosofia continentale, Derrida poteva infatti a ragione considerare un fumetto sul proprio pensiero alla stregua di un delitto di lesa oscurità. Ma come assiduo frequentatore delle università statunitensi, si era evidentemente adeguato (senza ovviamente condividerlo, e meno che mai praticarlo) all´atteggiamento tipico della filosofia analitica, espresso dal motto del Trattato di Wittgenstein: «Ciò che si può dire, si può dire in tre parole». E, aggiungerebbero gli editori delle due fortunate serie a cui appartengono i due libri citati, «si può anche illustrare con tre figure». Ora, tre figure con tre parole fanno appunto un fumetto: cioè, un interessante ponte sinestetico fra l´astrazione linguistica e la concretezza visiva, che trova nella semplificazione di entrambe il proprio registro a metà strada tra la letteratura e la pittura. Viceversa, spesso la letteratura e la pittura si sono congiunte per produrre una forma sofisticata di fumetto: come tali si possono ad esempio vedere, naturalmente con scandalo dei benpensanti, i cicli di Giotto e di Michelangelo sulla Bibbia, o le illustrazioni del Doré e di Dalí della Divina Commedia. In ogni caso, la pittura con didascalie (o, più generalmente, didascalica) condivide coi fumetti l´obiettivo di veicolare un messaggio nella forma più immediata possibile, e spesso non costituisce altro che una forma di pubblicità più o meno diretta ed esplicita: lo sapevano benissimo papi e re, che ad essa affidarono spesso la divulgazione (e, ancora più spesso, la volgarizzazione) delle proprie mitologie. Oggi poi non sono più soltanto la religione e la politica a pubblicizzarsi attraverso i fumetti e i loro surrogati, dai manifesti ai cartoni animati, ma anche l´industria e il commercio: e se questo è il linguaggio che la gente mostra di capire e gradire, perché mai non dovrebbero usarlo anche gli scienziati e, soprattutto, i divulgatori? Infatti lo fanno, e anche da noi l´editoria incomincia ad accorgersene e ad analizzare il fenomeno. Ne è un esempio La scienza tra le nuvole di Pier Luigi Gaspa e Giulio Giorello (Cortina, pagg. 400, euro 26,50), rispettivamente «un biologo prestato ai fumetti e non più restituito» e il più noto filosofo della scienza italiano, la cui costante attenzione per il genere era già testimoniata da prefazioni che vanno da Tutti i misteri di Dylan Dog di Tiziano Sclavi (Mondadori, 1995) a Rat-Man di Leo Ortolani (Rizzoli, 2006). Il libro di Gaspa e Giorello spazia a tutto campo nell´universo dei fumetti, da Topolino e Paperino a Tex Willer e Satanik, riportando centinaia di illustrazioni originali e istituendo stimolanti connessioni con i più disparati aspetti della scienza, da Newton e Darwin a Heisenberg e Oppenheimer. All´estremo opposto si situa La scienza dei Simpson di Marco Malaspina (Sironi, pagg. 192, europ 16), che si concentra invece sull´omonima e fortunata serie televisiva, arrivata ormai a 400 episodi in quasi 20 anni, con una media di 60 milioni di spettatori a settimana in 70 paesi. E, tanto per dirne una, il libro racconta che in un episodio si vede per qualche secondo la formula «1782 alla 12 + 1841 alla 12 = 1922 alla 12», che se fosse vera sarebbe un imbarazzante controesempio all´ultimo teorema di Fermat, dimostrato da Andrew Wiles pochi mesi prima della messa in onda di quello stesso episodio. Non lo è, naturalmente, ma a una verifica su una calcolatrice tascabile sembra effettivamente esserlo, per via degli arrotondamenti. E quando qualche spettatore fece notare alla produzione che il trucco si scopre a occhio nudo, perché il primo membro è dispari e il secondo pari, dopo qualche puntata vide apparire su una lavagna l´equazione «3987 alla 12 + 4365 alla 12 = 4472 alla 12»: alla faccia dei Simpson! Il tentativo più ambizioso di cavare il sangue della scienza dalla rapa dei fumetti è però La fisica dei supereroi di James Kakalios (Einaudi, pagg. 396, euro 15,50), che sembra addirittura un vero e proprio testo scolastico, suddiviso nelle classiche discipline della fisica moderna: meccanica classica, termodinamica, elettromagnetismo e meccanica quantistica. Anzi, lo è, visto che deriva dal corso «Tutto ciò che so della scienza l´ho imparato dai fumetti» tenuto all´università dall´autore per il divertimento dei suoi studenti, ben felici di sostituire i noiosi testi canonici con i ben più divertenti supereroi. Questi sono naturalmente inverosimili, ma le loro avventure, come d´altronde anche i romanzi di Saramago, richiedono spesso soltanto una sospensione dell´incredulità confinata a una singola «eccezione miracolosa»: il resto segue secondo i princìpi della scienza, ed è a questo che si appiglia Kakalios per la sua riuscita divulgazione. Prendiamo ad esempio Superman, il prototipo di tutti i supereroi, creato nel 1938 da Jerry Siegel e Joseph Shuster: i poteri speciali gli derivano dalle sue origini extraterrestri, in particolare dal fatto che il pianeta Krypton dal quale proviene aveva una gravità molto maggiore della nostra. Nelle storie originarie, prima che la fantascienza di questo fumetto degenerasse in pura fantasia, Superman poteva superare un grattacielo di 200 metri con un balzo dal marciapiede: da questo dato, sviluppando quanto basta della fisica del moto e della gravitazione, si arriva in poche pagine a calcolare che Krypton doveva avere nel proprio centro il nucleo di una stella a neutroni, il che spiega di passaggio anche perché è esploso. O prendiamo Spider-Man, alias Uomo Ragno, creato nel 1962 da Stan Lee e Steve Ditko: questa volta i suoi poteri derivano da un morso datogli da un ragno, geneticamente modificato da un´irradiazione radioattiva accidentale. La tela che egli secerne fornisce lo spunto per parlare della vera tela del comune ragno, che è sorprendentemente cinque volte più forte dei cavi d´acciaio e più elastica del nylon: non solo, dunque, l´Uomo Ragno può realisticamente usarla per le sue avventure fantastiche, ma l´uomo normale sta cercando di sfruttarla a fini commerciali. E, a volte, in maniera più fantastica di quanto possano immaginare i fumetti: ad esempio, impiantando il gene del ragno che produce la seta in animali, piante, batteri e virus, nel tentativo di trovare un modo efficiente per produrla in maniera industriale. Naturalmente, non tutti i supereroi sono positivi: un controesempio è costituito dalla coppia Elettro e Magneto, i cui intuibili poteri permettono di affrontare le non banali proprietà dell´elettromagnetismo. Partendo dalle avventure di questi e altri personaggi dei fumetti, Kakalios riesce a confezionare un libro pieno di informazioni teoriche e di applicazioni pratiche: ad esempio, spiegandoci come e perché funzionano le mine delle matite, i velcri delle scarpe, i rubinetti dell´acqua, i doppi vetri delle finestre, i frigoriferi, i forni a microonde, gli airbag, le luci al neon, gli isolanti, i transistor, i telecomandi, le cellule solari e tante altre angeliche diavolerie che quotidianamente tutti usiamo come selvaggi, completamente ignari di cosa stia loro dietro. A proposito di angeli e demoni, in una noticina sulle sostanze tissotropiche come il ketchup, che diminuiscono la propria viscosità e diventano liquide quando vengono scosse e agitate, il libro ci fornisce addirittura una semplice spiegazione del «miracolo» del sangue di San Gennaro. E ci suggerisce che se l´ora di religione e il Catechismo fossero sostituiti con un´ora di fumetti e questo libro, i nostri ragazzi diventerebbero sicuramente più colti e meno superstiziosi, e forse risalirebbero qualche posizione dalle code delle classifiche scientifiche che da anni occupano in Europa e nel mondo, per loro e nostra vergogna. Non è detto, naturalmente, ma non varrebbe almeno la pena di tentare?