Corriere della Sera 28/12/2007 - Lettere, 28 dicembre 2007
Watson e la replicazione del Dna Quando si descrive Watson come «intelligentissimo» ( Corriere, 10 dicembre), è bene tener presente quanto segue: «Sia chiaro che non ero entrato a 15 anni all’Università di Chicago grazie al mio alto quoziente d’intelligenza
Watson e la replicazione del Dna Quando si descrive Watson come «intelligentissimo» ( Corriere, 10 dicembre), è bene tener presente quanto segue: «Sia chiaro che non ero entrato a 15 anni all’Università di Chicago grazie al mio alto quoziente d’intelligenza. Ero lontanissimo dall’essere un bambino prodigio tipo Wally Gilbert (un altro famoso scienziato americano, Nobel nel 1980 per la messa a punto di un’analisi chimica del Dna). La mia prematura uscita dal Liceo di South Shore rifletteva invece il fatto che Robert Hutchins, allora giovanissimo rettore di quell’Università, considerava i licei americani disastri impossibili da riformare. Invece di sprecare denaro per migliorarli, adottò la semplice soluzione di ammettere all’Università i quindicenni (...) I miei primi due anni all’Università non furono un grande successo: la mia media, sul B (equivalente al nostro 24), era la conferma delle mie tutt’altro che geniali qualità». La citazione è attendibile: viene dal libro «A passion for Dna. Genes, genomes, and society», di J. D. Watson, pubblicato nel 2000 da Cold Spring Harbor Laboratory Press. Che la scoperta della doppia elica del Dna sia importantissima, è innegabile. Meno che il merito sia (solo) di Watson e Crick, che ci arrivarono vincendo una volata in modo non irreprensibile: loro merito indiscusso è aver indovinato le modalità essenziali della replicazione del Dna. Vittorio Sgaramella Direttore Sezione Genetica e Biologia molecolare Parco Tecnologico Padano