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 2007  dicembre 30 Domenica calendario

Alcuni ex consiglieri e dirigenti di Mediobanca e dell’Iri mi hanno fatto pervenire le loro chiose alle rievocazioni fatte nel centenario di Enrico Cuccia

Alcuni ex consiglieri e dirigenti di Mediobanca e dell’Iri mi hanno fatto pervenire le loro chiose alle rievocazioni fatte nel centenario di Enrico Cuccia. Ecco le tre più interessanti. 1) Antonio Maccanico sostiene che Romano Prodi e Bettino Craxi approvarono la privatizzazione di Mediobanca. E’ vero, ma prima ci furono scontri e contrattazioni. All’inizio del 1985, il governo Craxi, a mezzo dei ministri Darida e Goria, rese noto il patto parasociale che parificava le banche Iri (che avevano il 56% di Mediobanca) ai privati (6%), non più giustificabile dopo trent’anni. Per escludere il settantottenne Cuccia, si vietò alle banche Iri di nominare in Mediobanca consiglieri oltre i 70 anni. Essendo di designazione pubblico-privata, Gianni Agnelli si offrì di lasciare a favore del banchiere, ma il rappresentante del Banco di Roma, contrario, chiese una sospensione, telefonò al ministro Darida e a Prodi, presidente dell’Iri, e questi obbligarono Comit e Credit a non accettare. La tensione era tale che l’assemblea del 1986 venne rinviata di un mese. Disse Leopoldo Pirelli: «Il problema è la volontà dell’ Iri di prendere possesso di Mediobanca, non Cuccia». Ma come pretendere che il 56% non contasse nulla? Cuccia venne infine nominato perché il socio Lazard gli cedette la poltrona di Jean Guyot, ma poi, grazie a Maccanico, si ridefinirono gli assetti: le banche vendettero parte delle loro azioni e i maggiori clienti di Mediobanca le acquistarono. L’autonomia dell’istituto veniva salvaguardata, e però al prezzo di un coacervo di conflitti d’interesse che ancora sopravvive. Prodi rese una visita di pace a Cuccia, e Mediobanca prese il 5% di Nomisma. Craxi non si oppose, e Mediobanca cooptò Salvatore Ligresti e salvò la sua Premafin dai debiti. 2) Sandro Gerbi riferisce sul Sole 24 Ore dello scetticismo di Cuccia sul risanamento dell’Iri. Il Giornale ne riparla come di rivelazioni postume che smontano i meriti di Prodi. In realtà, conti alla mano, L’Espresso aveva criticato già all’epoca la cover story trionfalistica di un famoso settimanale americano sul professore. I rapporti di Mediobanca sulle principali società rivelarono poi che le svalutazioni non venivano registrate a conto economico, ma addebitate allo stato patrimoniale: una bizzarria statutaria dell’ Iri, che troverà imitatori pure nel campo privato. L’utile 1989, di 894 miliardi di lire, si valeva di 592 miliardi di profitti bancari e di 763 miliardi di contributi pubblici. Il risanamento c’era stato, ma a metà. Lo si sa da sempre. 3) Alla commemorazione, parlando dell’Istituto europeo di oncologia, Umberto Veronesi ha raccontato di aver convinto il consiglio di amministrazione di Mediobanca a costruire un centro scientifico, e non un nuovo ospedale in cerca di profitti. E che Cuccia intervenne a zittire i mormorii. In realtà, vi fu un solo consiglio che approvò, senza esterni, il progetto del centro di ricerca. E’ probabile che il professor Veronesi, scelto su consiglio del professor Bartorelli, sia intervenuto in sede non ufficiale. Del resto, considerando la sanità pubblica un cattivo affare e quella privata un affare dubbio, Cuccia volle che lo Ieo, in aderenza al credo veronesiano, reinvestisse per statuto gli eventuali profitti.