Christopher Hitchens, Corriere della Sera 30/12/2007, 30 dicembre 2007
DAL NOSTRO INVIATO
ISLAMABAD – I camerieri del Serena Hotel la spolverano come una reliquia. Le girano larghi. L’indice, un sussurro, gli occhi su quella poltroncina rossa: «Giovedì mattina, Mrs Bhutto era seduta lì. Ha chiesto un tè. Poi è andata al comizio di Rawalpindi. A morire». Metteranno una targa, forse: «Di sicuro, lì nessuno si siede più». Chi si accomoda, muore: è la legge dei Bhutto, dal vecchio Alì impiccato ai due fratelli di Benazir, Shahnawaz e Murtaza, uno (forse) avvelenato e l’altro impallinato. Chi si accomoda, comanda: «Ne va della democrazia», scrive
The News, «e la leadership del Partito popolare pakistano non può restare vuota troppo a lungo».
Ppp, Pakistan Plot Party, lo chiamano adesso: il partito dei complotti. Perché sepolta la martire, c’è un’opposizione da rianimare. Interessi da tenere. Alleati stranieri da compiacere. E una scelta da fare: andare al voto l’8 gennaio senza Benazir, sfruttando l’onda emotiva, o accettare un rinvio trovando un altro capo? Oggi si decide. Nawaz Sharif, il predestinato premier già deposto da Musharraf, è per il boicottaggio: teme irregolarità e, soprattutto, di fare il gioco del governo. Asif Ali Zardari, il vedovo, a bara ancora aperta ha chiesto d’aprire anche le urne e oggi renderà pubblica lettura, per bocca d’un figlio, del «testamento politico» di Benazir: «Io il successore? Dipende da quel che il partito vorrà».
Il partito è ferito, viva il partito. Asif è favorito, dicono: è stato ministro, ha fatto tre anni di galera sotto Musharraf, e poco importano le chiacchiere sulle tangenti, sulle case a Manhattan, a Dubai e nel Surrey inglese, sui 13 milioni di dollari che i giudici svizzeri congelarono a lui e alla moglie. Nella coalizione che sfida Musharraf ribollono i telefonini. I leader sopravvissuti arrangiano una strategia. E anche gli altri Bhutto non sembrano all’altezza. Troppo vecchia Nusrat, la mamma ottantenne, troppo giovane il primogenito Bilawal, 19 anni, che pure qualche indiscrezione vorrebbe alla testa del partito. Fuori gioco le altre due figlie, Bakhtawar e Asi-fa, 17 e 14. L’unica che porti il cognome della dinastia e da tempo scalpita è Fatima, la nipote, che ha 25 anni e nel 1996 rimase orfana di Murtaza Bhutto, ucciso dalla polizia a Karachi proprio quando al governo c’era zia Benazir. La ragazza è graziosa, ha studiato in America, pubblica in versi i «Sussurri del deserto», è iscritta al Ppp assieme alla mamma siriana, Ghinwa, ma d’essere poco in linea non l’ha mai sussurrato: solo un mese fa, ha definito la zia «la donna più pericolosa del Pakistan», ha rispolverato la corruzione del suo clan, le ha rinfacciato d’essere dietro la morte di papà Murtaza. Fatima è impopolare. Ora però c’è chi la spinge a fare il gran passo. E ieri a sorpresa la poetessa se n’è uscita con un articolo dedicato a «Wadi Bua» («da bambina la chiamavo così, in sindhi vuol dire vecchia zia»), ha ammesso d’avere avuto un «rapporto complicato» con lei e specialmente con zio Asif («non condividevo niente degli opportunisti che la circondavano»), ma alla fine elenca i tanti punti comuni («leggevamo gli stessi libri, mangiavamo gli stessi dolcetti, soffrivamo delle stesse otiti») e promette: «Ora basta. E’ il momento di stare calmi. E di dire che la nostra famiglia piange e ne ha abbastanza ». Lei sembra crederci: morta una Bhutto, se ne fa subito un’altra?
F. Bat.
Orfana
Fatima, la nipote di Benazir Bhutto, ha 25 anni e nel 1996 rimase orfana di Murtaza Bhutto, ucciso dalla polizia a Karachi proprio quando al governo c’era zia Benazir. Ieri a sorpresa se n’è uscita con un articolo dedicato a «Wadi Bua» («da bambina la chiamavo così, in sindhi vuol dire vecchia zia»), ha ammesso d’avere avuto un «rapporto complicato» con lei
Stesso cognome
L’unica che porti il cognome della dinastia e da tempo scalpita è la nipote: la ragazza è graziosa, ha studiato in America, pubblica in versi i «Sussurri del deserto»,è iscritta al Ppp assieme alla mamma siriana