Fabio Ferzetti, Il Messaggero 29/12/2007, 29 dicembre 2007
ALTRO che derby fra cinepanettoni! Il Natale al cinema si gioca anche in libreria e i massimi contendenti sono due ”maggiorati”, per taglia e per erudizione, che si disputano il pubblico della cinèfilia di massa a colpi di dizionari
ALTRO che derby fra cinepanettoni! Il Natale al cinema si gioca anche in libreria e i massimi contendenti sono due ”maggiorati”, per taglia e per erudizione, che si disputano il pubblico della cinèfilia di massa a colpi di dizionari. Informatissimi, aggiornatissimi. E a volte è il sale della critica faziosissimi. Non parliamo della Lollo e della Loren naturalmente, ma del Mereghetti e del Morandini, in ordine alfabetico ma anche di apparizione (il primo Mereghetti uscì a fine 1992), vere enciclopedie in progress che sistematizzano lo scibile cinematografico in decine di migliaia di schede, utilissime come promemoria ma destinate anche a rinfocolare discussioni fra appassionati e, soprattutto, a registrare l’esistenza di molti film perduti e ritrovati. Come facciano due strumenti così simili a convivere in un mercato non proprio rigoglioso come il nostro, è un mistero e insieme un segno di vitalità. Si capisce però che Morando Morandini e Paolo Mereghetti, titolari ma autori non unici delle loro creature, tengano a differenziarsi. Il Morandini ad esempio, alla 10ma edizione nel 2008, che Morando scriveva con la moglie Laura e la figlia Luisa (oggi purtroppo rimasta unica collaboratrice), abbina al volume un cd-rom che oltre a permettere agili ricerche incrociate contiene più di 6000 immagini e tutte le schede, mentre su carta ogni anno di circa 2000 film restano solo titolo e credits, cosa che consente al dizionario di mantenere costo e ingombro immutati (Zanichelli, 2048 pagine, euro 27,20 o 34,40 con cd). Viceversa il Mereghetti, aggiornandosi ogni due anni, esce ormai in tre tomi, due di schede e uno di indici (Baldini & Castoldi, 6375 pagine, 44,50 euro). Anche perché oltre ai film usciti in sala i due dizionari gareggiano nell’inserire recuperi o rarità viste solo in home video o in tv, satellitari comprese (anche se nessuno dei due, chissà perché, segnala come meriterebbero le nuove voci). Il resto lo fanno la segnaletica interna (decisamente più curata nel Morandini, che alle inevitabili stellette affianca i pallini per segnalare il gradimento del pubblico e sottolinea i film adatti ai ragazzi). La completezza (qui vince ai punti il Mereghetti). E naturalmente il gusto e il ”tono” degli estensori. Pure qui però bisogna distinguere. A prima vista le schede del Mereghetti sono più ampie (e spesso più brusche), il Morandini contestualizza molto, dunque tende a una qualche indulgenza. Ma a sfogliare i due dizionari non mancano le sorprese. Il ruvido Mereghetti ad esempio è molto tenero con La ricerca della felicità di Muccino e con Saturno contro di Ozpetek; mentre Morandini, oggi meno stringato di una volta, fa le bucce a entrambi. Se invece andiamo a Kill Bill di Tarantino, Morandini si entusiasma, Mereghetti moraleggia. In compenso entrambi, pur sottolineando l’exploit del documentario, prendono sottogamba L’orchestra di Piazza Vittorio (Mereghetti addirittura lo strapazza). E tutti e due, di nuovo, esaltano l’affascinante ma impenetrabile INLAND EMPIRE di David Lynch, giungendo a preferirlo al capolavoro Mulholland Drive. Ma queste sono sfumature, sensibilità individuali. In tempi di web e di wikipedia, il vero valore aggiunto di opere come queste lo fanno la completezza e la ”navigabilità”. Non a caso entrambi insistono sulle voci monografiche dedicate a personaggi o a serie celebri. Con scelte curiosamente molto diverse perché a parte gli inevitabili Dracula, Maciste, Dr. Jekyll e Billy the Kid, Mereghetti schiera Batman, Barbablù, Gesù (bel colpo!), ma anche le Elegie di Sokurov e le Silly Symphonies di Walt Disney, mentre Morandini risponde con Bruce Lee, Arsenio Lupin, la Mummia, Vidocq e Philo Vance. Poi è il bello della concorrenza ci sono gli assi nella manica. Morandini cita circa 60 nuove voci dedicate a classici di oggi e di ieri, da Bergman a Jarmusch, da Capra e Blasetti a Capra e Wiseman. Mereghetti non è da meno, inoltre recupera un capolavoro inglese anni 40 della Ealing diretto dal misconosciuto Robert Hamer, Piove sempre la domenica, e l’invisibilissimo Un normale giorno di violenza di Giorgio F. Rizzini, girato nel ”74 ma mai uscito perché contestava a colpi di immagini documentarie la tesi ufficiale sulla morte dell’agente Annarumma negli scontri di via Larga a Milano. Entrambi poi, per esplicita ammissione, limano e correggono le schede dei classici man mano che li rivedono, puntualmente in meglio. Merito anche del dialogo con lettori e appassionati che scrivono, integrano, suggeriscono, emendano. Il dibattito sì, insomma. Purché filtrato dall’ambizione segreta di ogni enciclopedia: chiudere il mondo in un pugno di pagine. Reale o immaginario che sia.