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 2007  dicembre 29 Sabato calendario

Nel mondo in quanto cinema ci sono i fratelli Coen e prima di loro i fratelli Lumière, in Italia i fratelli Vanzina, che in quanto a nazionalpopolarità se la battono con gli Abbagnale

Nel mondo in quanto cinema ci sono i fratelli Coen e prima di loro i fratelli Lumière, in Italia i fratelli Vanzina, che in quanto a nazionalpopolarità se la battono con gli Abbagnale. Figli di Steno, che vuol dire figli della commedia all’italiana. Totò e Alberto Sordi li hanno tenuti in grembo, hanno inventato Abatantuono e Calà, miracolato Boldi e De Sica. Piacciono a quasi tutti, agli spettatori che si divertono, agli attori che girano in fretta e ai produttori che risparmiano. Carlo è il regista, Enrico lo sceneggiatore. Non piacciono a certa forforosa saccenza. «Questi forforosi che predicano bene e razzolano male», li ha liquidati Carlo Vanzina in una recente intervista. Guadagnandosi il tributo del «Secolo d’Italia» che, per lui, ha rispolverato il MinCulPop. Viva Carlo Vanzina ministro della cultura popolare. Novello Galeazzo Ciano. «Per carità. Scappo a gambe levate. La politica mi terrorizza. Vengo da una famiglia di antifascisti ma non ho tessere di partito. Due anni fa ”L’Unità” scrisse che i film dei Vanzina sono i più a sinistra degli ultimi 20 anni, come critica sociale e berlina dei ricchi cafoni. Che bello essere bipartisan». Mica tanto ghettizzati i Vanzina. Vi citano in continuazione. «A dispetto di certa critica, siamo un riferimento costante quando si parla di costume. Delle telefonate Berlusconi-Saccà, Aldo Grasso ha scritto: sembra un film dei Vanzina. Non c’è niente da fare. Il nostro cinema oscilla tra il capolavoro e la merda. il nostro destino». Aspettando la benedizione di Quentin Tarantino, facciamo che lei scappa nella vita reale ma accetta in quella virtuale. Carlo Vanzina ministro della cultura popolare. La sua Second Life. «Per prima cosa faccio un repulisti. Ghettizzo chi ha preso soldi dallo Stato per fare cinema. Uno scandalo. I produttori negli ultimi anni hanno dato l’anima più per arraffare questo denaro che per fare buoni film. Fregandosene degli incassi». Lunga vita solo agli autori da box office? «Concedo denaro pubblico solo alle opere prime, su parere di un comitato di esperti. Intellettuali e gente come Neri Parenti, Fausto Brizzi, Aurelio De Laurentiis, mio fratello Enrico. Che nomino Gran Ciambellano degli sceneggiatori». Il cinema italiano è un duopolio: Rai e Mediaset. «Prendiamo Rai Cinema. Non contenti del canone pubblico, puntano anche ai finanziamenti dallo Stato. Misteriosi funzionari dispensano denaro pubblico per produrre misteriosi film che spesso non fanno una lira. La Medusa può contare su un diritto antenna assicurato. Il produttore indipendente, se è in una lista nera Rai o Mediaset, chiude bottega». Che fa il ministro Vanzina per i produttori indipendenti? «Rendo obbligatorio il passaggio televisivo per il film italiano. Applicando tariffe sulla base di un redditometro. Chi più incassa, più viene pagato. Il terzo polo che condiziona il cinema è Sky. Film che incassano un milione di euro vengono pagati 20 mila euro a passaggio. Ridicolo». Chi ci mettiamo come responsabile della propaganda? «Giuliano Adreani, capo di Publitalia. un uomo che lavora per Berlusconi, ma la sua unica legge è quella del mercato. Prima di Mediaset è stato per trent’anni alla Sipra». Un ruolo per Beppe Grillo, Adriano Celentano o Roberto Benigni? «Grandi comunicatori, ma non mi servono. Sono uomini-partito, predicatori di una causa che è il loro marchio. Propagandano se stessi». La commedia è sempre meno divina? «Benigni lo trovo straordinario. Unica maschera del cinema italiano esportata nel mondo. Grande attore, meno interessante come regista. Quando vinci l’Oscar, diventi schiavo del film che ti ha fatto vincere. Condannato a riprodurlo. capitato anche a Tornatore». Che ne facciamo di Cinecittà e dei suoi conti in rosso? «Cinecittà è diventata un parcheggio della tv. Non si fa più cinema nei mitici teatri di posa, ma Bonolis e la De Filippi. Hanno messo su un baraccone molto costoso, affidandolo a persone che sanno poco di cinema ma molto di amicizie politiche. Hanno puntato sulle grandi produzioni americane ma non sono competitivi con gli studios in Bulgaria o in Ungheria. Insomma, abbiamo perso il treno». Mettiamo mano alla televisione. Aboliamo le veline di carne e ossa, più ossa che carne, e torniamo a quelle di carta? «La tv che vedo è sempre uguale a se stessa. Perde pubblico, restano anziani e abitudinari. Metto Carlo Freccero a capo della Rai, a sparigliare e innovare, e gli affianco Giancarlo Leone. L’unico fedele nei secoli alla Rai. Lui si dispera davvero quando accadono certe cose. commovente». Mediaset la lasciamo così com’è? «Impongo Nanni Moretti come consulente di Piersilvio Berlusconi. Si ritroverebbero a dialogare in consiglio d’amministrazione. Uno spettacolo». E per Agostino Saccà? «Defenestrazione immediata. Scandaloso che la fiction dove girano miliardi sia governata da gente così. Uno come lui avvalora i peggiori luoghi comuni. Ho diretto più di cinquanta film senza divani e senza gente raccomandata. L’eccezione Cecchi Gori. Nel film ”In questo mondo di ladri”, Valeria Marini doveva essere la nuova Monica Vitti. Una sfida persa». Daniele Luttazzi: gli diamo la prima serata o il confino? «Non mi fa nemmeno ridere. Lo mando al confino». Il lamento di Ernesto Galli della Loggia: la satira invade tutto. «C’è troppa satira, un’overdose di finti castigatori di costumi. I comici prima venivano dall’avanspettacolo, oggi dalla televisione. Questo spiega lo scadimento». Maschere italiane. Totò, Sordi, Benigni, Fassino, Berlusconi. La sua classifica. «Totò è un gioiello di famiglia. Ma sono un sordiano da sempre, è lui il numero uno. Abbiamo saccheggiato Albertone per fare di Christian De Sica il grande attore che è oggi. Fassino lo vedo come un comico compassato, il Buster Keaton italiano. Silvio Berlusconi è ormai una maschera del carnevale di Viareggio. Resterà negli anni nei teatrini dei pupi. Un uomo geniale circondato da lacchè». Vacanze sul Nilo. Nicolas Sarkozy e Carla Bruni mano nella mano. «Sarkozy mi ricorda fisicamente il pizzicagnolo di quartiere. Si sente un po’ Bonaparte, come Berlusconi, ma non ha il suo carisma. Ma in politica è uno cazzutissimo, non si lascia condizionare. Io però preferisco i presidenti come Segni, della cui vita privata non si sa nulla». Gabriele Muccino star a Hollywood. «Un grandissimo talento. Lo faccio cavaliere del lavoro». Abbiamo più festival del cinema che cinema. «Una vergogna. Con me Venezia torna a essere mostra cinematografica d’arte. Solo grandi autori e film di qualità. Niente più rassegne furbe o passerelle di star. Abolisco la festa del cinema di Roma: una sagra paesana. Non è vero che è per il popolo, riescono a entrare solo gli amici degli amici o degli sponsor. una vetrina per chi lo organizza. Il festival di Torino lo farei ancora più Sacher. Più provocazioni culturali alla Moretti». Esiste questa lobby culturale in Italia? «Esiste e la smantello. la lobby di sinistra che stabilisce cosa è cultura e cosa non lo è. In una cinematografia seria come quella americana, noi Vanzina saremmo venerati come Spielberg. Qui dobbiamo vergognarci. Faccio una controlobby, con la gente che incassa al cinema, i Muccino, i Brizzi, i Neri Parenti». Non ci sono più i Risi e i Monicelli. «Colpa dei film di Natale, un meccanismo di cui ho fatto parte. Il Natale designato per la celebrazione della commedia. Una volta i film natalizi erano ”Un americano a Roma” o ”La grande guerra”. Oggi fai qualunque robaccia, sempre la stessa, e incassi comunque. Basta inondare mille sale per quindici giorni». Basta con i cinepanettoni, dice il ministro Carlo Vanzina che i cinepanettoni li ha inventati. «Applico un concetto comunista. Esproprio i soliti noti del Natale e li distribuisco ciclicamente nel resto dell’anno. Il Natale diventa di tutti a rotazione. Sarà un bene. Prenda Pieraccioni. stato bravo a infilarsi con un piccolo film ”I laureati” nella torta del Natale. Da allora fa sempre lo stesso film. Avrebbe bisogno di una nuova sfida». I Vanzina si sono sganciati dal Natale. «Una scelta che a volte rimpiangiamo. Non è facile lasciare quella nicchia calda e sicura. Abbiamo ceduto a Claudio Risi la sceneggiatura di ”Matrimonio alle Bahamas” per fare ”Italia 2061”, un flop. L’idea era bella ma aveva dentro di sé qualcosa di cupo e avveniristico, che la gente ha respinto. Con Enrico stiamo pensando al remake di ”Sette uomini d’oro”». Massimo Boldi o Christian De Sica? «Mi prendo De Sica, anche se non lavora più con me. Massimo è stato inutilmente cattivo. Ha rotto una coppia di grande successo senza motivo, parlando male di Christian, che invece si è comportato da gran signore». Sono noiosi i comici? «Sono malinconici e invidiosi. Fanno eccezione De Sica e Verdone. simpaticissimo Gigi Proietti, che però non è un comico ma un grande attore, oltre che un eccellente raccontatore di barzellette. Con Gigi stiamo pensando a un secondo film di barzellette, visto il successo del primo». Gli Oscar alla commedia italiana. «Monicelli, Risi, Age e Scarpelli, Ettore Scola. Per il film, ”I soliti ignoti”. L’Oscar per l’attore lo spartisco ex aequo tra Sordi, Gassman e Totò».