Luciano Canfora, Corriere della Sera 29/12/2007, 29 dicembre 2007
Nelle cronache delle recentissime elezioni per la Duma molto si è compianto il destino dei liberaldemocratici russi, alla cui guida vi è un grande scacchista
Nelle cronache delle recentissime elezioni per la Duma molto si è compianto il destino dei liberaldemocratici russi, alla cui guida vi è un grande scacchista. Si è pianto sull’insidia che il potere ha teso loro con una legge elettorale il cui sbarramento altissimo escludeva a priori dalla competizione i liberaldemocratici. Le corrispondenze della nostra radio erano tristi. Anch’io mi sono rattristato, e non solo come appassionato di scacchi ma anche, e non meno, come avverso a quelle leggi elettorali che, con trucchi, cercano di dividere l’elettorato in portatori di voti utili e portatori di voti inutili (tagliati fuori dalle escogitate regole del gioco). Ma il dolore è stato tosto soverchiato dallo stupore, tanto più che il direttore unico dei nostri giornali- radio fu a suo tempo intenso corrispondente dalla capitale della cosiddetta più antica democrazia dell’universo, nella quale altrettanto duramente vengono penalizzati, ma universalmente ignorati, altri liberaldemocratici. Si tratta di quei «lib-dem» che possono addirittura vincere le elezioni amministrative (nonché le suppletive in Scozia del febbraio dell’anno scorso), ma che – grazie al glorioso e famigerato collegio uninominale all’inglese – vengono regolarmente tenuti fuori dal Parlamento. Osserva il Lessico della politica nel XX secolo edito dalla monacense Dtv: essi ottengono oltre il 10% dei voti, ma nemmeno un rappresentante entra a Westminster. La complicità di laburisti e conservatori nel tenerli fuori, difendendo uniti il più iniquo dei sistemi elettorali sinora inventati, è indizio insigne del significato concreto della vaga nozione di democrazia rappresentativa.