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 2007  dicembre 29 Sabato calendario

Cernà TITOLO: Lui è tornato un attimo dalla moglie «[...] Dimmi, per favore, che razza di assurdità è il fatto che non sei qui? Che razza di cretinata è il fatto che in questo momento non Ti posso baciare, che non mi posso stendere accanto a Te, che non Ti posso carezzare, eccitare ed eccitarmi di Te, che non Ti posso eccitare con la bocca fino all’orgasmo e sentirTi nel ventre e poi ridere insieme a Te del fatto che la barba Ti puzza a tal punto che il bigliettaio in tram avrà un’erezione quando Ti bucherà il biglietto che non Ti posso dare da saccheggiare tutto il mio corpo dalle tette alla fica al culo perché Tu Te lo fotta completamente, e obbligarTi, con la lingua abilmente introdotta nel culo, a venirTene con il volto deturpato in una smorfia, che non Ti posso sentire dentro di me quasi immobile in una bruciante tenerezza d’amore tesa fino al sentimento, che non Ti possa schiacciare l’uccello tra le tette e pulirle poi orgogliosamente dallo sperma appicicaticcio? Perché, per la miseria, non c’è la Tua lingua nella mia fica, quando tanto fortemente e con veemenza ce la voglio, perché non avverto il solletico doloroso dei Tuoi morsi sulla pianta dei piedi, perché non posso mostrarTi il culo in modo che Tu lo sfondi, lo morda, lo picchi e lo cosparga di sperma, perché non posso poi stare distesa accanto a Te e parlare con Te di qualsiasi cosa - dalla filosofia al sesso degli angeli - con naturale confidenza uno accanto all’altra e nel frattempo farTi una sega giusto così, per eccesso di vitalità? Perché non mi posso stendere sopra di Te con la gioia di una tenerezza quasi senza sesso e chiacchierare con Te mentre scopiamo, di cosa abbiamo mangiato a cena o di che tempo ha fatto? Perché non Ti posso stendere sulla pancia e fotterTi il culo con le mani, con le tette, con la lingua, inzaccherarTelo con la fica che mi ritrovo bagnata al solo pensiero di pizzicarTelo dolcemente e picchiarlo fino a farlo diventare rosso come una ragazza minorenne quando in mezzo a un parco inaspettatamente un maniaco le fa vedere l’uccello? Perché non posso giocare col Tuo buco, leccarne teneramente le pieghe e ficcarci dentro il dito, spingerci dentro i capezzoli di tutte e due le tette e strusciarmi addosso le Tue due natiche così lentamente che Ti si rizza l’uccello e Ti si induriscono le palle? Perché poi non Ti posso stendere sulla schiena e mordicchiarTi i capezzoli, sleccazzarTi l’ombelico e prendere in bocca le due palle una per volta, fino a farti mugolare e scureggiare per l’eccitazione? Perché adesso, proprio adesso, in questo momento, non posso prendere il Tuo uccello e mettermelo sotto l’ascella, ciancicarlo con i capelli e tirarne la pelle con le piante dei piedi, stuzzicarlo con i denti e lasciarlo poi di nuovo ammosciarsi, ficcarmelo in culo e poi tirarmelo fuori e ficcarmelo nella fica e poi leccarne via i miei stessi umori? Perché non posso spompinarTi e portare in bocca lo sperma alla Tua bocca perché tu lo inghiotta e Ti si blocchi un attimo in gola per via del suo sapore penetrante, che mi rimane sempre a lungo sulla lingua, sicché qualsiasi cosa mangio ha il sapore di un prodotto del Tuo uccello, e quando mangio pane e burro il sapore sembra quello di una scopata? Perché non posso metterTi con le spalle a terra e ficcarti le Tette in bocca perché Tu le ciucci con l’espressione di un lattante, a occhi chiusi e schioccando gustosamente la lingua sul palato? E perché poi non posso inginocchiarmi sopra di Te con la fica ben irrorata di sangue per l’arrapamento, e lasciarTela leccare e rovistare con le mani fino a che tutto il corpo ha una contrazione per lo spasmo e Ti piscio in bocca perché tutti i muscoli hanno ceduto? Perché non posso stuzzicarti con le tette sulla pianta e tra le dita dei piedi solo così en passant, e però con precisione fino a quando non ti incazzi e non mi ficchi l’uccello in bocca con tutte le palle? Perché non Ti posso mettere le gambe sulle spalle e lasciare che tu guardi nel mio buco e osservi la mia fica in modo freddo e svergognato tirandone le labbra e i peli così da vicino che avverto il Tuo respiro e vengo senza neanche bisogno della Tua lingua? Perché non Ti posso fare un succhiotto al culo e farlo così a lungo che avrai sul letto le convulsioni e morderai coi denti la coperta così a lungo che Ti si drizzerà l’uccello e poi si ammoscerà senza aver schizzato, che mi allontanerai con le mani e mi tirerai i capelli e poi Ti ficcherò la lingua in culo così a fondo da sentire il sapore della Tua merda e mi scapperai via col culo per la paura di cacarTi sotto, perché, arrabbiata per questa paura, non Ti posso ficcare un dito in culo e cavarne un orgasmo che Ti faccia scorrere giù da tutti i buchi tutto quello che c’è dentro? Perché non sei qui per mettermi a pancia in giù e disegnarmi con le unghie sul culo decorazioni simili a quelle delle uova pasquali fino a farne zampillare piccole gocce di sangue? Gocce che si trasformerebbero in croste che sentirei sul culo per molti giorni ancora? Perché non sei qui per farmi un succhiotto nell’incavo della scapola, un succhiotto che mentre lo fai mi fa irrorare di sangue la fica fino a farla diventare dura come il pane secco, tanto da far rumore mentre scopa? «Perché non sei qui, per rimanere poi disteso accanto a me ad accarezzarmi e dirmi: ”sai, ragazza

Cernà TITOLO: Lui è tornato un attimo dalla moglie «[...] Dimmi, per favore, che razza di assurdità è il fatto che non sei qui? Che razza di cretinata è il fatto che in questo momento non Ti posso baciare, che non mi posso stendere accanto a Te, che non Ti posso carezzare, eccitare ed eccitarmi di Te, che non Ti posso eccitare con la bocca fino all’orgasmo e sentirTi nel ventre e poi ridere insieme a Te del fatto che la barba Ti puzza a tal punto che il bigliettaio in tram avrà un’erezione quando Ti bucherà il biglietto che non Ti posso dare da saccheggiare tutto il mio corpo dalle tette alla fica al culo perché Tu Te lo fotta completamente, e obbligarTi, con la lingua abilmente introdotta nel culo, a venirTene con il volto deturpato in una smorfia, che non Ti posso sentire dentro di me quasi immobile in una bruciante tenerezza d’amore tesa fino al sentimento, che non Ti possa schiacciare l’uccello tra le tette e pulirle poi orgogliosamente dallo sperma appicicaticcio? Perché, per la miseria, non c’è la Tua lingua nella mia fica, quando tanto fortemente e con veemenza ce la voglio, perché non avverto il solletico doloroso dei Tuoi morsi sulla pianta dei piedi, perché non posso mostrarTi il culo in modo che Tu lo sfondi, lo morda, lo picchi e lo cosparga di sperma, perché non posso poi stare distesa accanto a Te e parlare con Te di qualsiasi cosa - dalla filosofia al sesso degli angeli - con naturale confidenza uno accanto all’altra e nel frattempo farTi una sega giusto così, per eccesso di vitalità? Perché non mi posso stendere sopra di Te con la gioia di una tenerezza quasi senza sesso e chiacchierare con Te mentre scopiamo, di cosa abbiamo mangiato a cena o di che tempo ha fatto? Perché non Ti posso stendere sulla pancia e fotterTi il culo con le mani, con le tette, con la lingua, inzaccherarTelo con la fica che mi ritrovo bagnata al solo pensiero di pizzicarTelo dolcemente e picchiarlo fino a farlo diventare rosso come una ragazza minorenne quando in mezzo a un parco inaspettatamente un maniaco le fa vedere l’uccello? Perché non posso giocare col Tuo buco, leccarne teneramente le pieghe e ficcarci dentro il dito, spingerci dentro i capezzoli di tutte e due le tette e strusciarmi addosso le Tue due natiche così lentamente che Ti si rizza l’uccello e Ti si induriscono le palle? Perché poi non Ti posso stendere sulla schiena e mordicchiarTi i capezzoli, sleccazzarTi l’ombelico e prendere in bocca le due palle una per volta, fino a farti mugolare e scureggiare per l’eccitazione? Perché adesso, proprio adesso, in questo momento, non posso prendere il Tuo uccello e mettermelo sotto l’ascella, ciancicarlo con i capelli e tirarne la pelle con le piante dei piedi, stuzzicarlo con i denti e lasciarlo poi di nuovo ammosciarsi, ficcarmelo in culo e poi tirarmelo fuori e ficcarmelo nella fica e poi leccarne via i miei stessi umori? Perché non posso spompinarTi e portare in bocca lo sperma alla Tua bocca perché tu lo inghiotta e Ti si blocchi un attimo in gola per via del suo sapore penetrante, che mi rimane sempre a lungo sulla lingua, sicché qualsiasi cosa mangio ha il sapore di un prodotto del Tuo uccello, e quando mangio pane e burro il sapore sembra quello di una scopata? Perché non posso metterTi con le spalle a terra e ficcarti le Tette in bocca perché Tu le ciucci con l’espressione di un lattante, a occhi chiusi e schioccando gustosamente la lingua sul palato? E perché poi non posso inginocchiarmi sopra di Te con la fica ben irrorata di sangue per l’arrapamento, e lasciarTela leccare e rovistare con le mani fino a che tutto il corpo ha una contrazione per lo spasmo e Ti piscio in bocca perché tutti i muscoli hanno ceduto? Perché non posso stuzzicarti con le tette sulla pianta e tra le dita dei piedi solo così en passant, e però con precisione fino a quando non ti incazzi e non mi ficchi l’uccello in bocca con tutte le palle? Perché non Ti posso mettere le gambe sulle spalle e lasciare che tu guardi nel mio buco e osservi la mia fica in modo freddo e svergognato tirandone le labbra e i peli così da vicino che avverto il Tuo respiro e vengo senza neanche bisogno della Tua lingua? Perché non Ti posso fare un succhiotto al culo e farlo così a lungo che avrai sul letto le convulsioni e morderai coi denti la coperta così a lungo che Ti si drizzerà l’uccello e poi si ammoscerà senza aver schizzato, che mi allontanerai con le mani e mi tirerai i capelli e poi Ti ficcherò la lingua in culo così a fondo da sentire il sapore della Tua merda e mi scapperai via col culo per la paura di cacarTi sotto, perché, arrabbiata per questa paura, non Ti posso ficcare un dito in culo e cavarne un orgasmo che Ti faccia scorrere giù da tutti i buchi tutto quello che c’è dentro? Perché non sei qui per mettermi a pancia in giù e disegnarmi con le unghie sul culo decorazioni simili a quelle delle uova pasquali fino a farne zampillare piccole gocce di sangue? Gocce che si trasformerebbero in croste che sentirei sul culo per molti giorni ancora? Perché non sei qui per farmi un succhiotto nell’incavo della scapola, un succhiotto che mentre lo fai mi fa irrorare di sangue la fica fino a farla diventare dura come il pane secco, tanto da far rumore mentre scopa? «Perché non sei qui, per rimanere poi disteso accanto a me ad accarezzarmi e dirmi: ”sai, ragazza...” con l’espressione con la quale alle volte me lo dici, con quell’espressione e quel tono che so bene cosa vogliono dirmi, perché non sei qui per carezzarmi i capelli, per grattarmi un po’ per scherzo dietro le orecchie per assicurarmi che quella Klimologa abitasse a Praga e non a Brno andresti immediatamente da lei perché questo è proprio un po’ troppo per i Tuoi gusti e, vaffanculo, con una come la Klimologa le cose sarebbero pur sempre un po’ più tranquille? Nel profondo dell’animo ne arrossirei di orgoglio e quasi quasi lo desidererei un po’, che insomma Tu la facessi la prova, se le cose ”più tranquille” Ti sarebbero di qualche aiuto e sotto i baffi me la riderei all’idea di come correresti di volata da me e di come mi salteresti addosso non appena lo avessi tirato fuori, l’uccello, dalla Klimologa, e intanto fumeresti di rabbia perché le cose ”più tranquille” non Ti sono servite ad altro che ad essere di nuovo qui. «Perché non posso scopare con Te usando tutte le parole volgari e morbose che conosciamo, parole che Ti riempiono la bocca, per poi prenderci con pudore e quasi timidamente, e poi subito dopo cominciare a sghignazzare a tutto spiano fino a intruppare l’uno nell’altra tra risa convulse con le pance e coi culi? Perché non siamo distesi su un fianco uno accanto all’altra e non ci lecchiamo a vicenda concentrati ognuno sul proprio orgasmo e sull’orgasmo dell’altro, arrapati per l’uno più che per l’altro? Perché non sento il Tuo ”aspetta” quando ho il tuo uccello in bocca e perché non posso deridere questa taccagneria di sperma e di orgasmi e non appena schizzi dimostrarTi che è un risparmio più che insensato? Perché non posso leccarTi tutto, stanco e quasi impotente, leccarTi e arraparTi durante un bocchino lungo un’ora, infinito e spossante, che culmina in una convulsione un po’ dolorosa piuttosto che orgasmica, un bocchino che Ti terrà i sensi svegli fino al nervosismo e a tratti vedrai tutto così lucidamente come se nel letto fosse disteso qualcun altro e a tratti dovrai cedere un po’ al mio lavorìo arrapante con dei leggeri scatti, un po’ per l’eccitazione, un po’ nel tentativo di eccitarTi, fingendola l’eccitazione? E perché poi non mi sveglio accanto a Te e non Ti salgo addosso nel dormiveglia con gli occhi assonnati e non Ti scopo sotto di me grazie a un’erezione mattutina che non è dovuta solo all’eccitazione, non Ti scopo semidormiente e un po’ sorpreso e aggrappato con tutte e due le mani alle mie tette? Perché non Ti vedo la mattina scendere dal letto e perché non posso lasciarTi scendere illudendoTi che mi sono riaddormentata, sorprenderTi nudo mentre Ti gratti il culo e tranquillo Ti appresti a vestirTi, lasciare che Tu Ti metta addosso qualche assurdità come le mutande e i calzini e poi saltarTi addosso, strapparTeli di dosso e fotterTi per terra con tale veemenza che Ti passa la voglia di bardarTi di nuovo, sdraiarmi per terra e carezzare e arraparmi volgarmente la fica e le tette con le mie stesse mani e masturbarmi davanti a Te fino a che Tu Ti pulisca fra le mie cosce e sul culo? E poi, arrapato e desideroso, eccitarTi e fare finta che non ho più voglia di scopare, sollazzarTi l’uccello e spidocchiarTi tra i coglioni, leccarTi un po’ e guardare con distacco come ti si rizza l’uccello, per un attimo farTi provare tutto, dall’arrapamento fino all’insistenza quasi da mendicante, tirarTi con la stessa espressione per la barba e per l’uccello e soffiarTi nei coglioni nel modo più arrapante di cui sono capace, fino a farTi incazzare al punto da sbattermi il culo e ficcarmi l’uccello dove capita, in bocca, tra le tette, al culo, nella fica e schizzarmi infine tutta da capo a piedi così che non mi resti altro da fare che andare di corsa a lavarmi, ficcarmi sotto l’acqua corrente e strofinarmi capelli compresi, entrare in bagno dove mi seguiresti e mi leccheresti tutta la fica tanto da schizzare ancora mentre lo fai? «Perché dopo, nuda, non faccio con Te, nudo, una colazione opulenta e nutriente sventolando le tette sopra il padellino con le uova, perché non ci consigliamo l’un l’altra su come migliorare ciò che cuciniamo insieme e non mangiamo comodamente sbracati uno accanto all’altra, non assaporiamo con gusto quanto abbiamo cucinato bene e non puliamo col pane la padella ognuno da una parte, perché non stiamo poi distesi vicini, sazi e soddisfatti fino a grugnire, non ci teniamo per mano e non chiacchieriamo, non scopiamo poi di nuovo, questa volta con normalità così assoluta che ci è quasi estranea, io di sotto con le gambe alzate e tu sopra di me al ritmo regolare di una posizione angelica nella quale è possibile baciarsi e l’unica perversione è la perversione delle lingue che si toccano, uno scopare che dura a lungo, ma non è faticoso e nel quale c’è la vicinanza più palpabile e più grande, uno scopare il cui ritmo è a tratti interrotto dalla quiete affinché il culmine venga rimandato di un altro istante, e non si tratta di parsimonia e la cosa avviene con l’accordo naturale di entrambi, uno scopare nel quale ci tocchiamo con i corpi così a lungo fino ad appiccicarci e lo spazio tra noi due è così esiguo che non riusciamo neanche a infilarci una mano e a carezzarci, uno scopare nel quale si insinua un po’ di convulsione solo poco prima di giungere al vero e proprio culmine. «E perché poi non stiamo distesi vicini con gli occhi fissi al soffitto e quasi senza pensieri, oppure coi pensieri che se ne vanno da qualche parte lontano da qui, non perché non vogliamo pensare a noi, ma perché si confondono con la stanchezza del dormiveglia che liquida la censura della veglia? Perché non stiamo appunto così stesi vicini, questo vorrei proprio saperlo e se qualcuno me lo spiega allora mi fa un piacere, perché io per ora non riesco a spiegarmelo, visto che sono bagnata e arrapata e Ti voglio, ora subito e immediatamente e probabilmente non sono disponibile a nessun tipo di spiegazione? Appena mi muovo, qui si sente l’odore della mia fica lontano un miglio e dovrei ascoltare delle spiegazioni? Ci mancherebbe altro! Potrei menarmi la fica da sola, ma io non voglio menarmi la fica da sola, io voglio Te e le Tue dita e non le mie, voglio la Tua lingua e il Tuo uccello, e da quel desiderio le mie dita non riusciranno certo a liberarmi. Non servirebbe a niente arraparmi e sarebbe pure peggio, che già così è tosta. «Domani mattina avrò di nuovo tutto sotto controllo, va bene così, ma continuerà a dispiacermi questa notte, non riesco a liberarmene, non ho imparato a considerare l’eccitazione come qualcosa che bisogna liquidare nell’astinenza e scacciare come il diavolo, e un’eccitazione così forte come questa mia di oggi la considero qualcosa che non chiama, ma proprio urla vendetta perché vuole essere soddisfatta e non fatta oggetto di ascetica astinenza. La capacità di arraparmi a questo modo, di avvertire in ogni centimetro di pelle il folle desiderio di Te non l’ho certo avuta per poi scacciarla con una doccia fredda e col digiuno, scusate proprio ma così non è. E se sono le lusinghe del diavolo, allora non sono affatto delle brutte lusinghe e quel diavolo comincia a essermi abbastanza simpatico. «Solo che non c’entra nessun diavolo, non c’entra niente neanche la perversione, anche se bisogna ammettere che a un osservatore neutrale così potrebbe sembrare, ma si sbaglierebbe. La cosa in realtà va bene così ed è abbastanza naturale, innaturale è solo il fatto che Tu non sei qui e che il tutto non avvenga pienamente come è stato descritto, o forse anche di più. abbastanza innaturale sul serio, e a me le cose innaturali non piacciono, l’innaturalezza di questo tipo non mi è mai servita a niente e temo che non vada a genio neanche a Te. Perché poi dovrebbe andarTi a genio, può unicamente farTi impazzire, come probabilmente accadrà presto anche a me, e voglio poi vedere cosa diventerò. E cosa diventi tu. Meno male che al mattino queste idee non sono così insistenti, sicché mi rimane la tenue speranza che se domattina mi lavo la fica col sapone e me la sciacquo ben bene, potrò andare in giro senza rischio, cosa che nelle condizioni in cui sono ora potrei fare difficilmente, anche se sarebbe abbastanza divertente osservare il rigonfiarsi dei pantaloni all’altezza del cavallo e l’arruffarsi scandalizzato di biondine dal peculiare taglio di capelli. Potrebbe essere perfino divertente, nessuno mi potrebbe fare nulla, mi pare che l’onnipotenza non sia ancora perseguibile per legge, perlomeno non l’ho ancora sentito dire. L’unica cosa è che mi dispiacerebbe dover spiegare a una compagnia di soldati festanti mandati in gita a Praga capitale per visitare le tombe del re di Boemia che la mia onnipotenza non li riguarda nonostante gli puzzi in tram sotto il naso. Non mi piace ingiuriare ciò che di più caro ha la gente e ingiuriare a una compagnia una serie di teneri uccelli induriti mi metterebbe in difficoltà, perché mi è stata insegnata una certa discrezione in società, il che è stato un errore. Però non avrei vie d’uscita, l’unico uccello che non ho voglia di vituperare e di rifiutare lo possiedi Tu, solo che Te lo sei portato via a Podolí. Portato via armi e bagagli, e io qui dovrei fare da illustrazione a Valeria, sotto la fica ci potrei tranquillamente scrivere ”Sentiva di essere abbandonata”. Se continua così ce lo scrivo davvero, e lo scrivo anche a Te sotto l’uccello, sempre che io abbia la voglia e il tempo di scriverci qualcosa sotto, quando lo rivedo [...]». Jana Černá (da Jana Černá, In culo oggi no, e/o, Roma 1993. Traduzione di Alessio Cobianchi)