Quattroruote gennaio 2008, 28 dicembre 2007
Quattroruote, gennaio 2008 Nel mondo dell’auto ci sono luoghi comuni che resistono sin da quando il primo pistone ha iniziato ad andare su e giù e il signor Benz si è messo a girare per il suo villaggio coi familiari appresso
Quattroruote, gennaio 2008 Nel mondo dell’auto ci sono luoghi comuni che resistono sin da quando il primo pistone ha iniziato ad andare su e giù e il signor Benz si è messo a girare per il suo villaggio coi familiari appresso. Le tedesche sono fatte bene, ma tengono poco la strada. Le americane, in compenso, la strada la tengono tutta, che lì non sanno proprio farle non dico piccole, ma meno grandi. Le francesi sono comode e sconvolgono il novizio con comandi progettati da un ingegnere scienziato convinto che l’ergonomia sia una branca della filosofia, ramo deduzioni e affini. Le italiane sono belle, ma ti rimangono le maniglie in mano dopo due anni. E così generalizzando, anche se è doveroso ammettere che, come nella mitologia greca, qualcosa di vero sotto sotto c’è, o comunque c’è stato, perché il comune sentire basa le proprie credenze sull’esperienza, più che sulla leggenda. Ne volete un altro, di questi esempi di saggezza popolare? Eccovelo servito: le macchine consumano, nella realtà di tutti i giorni, più di quanto le Case dichiarano nelle loro comunicazioni ufficiali. Qui, di leggenda, di sussurri carbonari c’è ben poco. Quello che a prima vista può sembrare il solito, trito luogo comune è una sacrosanta verità, che noi di Quattroruote registriamo ogni mese su tutte le macchine che passano sotto i nostri tester. sempre stato così. Da quando il nostro giornale esiste, non passa giorno senza che un lettore lamenti l’incredibile differenza fra le percorrenze promesse dai costruttori e quelle ottenibili quotidianamente. Volendo fare un paragone con l’economia spicciola (ma neppure tanto, a ben vedere) è la stessa storia dell’inflazione. Ha un bel dire il ministero dell’Economia che i prezzi aumentano in maniera infinitesimale e che se tutti ci sentiamo più poveri è colpa dei nostro innato pessimismo; la verità è che i meccanismi di calcolo utilizzati per stabilire il tasso d’inflazione sono il trionfo della teoria sulla realtà. Dati di consumo come il tasso d’inflazione Vi è una forte analogia tra il calcolo dei valore di inflazione e quello del consumi ufficiali, dichiarati da tutte le Case: così come è poco indicativa della realtà la scelta dei prodotti che compongono il cosiddetto paniere di riferimento sul quale si calcola l’inflazione, altrettanto non sono indicative dell’utilizzo reale dell’automobile i percorsi e le modalità secondo le quali sono misurati i consumi ufficiali. Il perché di tale dicotomia fra le dichiarazioni delle Case e l’esperienza diretta degli automobilisti l’abbiamo più volte spiegato. Vale la pena tornarci sopra, però, anche perché oggi, con i carburanti che costano una fucilata, i consumi sono divenuti in tutti i segmenti un’istanza imprescindibile. E perché, paradossalmente, il gap fra il mondo dei costruttori e quello degli utilizzatori rischia di allargarsi sempre più con il diffondersi di soluzioni mirate a ridurre i consumi (quindi le emissioni di CO2): start&stop, microibride, certe soluzioni aerodinamiche e via discorrendo sono soluzioni che nascono più in funzione dell’ottenimento di dati d’omologazione più favorevoli che non per farvi risparmiare davvero quanto promettono. Quando un produttore omologa un’automobile, oltre a dover rispettare una valanga di normative e test di tutti i generi (basti pensare a che cosa sono diventati i crash test), è obbligato a fornire un dato ufficiale sulle emissioni e, appunto, sui consumi. Ovviamente, per ottenere valori confrontabili, deve seguire alla lettera la normativa fornita dall’Unione europea, che non ammette deroghe e che specifica anche il minimo dettaglio dei test cui deve essere sottoposta la vettura. Qui casca l’asino. Anzi, qui prosperano i furbi, che sfruttano tutte le pieghe dei regolamenti a loro favore. Si parla dei sotterfugi utilizzati in Formula 1 per aggirare lo spirito (ma a volte anche la lettera) dei regolamenti, ma lì sono del dilettanti rispetto a quanto escogitano i progettisti delle auto che comperiamo. Roba da laboratorio, insomma. Nel vero senso della parola. Intanto, quella norma prevede che i consumi e le emissioni non siano misurate sull’asfalto, ma sui rulli di un’officina. Ubbidendo a una sequenza di frenate, riprese e accelerazioni che dovrebbero (il condizionale è quanto mai d’obbligo) simulare l’utilizzo più frequente. La prova complessiva dura 1.180 secondi, di cui 780 dedicati al percorso che dovrebbe simulare il traffico cittadino (velocità media di 19 km/h e accelerazioni davvero blande, siamo al 20 per cento delle possibilità di una Fiat 500 1.2 e a meno del 10 per cento di quelle di una BMW 335i, si presume con ciclisti, virtuali anch’essi, che superano facendo gestacci) e 400 secondi quello extraurbano (media di 62,6 km/h), ancora più tranquillo. Per dire, la velocità massima che si tocca è quella, spaventosa per il citato Herr Benz, ma oggi decisamente meno, di 120 km/h. Una velocità tenuta per appena 10 (dieci) secondi su un totale di 400 secondi che ne dura il test che vorrebbe simulare la guida fuori città. E non finisce qui. La comprensiva normativa (la cui stesura probabilmente non sarà sfuggita alle pressioni dei lobbisti industriali) prevede che la macchina sia nella versione più leggera, strippata di tutti gli accessori, accorpando le vetture in classi di peso ottimistiche. Il test avviene poi con climatizzatore spento, nonostante oggi l’aria condizionata sia di serie anche sulle utilitarie e che l’assorbimento dei compressore del condizionatore faccia aumentare fino al 20 per cento i consumi di benzina lungo il percorso extraurbano utilizzato per misurare i consumi. Come il peso, pure la resistenza all’avanzamento (che dovrebbe tenere conto delle perdite aerodinamiche e del rotolamento dei pneumatici) di una vettura è riprodotta in modo ottimistico dalle regolazioni dei banco a rulli. Nessun imbroglio: sono le norme a consentirlo. Insomma, di un modello si testa un campione falsamente più leggero e più aerodinamico rispetto a quelli che comperiamo. Nonostante tutto questo appaia quantomeno ridicolo, in un mondo dove le Case spendono miliardi di euro per progettare motori sempre più efficienti, il numero magico che scaturisce dal banco è quello che fa testo. E che può essere pubblicato con l’avallo dell’Unione europea su tutte le documentazioni ufficiali, compreso il Mercato di Quattroruote, che registra i dati fornitici dalle Case. Diverso, però, è il discorso delle prove su strada. Come i nostri lettori sanno, lì i dati ufficiali vengono pubblicati soltanto per avere un riferimento rispetto alle nostre rilevazioni. Che rispecchiano, loro sì, le condizioni di guida reali. Per i due cicli fondamentali abbiamo speso mesi e percorso migliaia di chilometri nel traffico quotidiano per stabilire un tracciato che potesse essere riprodotto infinite volte con gli stessi stop, le stesse frenate e le stesse accelerazioni presumibilmente effettuati dal guidatore medio. E ogni macchina che proviamo fa lo stesso percorso. Tasse e incentivi basati su dati virtuali Le differenze fra i due sistemi sono abissali. Vi lasciamo il piacere di dare un’occhiata ai 24 indicatori in queste pagine per vedere un esempio di quanto passa tra il mondo virtuale dei costruttori e quello reale di Quattroruote. Il divario tra i consumi dichiarati e quello rilevato nelle nostre prove su strada è mediamente del 30 per cento: con un litro di benzina a 1,30 euro, sono, a fine anno, una valanga di soldi. Lo scandalo, perché tale ci sentiamo di chiamarlo, ha ormai assunto proporzioni endemiche. Scandalo ancora più grande se si pensa che raccontare mezze verità sui consumi significa farlo anche sulle emissioni di CO2 (che sono direttamente legate ai consumi), proprio quando in un numero crescente di nazioni europee ci spingono a cambiare l’auto per comprarne altre meno inquinanti. Ma lo saranno davvero quanto promettono? Gli incentivi per l’acquisto di auto, le tasse sull’immatricolazione e quelle di circolazione si basano, e si baseranno sempre di più, proprio sulla quantità di CO2 dichiarata dal Costruttore. Un raggiro colossale a spese di consumatori e di chi paga le tasse. Negli Stati Uniti, dove con il rispetto per i diritti dei consumatore si scherza meno, hanno deciso di correre ai ripari. L’Environmental protection agency, che di fatto è l’ente certificatore Usa, ha deciso di rivedere completamente il proprio sistema di rating, per rispondere alle infinite critiche piombategli sopra dal pubblico quando il prezzo della benzina è schizzato in alto per guerre, catastrofi naturali e boom delle economie asiatiche e anche l’americano medio ha iniziato finalmente a studiare con attenzione le cifre riportate sul sito www.fueleconomy.gov. Così, da quest’anno, i test devono riflettere condizioni assai più realistiche, con accelerazioni non letargiche, temperature rigide e accessori in funzione. D’incanto, le auto a stelle e strisce sono diventate assai meno parche che in passato: semplicemente cambiando un paio di parametri, neppure clamorosi dei capitolato di prova, la percorrenza media di una berlina tipica come la Chevrolet Malibu 2.2 è passata da 11,8 km/l a 10,5 km/l. Non sarebbe il caso che l’Unione europea seguisse l’esempio statunitense? G.L.P. – E.B.