La Repubblica 24/12/2007, pag.17 HUGO DIXON, 24 dicembre 2007
Babbo Natale resta senza Nintendo. La Repubblica 24 dicembre 2007. Proprio come lo scorso anno, anche nel 2007 milioni di bambini non vedranno una console Wii sotto l´albero
Babbo Natale resta senza Nintendo. La Repubblica 24 dicembre 2007. Proprio come lo scorso anno, anche nel 2007 milioni di bambini non vedranno una console Wii sotto l´albero. Infatti, a distanza di 13 mesi dal suo lancio negli Usa, la gettonata console Nintendo non riesce ancora a tenere il passo con le richieste di mercato. E´ probabile che il gruppo giapponese voglia creare un po´ di attesa, anche se Nintendo nega l´intenzionalità della carenza. Forse è vero, ma va detto che la produzione di apparecchi elettronici di norma aumenta senza grossi intoppi. L´azienda ha incrementato la produzione mensile di 1,8 milioni di pezzi al mese e, data la semplicità dell´apparecchio, portarla a valori più alti avrebbe dovuto essere un´operazione abbastanza semplice. La carenza, intenzionale o meno, gioca comunque a favore di Nintendo. Scene di genitori che lottano strenuamente alla conquista di una Wii sembrano incoraggiare i bambini a chiedere misure ancora più disperate. In tutto questo, il prezzo al dettaglio della console giapponese continua a sostare su livelli elevati, mentre la concorrenza è costretta a calare. Tutto ciò ha comunque un costo. Gli analisti stimano infatti che nelle festività natalizie probabilmente Nintendo dovrà rinunciare a 1 mld di dollari di vendite della console, anche se il vero costo risiede nei margini futuri. La casa giapponese sta rinunciando all´opportunità di veicolare clienti verso la sua piattaforma, con il rischio di assistere a una defezione a favore della Xbox 360 o PlayStation 3. I giochi sono molto più redditizi delle console e i margini dell´azienda si aggirano mediamente intorno al 10% sull´hardware e al 70% sul software. In caso di defezione dei clienti, la penuria di Nintendo si rivelerà una grande cantonata. Robert Cyran L´enigma ubs Furono le azioni della Russia che indussero Churchill a definire il Paese come un rebus avvolto in un mistero che sta dentro a un enigma. Una citazione che oggi potrebbe calzare anche alla Svizzera e a Ubs. Cedendo il 9% al governo di Singapore, le cui intenzioni sono tutt´altro che chiare, Ubs ha risposto al rebus dei subprime e delle obbligazioni garantite (cdo) aggiungendo un alone di mistero. Non contenta, ha poi confezionato il pasticcio dentro a un enigma, proponendo come acquirente di un´ulteriore quota del 2% un anonimo investitore medio orientale, la cui identità ha dato vita a più ipotesi, che vanno dal governo dell´Oman al principe della corona saudita. Un´opacità che comunque ha infastidito alcuni soci svizzeri, a cui è difficile dare torto dopo la svalutazione, in due fasi, per complessivi 14 mld di dollari e di un brusco cambio ai vertici. E non è detto che i guai siano finiti. E´ vero che chi detiene meno del 3% non ha l´obbligo di rivelare la propria identità, ma il cda della banca sta chiedendo agli investitori fiducia cieca riguardo all´investitore individuato per uscire dal tunnel. Viene naturale chiedersi se, date le circostanze, un acquirente bendisposto non voglia avere un po´ di influenza in più in cambio dei suoi soldi. Ubs rimetterà la questione al vaglio degli azionisti il prossimo anno. Il consiglio non ha deciso se il voto sulle cessioni delle quote sarà un´offerta tutto compreso o se gli investitori potranno optare per Singapore ma non per l´acquirente misterioso. A prescindere dalla decisione, svelare l´identità dell´investitore sarebbe un gesto distensivo. L´opacità ha rappresentato gran parte del problema per le banche quest´anno. Non occorre aggiungerne altra. Jeffrey Goldfarb HUGO DIXON