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 2007  dicembre 24 Lunedì calendario

Zuma, il cattivo zulu sul trono di Mandela. La Stampa 24 Dicembre 2007. PARIGI. Pieter-Dirk Uys è diventato il più celebre umorista sudafricano quando a una riunione dell’African National Congress ironizzò sadicamente: «Mi ero perso, poi quando ho visto un’interminabile fila di Mercedes ho capito che avevo trovato la vostra riunione»

Zuma, il cattivo zulu sul trono di Mandela. La Stampa 24 Dicembre 2007. PARIGI. Pieter-Dirk Uys è diventato il più celebre umorista sudafricano quando a una riunione dell’African National Congress ironizzò sadicamente: «Mi ero perso, poi quando ho visto un’interminabile fila di Mercedes ho capito che avevo trovato la vostra riunione». I delegati, allora, avevano riso di gusto. Oggi non si scherza più. La crisi del partito di Nelson Mandela si è ufficialmente aperta, e con essa quella del «Paese arcobaleno». Gli eredi del padre della nazione si scannano a viso aperto, hanno seppellito l’obbligo dell’unità che era uno dei fondamenti intoccabili del partito. iniziato per il Sud Africa un tempo nuovo, che ha la battuta lesta, il fascino felino e i gusti grossolani del populista Jacob Zuma.  lui, vincendo il congresso, ad avere inflitto un’umiliazione feroce all’attuale presidente Thabo Mbeki, a cui restano due anni di mandato. Sognava una conferma popolare e si è battuto davanti a 4 mila delegati a Polokwane nel Limpopo. Non lo hanno ascoltato; ora non si esclude una crisi che anticiperebbe la successione di Zuma ai vertici dello Stato. Questo 65enne, figlio di un domestico, che non ha mai fatto studi regolari e ha scontato 10 anni di prigione nell’inferno per i vivi di Robben Island dove fu internato anche Mandela, è, a dispetto dei suoi discorsi rassicuranti, il candidato dei radicali e degli insoddisfatti. La chiave del suo successo è la delusione dei neri. A chi vitupera gli eredi di Mandela come troppo tiepidi, corrotti e stanchi, non importa che Zuma sia stato processato per stupro della figlia di un compagno di lotta risultata sieropositiva. Lui non ha negato: la ragazza era consenziente e nella cultura zulu un uomo non può rifiutare di dare prova della sua virilità, si è difeso lui, mettendo pericolosamente in opposizione il diritto tribale con quello «importato dai bianchi». stato trionfalmente assolto. Al giudice spiegò che «aveva scongiurato ogni rischio di contrarre l’Aids facendo una doccia». La battuta lo ha reso ancor più popolare. I suoi sostenitori sono convinti che si è trattato di un complotto politico montato da Mbeki. Come l’accusa di corruzione per un contratto di armi con la filiale sudafricana della francese Thalés. Mbeki ne approfittò per cacciarlo dalla vicepresidenza, lui ieri si è preso la rivincita. Ma gli avversari non demordono. Ieri il procuratore Mokotedi Mpshe ha affermato di «avere prove sufficienti per portarlo in tribunale» e esigere le sue dimissioni. Zuma è un uomo che per il suo percorso politico fa paura agli investitori e al Sud Africa degli uomini d’affari, bianchi e neri. Lo sostiene una plebe che esige la fine dell’apartheid della ricchezza, mai caduto; chiede salari più alti e una spartizione delle terre dei bianchi che segua il radicale (e sciagurato) modello dello Zimbabwe. Quanto basta per mettere in pericolo un boom economico legato soprattutto alla disciplina fiscale e ai vantaggi per le imprese. Il «FI», settimanale prestigioso che certo non lo ama, ha intitolato il fondo sulla sua ascesa al potere: «Abbiate paura». C’è poi un secondo aspetto, mortale in Africa: il suo ostentato tribalismo. Zuma è l’idolo degli zulu, l’etnia maggioritaria , i prussiani d’Africa, l’ultima a cedere a boeri ed inglesi. Una tribù che denuncia il troppo potere degli Xhosa, l’etnia di Mandela. Nelle cerimonie ufficiali Zuma veste con la pelle di leopardo e tiene il mistero sul numero dei suoi figli, da 16 a 18. La sera in cui l’élite di Durban, la vecchia capitale di stile coloniale, ha festeggiato il suo compleanno, si è lanciato sulla pista da ballo e ha spiegato: «Io non sono che il piccolo pastore di Nkandla. State certi che non cambierò mai». proprio quello che spaventa parte del Sud Africa. DOMENICO QUIRICO