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 2007  dicembre 24 Lunedì calendario

Modi, il Nerone d’India che sfida Sonia Gandhi. La Stampa 24 Dicembre 2007. NEW DELHI. I suoi sostenitori lo vedono come un messia, sceso tra i tormentati flutti della politica indiana per guidarli verso un futuro di benessere e opulenza

Modi, il Nerone d’India che sfida Sonia Gandhi. La Stampa 24 Dicembre 2007. NEW DELHI. I suoi sostenitori lo vedono come un messia, sceso tra i tormentati flutti della politica indiana per guidarli verso un futuro di benessere e opulenza. I critici lo considerano un ultra-nazionalista esaltato e pericoloso, con le mani imbrattate del sangue sgorgato durante uno dei più gravi episodi di intolleranza religiosa dell’India post-indipendenza. Certo è che Narendra Modi sa come far parlare di sé. Specie all’indomani di una vittoria nelle elezioni dello Stato occidentale del Gujarat, dove è stato appena confermato ministro per la terza volta consecutiva. Quella che tutti preannunciavano come un testa a testa tra il Partito del Congresso di Sonia Gandhi e Manmohan Singh - attualmente al governo in India - e i nazionalisti indù del Bharatiya Janata Party (BJP), si è in realtà conclusa con una netta maggioranza di quest’ultimo con 119 seggi su 182. Un esito che ci si può aspettare in uno Stato come il Gujarat, dove vive una popolazione a maggioranza indù. Ma che fa arricciare il naso alla minoranza musulmana e al resto dell’India progressista. Soprattutto se a vincere è un personaggio come Modi, il cui populismo all’insegna dello sviluppo non cela gli oscuri ricordi di un passato nemmeno troppo lontano. Nato 57 anni fa in un distretto a nord della capitale Ahmedabad, Modi è entrato nelle file del BJP un quarto di secolo fa, diventando nel 2001 primo ministro di un Gujarat appena colpito da un violento terremoto che aveva causato 20 mila vittime. Alla catastrofe naturale ne seguì una forse peggiore nel febbraio del 2002, quando un treno di pellegrini indù prese fuoco nella stazione di Godhra, uccidendo 58 persone. Un incidente di cui fu subito - e ingiustamente - accusata la minoranza islamica, in una zona già teatro di tensioni religiose. E che scatenò una colossale ondata di massacri, stupri e rappresaglie contro i musulmani, alimentata da una propaganda estremista che soffiava dagli stessi palazzi governativi. Il risultato: un migliaio di morti, 2.500 feriti e una delle pagine più nere della storia indiana. Nei quasi sei anni che sono seguiti, Modi è spesso stato indicato come figura determinante nell’eccidio. Alcuni suoi collaboratori sono stati sorpresi a spifferare in giro del suo ruolo di pianificatore nei giorni del massacro. Pochi mesi fa, il reporter di una tv locale con telecamera nascosta è riuscito a far ammettere ad alcuni estremisti indù che Modi avrebbe dato loro tre giorni per fare quel che volevano dei musulmani. E sebbene il ministro abbia sempre categoricamente smentito, nessuno al di fuori della cerchia dei suoi pur numerosi sostenitori sembra avergli davvero creduto. Nel 2004, la Corte Suprema dell’India lo ha gratificato dell’epiteto di «Nerone dell’era moderna, rimasto a guardare mentre il Gujarat bruciava». Gli Usa gli hanno revocato il visto. I giornali lo fanno a pezzi. E in una recente intervista tv, con il giornalista che lo invitava garbatamente a smentire ogni suo coinvolgimento, Modi non ha trovato di meglio che alzarsi e andarsene in diretta, visibilmente imbarazzato. Ma nonostante tutto, il Nerone indiano è uscito vincitore. Forse anche grazie a una campagna elettorale giocata sul binomio demagogia-tecnologia. Dal suo sito si possono scaricare popolari suonerie che inneggiano a lui. La rete è zeppa di video delle sue arringhe. E numerose voci lo danno come prossimo leader nazionale del BJP, ossia candidato principe alla corsa per la leadership del Paese. Nel frattempo, i musulmani del Gujarat attendono ancora di sapere la verità. PABLO TRINCIA