Pietro Garibaldi, La Stampa 21/12/07, 21 dicembre 2007
Il mercato del lavoro italiano continua a stupire. In dodici mesi sono stati creati 416 mila posti di lavoro e la disoccupazione è scesa al 5,6 per cento, il dato più basso da circa 15 anni
Il mercato del lavoro italiano continua a stupire. In dodici mesi sono stati creati 416 mila posti di lavoro e la disoccupazione è scesa al 5,6 per cento, il dato più basso da circa 15 anni. vero che dobbiamo ringraziare gl’immigrati per circa metà di questi nuovi posti di lavoro e che uno su quattro è a termine, ma la crescita è davvero impressionante. La crescita del mercato del lavoro non è né di destra né di sinistra e l’incremento degli occupati non può essere attribuito a un singolo provvedimento legislativo. L’aumento degli occupati e la discesa del tasso di disoccupazione sono un fenomeno che dura da circa dieci anni. Il processo di riforma del mercato del lavoro, a cui va molto del merito per il miglioramento, ha riguardato governi di centro-destra e di centro-sinistra. L’insieme di riforme del mercato del lavoro, dal pacchetto Treu del 1995 fino alla Legge 30 del 2003, senza dimenticare le leggi del Part Time del 2000 e del contratto a termine del 2001, sono state compiute da diverse coalizioni di governo e da diversi schieramenti politici. Grazie a queste riforme, il mercato del lavoro oggi è più flessibile rispetto a quello di metà Anni 90. I lavoratori part time sono quasi il 14% degli occupati e quelli a termine poco più del 10%, in linea con la media europea e decisamente inferiore a quello della Spagna. E nonostante le minacce della sinistra radicale di cancellare di colpo queste riforme, con il cosiddetto Pacchetto Welfare in discussione in questi giorni in Parlamento si stanno sì apportando restrizioni alla legge 30, ma queste non intaccheranno la maggior parte delle riforme introdotte nel 2003. Nonostante i progressi compiuti, il mercato del lavoro resta segmentato. Innanzitutto tra Nord e Sud. Il tasso di disoccupazione nel Nord è sceso a poco più del 3 per cento mentre nel Mezzogiorno è ancora superiore al 10 per cento. Nel Sud solo 3 donne su 10 tra i 15 e 65 anni hanno un lavoro, mentre nel Nord sono 6 su 10. Ma i dati diffusi ieri riflettono un aumento degli occupati in tutto il Paese, mezzogiorno compreso. E tutto questo nonostante un rallentamento della produzione in corso. Riuscire a creare posti di lavoro è in generale difficile. Riuscire a crearli quando l’economia rallenta è quasi clamoroso. Oltre alla segmentazione Nord-Sud, ciò che preoccupa di più è la segmentazione tra lavoratori protetti e non protetti, fenomeno particolarmente importante per le nuove generazioni. vero che i lavoratori a termine sono il 10%, ma questa percentuale sale quasi al 50% tra i lavoratori sotto i 30 anni. Il passaggio da un lavoro a termine a un lavoro a tempo indeterminato riesce solo a un lavoratore giovane su dieci. Oltre a un’insicurezza legata alla scadenza del contratto, i lavoratori più giovani soffrono anche per un’insicurezza retributiva, in quanto il salario d’ingresso sul mercato del lavoro, rispetto alla retribuzione media, si è continuamente abbassato negli ultimi dieci anni. La sfida riformatrice è ora quella di offrire ai giovani un percorso verso la stabilità. Una possibile idea, discussa a lungo sul sito lavoce.info, sarebbe quella di creare un contratto unico a tempo indeterminato con tutele crescenti, in modo da evitare ai giovani lo psicodramma da conversione del contratto, ma al tempo stesso garantire alle imprese la flessibilità nei primi anni del rapporto di lavoro. Oltre al contratto unico, si dovrebbe pensare seriamente a introdurre anche in Italia un salario minimo nazionale, come avviene nella maggior parte dei Paesi avanzati, dalla Francia all’Inghilterra, agli Stati Uniti. Anche queste riforme non dovrebbero essere discusse in termini di destra e sinistra, ma semplicemente nell’interesse dei lavoratori più giovani, che rappresentano l’Italia di domani. pietro.garibaldi@carloalberto.org Stampa Articolo