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 2007  dicembre 21 Venerdì calendario

LUIGI GRASSIA

Una famiglia italiana su due non riesce più a risparmiare. A fotografare la relazione degli italiani (tradizionalmente «formiche») con il risparmio è il Rapporto Bnl-Einaudi, secondo cui i redditi insufficienti rispetto agli aumenti dei prezzi stanno facendo aumentare il ricorso al credito al consumo, salito di 6 punti percentuali in tre anni (dal 10,8% del 2004 al 17%).
Comunque, fra gli italiani la propensione al risparmio resta forte (quando ce n’è la possibilità). E negli investimenti le famiglie tendono a privilegiare la sicurezza (prioritaria per il 52% degli intervistati) rispetto alla massimizzazione del rendimento.
Però c’è una contraddizioni: benché contrari al rischio, la metà degli italiani che ha acceso un mutuo hanno scelto il tasso variabile (o più probabilmente sono stati indotti, mal consigliati, a farlo) e questo li espone a maggiori fluttuazioni delle loro rate in dipendenza dell’andamento dei tassi di interesse, che in due anni sono raddoppiati in Eurolandia. «Il 23,9% degli intervistati - afferma il Rapporto - ha in corso un muto, che nel 72,4% dei casi è stato stipulato per l’acquisto della prima casa. Nel 52,7% dei casi il mutuo è a tasso variabile. Il 56,3% dei mutuatari che si sono dichiarati ”per niente favorevoli” a correre rischi nel campo degli investimenti finanziari ha un mutuo a tasso variabile».
Nel 2006 il rapporto fra l’ammontare dei mutui in Italia e il pil (244 miliardi di euro) è stato pari a circa il 17%, una quota molto inferiore al 74% di Stati Uniti, 78% del Regno Unito, al 32% della Francia e al 42% e al 56% rispettivamente di Germania e Spagna.
Il Rapporto Bnl-Einaudi mette inoltre in evidenza che fra gli italiani, in termini di previdenza, resta forte la propensione alla la pensione integrativa fai-da-te, vista la diffidenza verso i fondi pensione: il 47% spiega infatti di aver mantenuto il Tfr in azienda proprio per mancanza di fiducia verso i fondi pensione. Sempre in tema di trattamento di fine rapporto, l’indagine sottolinea l’esistenza di aspettative totalmente irrealistiche sul rendimento del Tfr e dei fondi pensione: il 19% dei lavoratori si attende dal Tfr un rendimento pari all’inflazione più il 5%, il 23% un rendimento pari all’inflazione più il 2%, il 14% l’inflazione più l’1,5%. Secondo il Rapporto le aspettative di oltre 4 lavoratori su 10 sono destinate a non trovare rispondenza nella realtà.