Corriere della Sera 20/12/2007, pag.21 Viviana Mazza, 20 dicembre 2007
Alla Mecca il pellegrino globale. Corriere della Sera 20 dicembre 2007. «Nemmeno un concerto rock riuscirebbe a riunire così tante persone assieme per uno stesso scopo», dice la canadese Eulalle Benichou, una dei 2 milioni e mezzo di pellegrini giunti in Arabia Saudita da tutto il mondo per l’Hajj, il pellegrinaggio alla Mecca
Alla Mecca il pellegrino globale. Corriere della Sera 20 dicembre 2007. «Nemmeno un concerto rock riuscirebbe a riunire così tante persone assieme per uno stesso scopo», dice la canadese Eulalle Benichou, una dei 2 milioni e mezzo di pellegrini giunti in Arabia Saudita da tutto il mondo per l’Hajj, il pellegrinaggio alla Mecca. una tradizione che si ripete da oltre 14 secoli. obbligatorio una volta nella vita per ogni musulmano che possa permetterselo e sia in salute. Ma oggi il pellegrinaggio è anche un evento globalizzato, «mediatizzato», hi-tech. Meglio di un concerto rock, appunto. Nella valle di Mina, alla periferia della Mecca, dove ieri i pellegrini hanno cominciato a «lapidare il diavolo», sorge un’enorme tendopoli, divisa in quartieri e «navigabile» grazie a una mappa codificata per colori: zona rosa per gli europei, grigia per gli africani, verde per gli iraniani. Da quest’anno è garantito anche l’accesso internet WiFi per computer e cellulari nei luoghi santi, utile per consultare il «programma» dei rituali online (ma anche l’email e Facebook). E per le domande urgenti c’è pure un numero verde, una «fatwa hotline ». «Desolata per 360 giorni l’anno, la valle di Mina si trasforma in un villaggio hi-tech», scrive l’anglopachistana Riazat Butt, giornalista musulmana di solito non velata, che si è avventurata in un pellegrinaggio multimediale condiviso con i lettori del Guardian. Dagli altoparlanti gli avvisi giungono in arabo, urdu, inglese e francese, racconta. E nota nel suo diario, che «la Mecca, storicamente centro commerciale pieno di bazaar, comincia a rispondere alle esigenze della pellegrina moderna, che vuole indossare abiti firmati da Kate Moss per Topshop sotto l’abaya, mentre sorseggia un caffellatte da Starbucks ». Come Butt, diversi giornalisti musulmani inglesi e americani quest’anno seguono l’evento con diari e blog, attentamente quanto i colleghi sauditi o egiziani. Grazie alla velocità ed economicità dei trasporti, al maggiore benessere e alla caduta di barriere geografiche e ideologiche, i pellegrini sono giunti in massa anche da Paesi come la Russia e la Cina, che per decenni hanno proibito l’Hajj, essendo la religione contraria all’ideologia di Stato. L’Unione Sovietica consentiva solo a 18 pellegrini l’anno di intraprendere il viaggio, ha detto al New York Times Rushan Abbyasov del concilio russo dei Mufti, in un Paese in cui i musulmani sono tra i 14 e i 23 milioni. Quest’anno sono stati autorizzati 26.000 pellegrini russi, limite fissato non dal Cremlino ma da Riad, che ha imposto delle quote per evitare stragi dovute al sovraffollamento. Il governo russo oggi facilita il pellegrinaggio, fornendo assistenza e sconti sulla linea aerea di Stato. Altri 10.700 pellegrini sono partiti dalla Cina. La compagnia China Eastern ha appena inaugurato nuovi voli charter per la comunità musulmana degli Hui dalla provincia di Ningxia: in 8 ore si atterra a Medina (da Xinjiang e Gansu, dove vivono pure molti musulmani, erano già disponibili da qualche anno). Un viaggio impossibile fino al 1976 (prima della morte di Mao). Anche dove le barriere esistono, sono state rimosse per l’Hajj. All’ultimo minuto, Israele ha aperto il valico di Erez per far passare 900 pellegrini da Gaza. Storica poi è l’apertura dell’Arabia saudita all’Iran: Mahmoud Ahmadinejad, primo presidente iraniano ad essere invitato per il pellegrinaggio, avvolto nei due tradizionali drappi di stoffa bianca senza cuciture (ihram), si è raccolto in preghiera e sottoposto ai riti sotto lo sguardo attento delle telecamere. E senza dubbio la star del pellegrinaggio globalizzato era proprio lui. Viviana Mazza