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 2007  dicembre 20 Giovedì calendario

A Roma Gagosian divide la sinistra. Corriere della Sera 20 dicembre 2007. Larry Gagosian? «Un venditore d’auto usate

A Roma Gagosian divide la sinistra. Corriere della Sera 20 dicembre 2007. Larry Gagosian? «Un venditore d’auto usate. Non un mecenate. Se uno dice una cosa del genere scoppiano tutti a ridere. Ma da noi non è successo... Un furbacchione che sa fare bene i suoi affari... La sua mi sembra la classica attività di export-import di quelle che servivano al Kgb o alla Cia per coprirsi». Chiacchierando al telefono con Luca Mastrantonio de Il riformista, l’architetto e urbanista Massimiliano Fuksas ha offerto il meglio (per altri il peggio) della sua sperimentata capacità polemica. Ha preso di mira l’inaugurazione-evento della Gagosian Gallery romana in via Francesco Crispi di sabato 15 dicembre (pedonalizzazione della strada dietro piazza di Spagna decisa dal Comune, gran ricevimento per 400 «pochi intimi» a palazzo Barberini con il placet del ministero) per una mostra di tre inediti di Cy Twombly. Poi ha fatto fuoco: «Sono un garantista e non parlo dei processi per frode fiscale o altri presunti traffici poco chiari ». Nel suo bersaglio non c’era solo Larry Gagosian, ex socio del mitico Leo Castelli, titolare della scuderia più ricca dell’arte contemporanea del momento (Jeff Koons, Richard Serra, Damien Hirts, Anselm Kiefer, gli archivi di Willem De Kooning e Alberto Giacometti) sbarcato a Roma dopo essersi radicato a Los Angeles, New York e dal 1995 a Londra. Nel mirino c’era anche Francesco Rutelli, ministro per i Beni e le attività culturali. E anche Walter Veltroni, sindaco di Roma nonché leader del Partito democratico. La polemica potrebbe essere archiviata come una tra le tante che Roma produce. Ma stavolta c’è di mezzo un archi-star impegnato in mezzo mondo, amico personale e ascoltato consigliere di un sindaco di Roma con il quale ha appena inaugurato il 12 dicembre all’Eur l’immenso cantiere per la «Nuvola» fuksasiana, centro congressi che (parole proprio di Walter Veltroni pronunciate quel giorno) «sarà una delle opere più spettacolari dell’architettura contemporanea». Il perché dell’attacco è presto detto: il trattamento riservato a mister Gagosian, definito «un mecenate» proprio da Veltroni. «A Londra, Ken il rosso fa per Gagosian quello che ha fatto Veltroni? Non credo, non è molto british. E Rutelli, che si impegna tanto per recuperare in beni trafugati, sa chi è Gagosian? Cosa faceva prima e come ha fatto la sua fortuna?». La verità, assicura Fuksas, è che Gagosian è arrivato non per vendere ma per comprare l’arte italiana degli Anni ’50 e ’60, «un patrimonio ancora poco valorizzato, punterà su Manzoni, Fontana, Pino Pascali». L’ironica previsione dell’architetto («sia chiaro, stimo Rutelli e Veltroni che hanno fatto molto bene per questa città») è che Gagosian finisca tra poco come il famoso Marziano a Roma di Flaiano, «gli si offre un caffè a piazza del Popolo, una pacca sulle spalle e tutto è come prima». Secco no comment dall’universo Gagosian, come assicura Pepi Marchetti Franchi, direttrice dello spazio romano. Nessun commento da Veltroni. Nessun commento da Rutelli. Commenta invece con un pizzico di sarcasmo Achille Bonito Oliva, teorico della Transavanguardia che ha salutato con favore l’approdo di Gagosian: «Il sistema della cultura, quindi dell’arte come dell’architettura, è ormai globale. Non si capisce perché artisti e anche noti architetti italiani possano lavorare nel resto del mondo, e perché io stesso abbia potuto esportare la Transavanguardia e l’Arte Povera italiane negli Stati Uniti, e invece Gagosian non possa aprire uno spazio in Italia. Certi territori ormai sono fluidi e non possono essere difesi con una mentalità doganale ». E il caloroso benvenuto di Rutelli e di Veltroni? «Leggono nell’arrivo di Gagosian un indotto del mito della città. In fondo usano lo stesso sistema adottato dall’impero romano: trasformano tutti in Cives Romani». Ma non teme, Bonito Oliva, che Gagosian davvero faccia incetta di artisti italiani per poi rivenderli? «Cosa ci sarebbe di male? Dimostrerebbe pluralismo culturale. Non viene a imporre una cultura, come avvenne con la Pop Art. Se è per questo, già immagino gli altri artisti che Gagosian ricercherà: Alighiero Boetti, Gino de Dominicis, lo Schifano storico. Probabilmente Francesco Lo Savio. Ripeto: e allora?». Replica anche l’interessato, ovvero Fuksas: «Sono intervenuto perché un intellettuale ha il dovere di esprimere critiche alla società in cui vive. Ciò non vuol dire che abbia sempre ragione o che dica sempre cose perfette...». Ma non c’è contrasto tra la collaborazione urbanistica con Veltroni e l’attacco per Gagosian? «Non perderemo per questo la stima che ci lega, siamo due persone leali che apprezzano la sincerità e la schiettezza. Resto dell’avviso che chiudere via Crispi per l’apertura di una galleria privata, organizzare un ricevimento a palazzo Barberini sono cose che non si fanno. Parliamo di Gagosian, cioè di un mercante. Non della fondazione Guggenheim». Fuksas rinnova «stima e affetto per Veltroni e Rutelli che hanno reso Roma una città più dinamica e aperta al mondo ». Segue un messaggio: «Forse la mia polemica servirà a far riflettere sulla scarsa considerazione con cui trattiamo la nostra arte contemporanea. Perché Fontana non ha ancora un suo museo a Milano? ». La parola ora torna a Rutelli e al sindaco Moratti. E il circuito polemico si riapre. Non senza una degna conclusione: «Attenti, comunque, ai troppi venditori di pezzi di ricambio fasulli...». PAOLO CONTI