La Stampa 20/12/2007, pag.5 MAURIZIO MOLINARI, 20 dicembre 2007
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La Stampa 20 Dicembre 2007
MAURIZIO MOLINARI
Il Kosovo infiamma l’Onu. NEW YORK. «Lo status del Kosovo non sarà stabilito dal Consiglio di Sicurezza dell’Onu». Reduce dall’aver presieduto per quasi tre ore una difficile riunione del massimo organo dell’Onu, il ministro degli Esteri Massimo D’Alema fotografa l’impasse senza mezzi termini: «Il dissenso è molto profondo, non c’è nessuna specifica conclusione Onu e non sembra possibile che ve ne possa essere». Proprio D’Alema nel 1999, nelle vesti di presidente del Consiglio, guidò l’Italia nella partecipazione all’intervento Nato in Kosovo ed il fatto che sia toccato a lui, otto anni dopo, prendere atto della spaccatura dell’Onu sulla crisi balcanica lo porta a commentare: «Mi sono trovato di fronte alle mie responsabilità».
La seduta che ha certificato la più seria spaccatura del Consiglio di Sicurezza dai tempi della guerra in Iraq, nel 2003, è iniziata ieri mattina alle 10, ora di New York, quando D’Alema ha preso posto nella sedia della presidenza di turno con di fronte un semicircolo frutto di difficili trattative per via dell’opposizione russa alla formale presenza di un rappresentante del Kosovo, il cui presidente Fatmir Sejdiu ha potuto parlare come ospite ma solo a titolo personale, a differenza del primo ministro serbo Vojislav Kostunica. Proprio gli interventi dei due leader balcanici hanno infuocato la seduta. Kostunica ha ammonito l’Onu a «non approvare un’indipendenza che metterebbe in dubbio la sua stessa legittimità» per via della «decisione senza precedenti di staccare con un atto d’imperio una regione dal territorio di una nazione sovrana, democratica, con i confini riconosciuti». «Siamo pronti ad incamminarci verso l’indipendenza» ha ribattuto il kosovaro Sejdiu, prendendo atto che «i negoziati finora condotti sono falliti» e richiamandosi alle conclusioni del piano dell’inviato Onu Martii Ahtisaari per l’«indipendenza sotto supervisione». Il disaccordo fra Serbia e Kosovo verte attorno all’interpretazione della risoluzione Onu 1244: per Belgrado impedisce un distacco territoriale che invece Pristina considera legittimato.
Ed a paventare il peggio è la recente decisione di Kostunica di aprire a Mitrovica - nel nord del Kosovo - un «ufficio di rappresentanza» di Belgrado che preannuncia la volontà di mantenere il controllo delle aree a maggioranza serba, spaccando la provincia in due. «Belgrado muoverà le truppe per controllare il Nord del Kosovo» prevede uno stretto collaboratore del Segretario generale dell’Onu Ban Ki moon, chiedendo l’anonimato. Non a caso l’ambasciatore britannico John Sawers ha chiesto con fermezza a Belgrado l’«immediata chiusura dell’ufficio di Mitrovica» considerandolo un possibile casus belli mentre D’Alema, vestendo i panni di presidente super-partes, ha tentato di abbassare la tensione: «L’ufficio di Mitrovica? Non è una questione importante».
A seduta finita i Paesi Ue e gli Stati Uniti hanno concordato un testo nel quale si definisce «impossibile una soluzione negoziata» fra serbi e kosovari lasciando intendere che l’«indipendenza sotto supervisione» è dietro l’angolo. L’Ue si avvia a mandare una «missione di polizia» che avrà compiti di «controllo» ma Mosca è tutt’altro che d’accordo e l’ambasciatore Vitaly Churkin avverte che «inviare la polizia europea senza l’assenso dell’Onu è una violazione della legge internazionale». Churkin parla un’altra lingua: «Bisogna continuare a trattare, siamo ottimisti sulla possibilità di un’intesa». La spaccatura fra occidentali e russi non potrebbe essere più lampante. Con l’Onu fuori gioco, si andrà avanti in ordine sparso. Hasim Thaci, premier kosovaro, accelera: «Siamo pronti, indipendenza già a gennaio».
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La Stampa 20 Dicembre 2007
MAURIZIO MOLINARI
’Attenti, la nuova guerra comincerà a Mitrovica”. NEW YORK. La nuova guerra dei Balcani è dietro l’angolo e inizierà a Mitrovica». Per avere un’idea degli scenari balcanici di cui si discute in questi giorni al Pentagono bisogna ascoltare Alan Kuperman, esperto di strategia all’Università del Texas, con un passato di analista sulla ex Jugoslavia che lo ha portato anche a soggiornare in più occasioni in Italia.
«L’indipendenza del Kosovo porterà alla guerra e il casus belli sarà molto probabilmente a Mitrovica, la città serba nel Nord del Kosovo - spiega Kuperman - perché all’indomani della dichiarazione di sovranità da parte dei leader di Pristina la polizia etnica serba getterà le divise kosovare e indosserà immediatamente quelle della vecchia polizia serba, tenute con cura negli armadi di casa negli ultimi anni».
Seguendo questo scenario, che secondo Kuparman è oggetto di studio da parte del Pentagono, «sarà guerra perché i militanti albanesi in Kosovo non potranno accettare che sia la polizia serba a pattugliare un’intera regione del nuovo Stato». Senza contare la possibilità che Belgrado invii uomini e mezzi a Mitrovica, assumendo il controllo delle fonti idriche dell’intero Kosovo.
Ad avvalorare il timore degli Stati Uniti che Mitrovica possa essere la miccia di un nuovo conflitto è stata infatti la decisione del governo di Belgrado di inaugurare, lo scorso 11 dicembre, un proprio ufficio nel cuore della città. I portavoce dell’amministrazione Onu hanno definito «illegale e inaccettabile» la mossa a sorpresa, ma a difendere «l’ufficio governativo» è stato Slobodan Samardzic, ministro serbo, affermando che «nel caso di una dichiarazione unilaterale di indipendenza da parte di Pristina la Serbia risponderà con mezzi legali e diplomatici a difesa del proprio territorio e del diritto della propria gente di risiedere dentro confini riconosciuti dalla legge internazionale». Come dire: l’ufficio serbo di Pristina diventerà la sede dell’unico potere legittimo, al quale la polizia serba risponderà.
D’altra parte Mitrovica è divisa a metà, con le zone settentrionali abitate da 17 mila serbi ai quali bisogna aggiungerne oltre 60 mila residenti nelle aree adiacenti, dove gli albanesi sono presenti sono in piccoli gruppi. Vicina ai confini amministrativi serbi, legata a doppio filo a Belgrado da forti legami commerciali e roccaforte politica del leader serbo-kosovaro Oliver Ivanovic, Mitrovica ha ospitato nelle ultime 48 ore ripetute manifestazioni di protesta contro l’indipendenza di Pristina.
Testimoni locali e fonti di polizia hanno parlato di almeno diecimila manifestanti, scesi in piazza con manifesti a favore del «Kosovo Serbo» schierandosi sulle posizioni di Marko Jaskic, il leader nazionalista serbo secondo il quale «Mitrovica non vuole l’indipendenza e vuole farlo sapere all’Europa, le Nazioni Unite e il mondo intero».
Ciò che accomuna le posizioni di Jaksic e Ivanovic è anche il netto rifiuto della «missione di polizia europea» perché a loro avviso si tratta di «un’iniziativa che viola le risoluzioni dell’Onu sull’integrità territoriale della Serbia». Nella roccaforte serba di Mitrovica i ritratti più popolari sono quelli del presidente russo, Vladimir Putin, il cui veto impedisce al Consiglio di Sicurezza di pronunciarsi a favore del formale distacco di Pristina da Belgrado.