La Stampa 20/12/2007, pag.10 MARCO CASTELNUOVO, 20 dicembre 2007
Partito democratico (cristiano). La Stampa 20 Dicembre 2007. TORINO. Cattolici, anche se frequentano poco la Messa, collocati saldamente a sinistra, favorevoli a una legge sul testamento biologico, parzialmente disponibili ad accettare un’estensione dei diritti alle coppie gay, contrari alla non punibilità dell’eutanasia
Partito democratico (cristiano). La Stampa 20 Dicembre 2007. TORINO. Cattolici, anche se frequentano poco la Messa, collocati saldamente a sinistra, favorevoli a una legge sul testamento biologico, parzialmente disponibili ad accettare un’estensione dei diritti alle coppie gay, contrari alla non punibilità dell’eutanasia. Durante la proclamazione di Walter Veltroni a segretario del Partito democratico, l’Università degli Studi di Milano ha sottoposto i 2500 delegati presenti a un’indagine. Ne esce una fotografia «novecentesca» degli eletti all’Assemblea costituente. Coloro i quali vengono da Ds e Margherita (il 73% dei delegati) portano nel nuovo partito tutti i valori delle tradizioni di riferimento: anche quando sono in contrasto l’una dall’altra. L’appartenza politica rischia di essere un macigno sulla strada della definizione della nuova identità. Hai voglia a dire «siamo tutti democratici»: quando poi ci si scontra sulle questioni reali (etica, economia, posizionamento nel contesto europeo) sono guai. Tanto più che i delegati eletti alle primarie sono coloro che stanno stilando lo statuto, il manifesto e il codice etico del nuovo partito. Nonostante il trenta per cento dei «nuovi» (non appartenenti né a Ds né a Margherita), il partito si regge su una base che un tempo si definiva «cattocomunista». Il passato che ritorna sulle questioni pratiche che i «democratici» tornano ad essere diessini e margheritini. Soprattutto quando si toccano temi etici o sensibili all’elettorato cattolico. Se, infatti, non c’è una evidente differenza nelle risposte alla domanda «Vorresti diminuire il numero degli eletti?» o «Siete favorevoli alla privatizzazione della Rai?» le cose cambiano quando si toccano temi sensibili. E le risposte divergono. Alla domanda «Siete favorevoli all’insegnamento della religione cattolica nelle scuole?», i delegati si spaccano: gli ex diessini dicono sì per il 38%, gli ex margheritini sono favorevoli per l’81%. Cattolici e no Quasi il 60% si definisce cattolico. La quota di per sé non è sconcertante, anzi è inferiore alla media dell’elettorato. Ciò che conta è che la quota di praticanti è simile a quella che le stime assegnano alla media italiana, cioè il 18 per cento. E soprattutto è identica alla percentuale di praticanti alla Messa degli elettori dell’Ulivo come risulta dall’indagine post elettorale svolta dopo il voto del 2006 dal gruppo dei politologi di Itanes. Nella lista di Veltroni prevalgono i non praticanti, in quella della Bindi di gran lunga i praticanti regolari, in quella di Letta si equilibrano. Vi sono significative differenze tra le due categorie che si ripercuotono su alcune domande eticamente sensibili poste dai professori universitari. «C’è un elevato livello di eterogeneità», spiega Paolo Segatti, il curatore dell’indagine. E i cattolici si dividono in modo diverso a seconda della lista che hanno votato alle primarie. Ad esempio sono molto più favorevoli alle coppie gay i cattolici praticanti che hanno votato la Bindi piuttosto di quelli che hanno optato per Veltroni. Il trenta per cento dei cattolici praticanti che ha scelto Letta invece è d’accordo sulla non punibilità dell’eutanasia: una forte differenza rispetto a cattolici veltroniani e bindiani (15 e 11 per cento rispettivamente). «Su alcune tematiche è evidente che non c’entra solo l’orientamento religioso ma anche la politica e l’appartenenza a un partito incide» spiega sempre Segatti. Temi economici Il rapporto Stato e mercato è un altro in cui la storia politica dei delegati pesa e che probabilmente condizionerà le scelte del futuro partito. In generale l’insieme si spacca a metà, ma analizzando più compiutamente i dati si scopre che gli ideali pesano moltissimo. Ad esempio sul «peso dei sindacati eccessivo» sulla scena politica, i delegati sono d’accordo per metà: ma se si incrociano le risposte con l’appartenenza politica si scopre che il giudizio di ex Ds ed ex margheritini è diametralmente opposto. Gli eredi della Quercia sono fortemente in disaccordo con chi sostiene che in sindacati abbiano un peso eccessivo, i post Dl invece sono fortissimamente d’accordo. Grande consonanza (oltre due terzi) tra gli eredi dei partiti si ha invece nell’essere contrari a chi pensa che «il governo debba intervenire meno nell’economia». E proprio questa consonanza ha a che fare con la storia delle due tradizioni politiche (comunista e democristiana) di riferimento. Integrazione e sicurezza Ma dove i «cattocomunisti» si trovano maggiormente d’accordo è sull’integrazione degli immigrati. Accoglierli o respingerli? Gli intervistati, dunque la classe dirigente del nuovo partito, sono più orientati verso una maggiore accoglienza. Questa disponibilità si scontra però con quella degli elettori stessi dell’Ulivo. La lista di ditribuzione è a colpo d’occhio diversa: sono più propensi a respingere gli extracomunitari. E diventa imbarazzante il raffronto con chi non ha votato o non si è schierato nel 2006. Ovvero, quello che per i politologi rappresenta il bacino potenziale e area di interesse elettorale. I «non votanti» sono ancora più restrittivi verso gli extracomunitari. C’è dunque un’evidente discrepanza tra idee che ha la minoranza eletta dei delegati e quella degli elettori. Cosa farà Veltroni? Guarderà direttamente all’elettorato o dovrà rapportarsi e tenere conto delle prese di posizioni dei 2500 delegati eletti? L’identikit Per concludere, uno sguardo agli eletti. I delegati sono istruiti. Il 66% è laureato, il restante 30 per cento è diplomato e solo il 3,4% ha la licenza di media inferiore. Anche l’età media è bassa: la classe che la fa da padrona è quella tra il 35 e i 49 anni, pochi gli ultrasessantenni (solo il 12%), sicuramente meno degli under 35 che rappresentano il 21,6%. La maggior parte di essi non ha mai ricoperto cariche elettive: e i tre quarti di quelli che hanno fatto politica è stata a livello locale. Solo il 9% del totale ha ricoperto cariche elettive sovra-comunali. MARCO CASTELNUOVO