Censis, 19 dicembre 2007
CENSIS/2: RAPPORTO ANNUALE 2007 SULLA SITUAZIONE SOCIALE ITALIANA
I soggetti economici dello sviluppo.
La crescita per minoranze attive. Il maggiore contributo alla crescita è stato dato dal sistema delle imprese, in particolare dall’industria, che ha registrato una accentuata espansione all’estero. Nel 2006 l’incremento dell’indice del fatturato industriale derivante da vendite in Italia è aumentato del 7%, quello delle vendite all’estero è aumentato dell’11%. Il 2007 si chiuderà forse con un’ulteriore accelerazione del fatturato proveniente dall’export. Ci si chiede tuttavia quanto a lungo possa reggere un modello di crescita fondato su nuclei sempre più ristretti di imprese innovative.
L’inarrestabile concentrazione del potere economico. Il 2007 ha visto la realizzazione di alcuni tra i più grandi interventi di concentrazione e di fusione tra aziende, specie nel settore bancario. Il muro dei 90 miliardi di euro di valore delle operazioni di fusione portate a compimento nel 2006 è destinato a essere superato quest’anno se si tiene conto che la sola incorporazione di Capitalia da parte di Unicredit vale più di 21 miliardi di euro e conteggiando la recente operazione di Monte dei Paschi di Siena su Antonveneta. Aumenta il livello di concentrazione di potere lì dove operano i pochi big players italiani: nel solo sistema bancario la quota di mercato detenuta dai primi cinque gruppi è passata tra il 2006 e oggi dal 45% al 53%, così come il fenomeno è evidente nel sistema assicurativo. Nessun miglioramento di efficienza è però rinvenibile nelle imprese protagoniste di tali operazioni di concentrazione (non diminuisce né la bolletta energetica né i costi bancari e assicurativi) né è in atto un processo redistributivo, presso le famiglie, dell’incremento di ricchezza registrato da numerose imprese.
Ricambio generazionale ed impresa giovanile per un nuovo ciclo di crescita. E’ possibile cogliere una diffusa e crescente volontà di fare impresa da parte dei giovani, che lascia intravedere i primi segnali di un più consistente ricambio generazionale. Secondo le analisi di Infocamere, attualmente il 42% dei titolari d’azienda ha più di 50 anni, l’8% ne ha più di 70, mentre soltanto il 6,6% ne ha meno di 30. Su un totale di poco più di 200 mila, sono circa 154 mila le nuove realtà aziendali costituite nel 2002 ancora attive a tre anni di distanza come rilevato in una specifica indagine dell’Istat. Di queste, nel 30% dei casi alla nascita dell’impresa il titolare aveva meno di trent’anni e nel 40% aveva un’età compresa tra i 30 e i 39 anni. interessante analizzare l’elevato livello di dinamismo di tali imprese e gli investimenti programmati per il rafforzamento del posizionamento sul mercato.
L’espansione controllata dell’indebitamento delle famiglie italiane. La crisi dei mutui subprime a metà del 2007 ha riportato prepotentemente l’attenzione, anche in Italia, sulla questione dell’indebitamento delle famiglie e su possibili rischi di default nel nostro Paese. Che sussistano situazioni limite di sovraindebitamento è certo, ma ad oggi il fenomeno sembra riguardare una quota assai ridotta di famiglie per le quali è necessario approntare strumenti ad hoc. Il Paese sembra reinterpretare, almeno per ora, la crisi dei mutui e dell’indebitamento in generale con spirito adattativo, cercando anche in questo caso una sorta di medietà tra la domanda di credito e il limite oltre il quale è bene non spingersi. La percentuale di prestiti bancari in sofferenza sul totale concesso alle famiglie è ormai su livelli stabili dal 2003, intorno allo 0,7%, molto più basso rispetto a quanto si rilevava alla fine degli anni ”90 quando esso si attestava all’1,5% e l’ammontare dei prestiti era molto più contenuto.
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Comunicazione e media.
La rivoluzione digitale continua. Oggi abbiamo già a disposizione 8 diversi media e ben 20 modalità alternative di accedervi. Vecchi e nuovi media convivono perfettamente nelle scelte delle persone, amplificando ulteriormente gli accessi individuali al mondo dei media.
Fotogrammi della rivoluzione digitale in atto. La televisione tradizionale risulta sempre il mezzo più usato, con il 92,1% di utenti complessivi, ma la tv satellitare raggiunge il 27,3% e la digitale terrestre il 13,4% degli italiani sopra i quattordici anni. Per la radio, al 56% di utenti da autoradio e al 53,7% di ascoltatori da apparecchi tradizionali vanno aggiunti il 13,6% di utenti da lettore Mp3 e il 7,6% da internet; per i quotidiani oltre al 67% di utenti che leggono un giornale tradizionale acquistato in edicola si deve consi-derare anche 34,7% di lettori di quotidiani gratuiti e il 21,1% di fre-quentatori delle pagine on line dei giornali via internet. L’integrazione tra i media ne incrementa l’uso, coinvolgendo in questo aumento d’attenzione anche quelli tradizionali. Mai la lettura di libri e giornali in Italia aveva rag-giunto punte così elevate. Il 59,4% di italiani che hanno letto almeno un libro nel corso dell’anno è un risultato confortante, ma il 52,9% ne ha letti almeno tre. La stessa tenuta di set-timanali (40,3%) e mensili (26,7%) conferma che la società digitale non solo non segna la fine della circolazione della carta stampata, ma che anzi la sostiene.
Smottamenti televisivi. Nel 2007 gli utenti della televisione in generale sono passati dal 94,4% al 96,4% della popolazione, rafforzandone ancora di più la natura di medium universale. La tv satellitare, in un anno, è passata ad attirare dal 17,7% al 28,3% degli utenti di tv, il digitale terrestre dal 7% al 13,9% e anche tutte le altre forme di tv fanno notevoli passi in avanti. Più netto risulta il progressivo passaggio dalla televisione tradizionale a tutte le forme di tv digitale tra i giovani. Il 99,1% di spettatori giovani di tv tradizionale del 2007 si ridimensiona nel 2007 al 93,5%, con la tv satellitare che arriva al 41%, la tv via cavo al 9,4% e la tv via internet all’8,6%. Tra i diplomati e i laureati c’è sempre un buon 94% che segue la tv tradizionale, però anche un 34,5% di pubblico di tv satellitare e un 16,2% del digitale terrestre, a cui si aggiunge anche un 7,1% di utenti di tv via internet e un 6,3% di tv via cavo.
Informazione quotidiana multi-mediale. Il pubblico dei lettori dei giornali cresce, visto che nel 2007 è entrato in contatto con la stampa d’informazione quotidiana il 79,1% degli italiani: fra quotidiani tradizionali acquistati in edicola, giornali che vengono distribuiti gratuitamente (free press) e siti internet aggiornati continuamente dai quotidiani (on line). Circa il 30% legge solo quotidiani a pagamento, a cui si aggiunge un altro 30% che legge sia quelli a pagamento che quelli free, un altro 11% circa quelli a paga-mento e on line, quasi il 13% tutti e tre. Calcolando che a leggere solo la stampa free sono meno del 10% dei lettori, si può constatare che ad accostarsi ad un solo modello di informazione a stampa sono sempre il 45% circa di italiani che da decenni costituiscono la tradi-zionale platea dei lettori dei giornali.
Radio ovunque. La sua flessibilità tecnologica l’ha resa uno degli strumenti di punta della rivoluzione digitale, che ha ridato una nuova, ennesima giovinezza alla radio, che nel 2007 è arrivata a raggiungere il 77,7% della popolazione italiana con punte dell’80,6% tra gli uomini, del 94,4% tra i giovani e dell’86,2% tra i più istruiti.
Internet di massa. Nel 2007 gli utenti in gene-rale di internet hanno raggiunto una quota pari al 45,3% della popo-lazione. Prendendo in considerazione solo gli utenti abituali, quelli cioè che si connettono almeno tre volte alla settimana alla rete, si è passati dal 28,5% del 2006 al 38,3% del 2007, con un indice di pene-trazione che ha raggiunto tra i giovani il 68,3% e tra i più istruiti il 54,5%.
Cresce l’abitudine alla lettura. La lettura dei libri negli ultimi anni si è attestata su livelli finalmente interessanti, raggiungendo nel 2007 il 59,4% rispetto al totale della popola-zione. Rispetto al 55,3% del 2006 il progresso non appare eccezionale, ma è notevole il passo in avanti dei lettori abituali, cioè di quanti hanno letto almeno tre libri nel corso dell’anno, che sono passati dal 39,4% al 52,9%. I meno istruiti rimangono al 42,3% complessivo, con un passaggio dal 27,9% al 36% dei lettori abituali. I più istruiti, invece, accrescono ancora il loro già elevato indice dei lettori in gene-rale (dal 72,6% al 74,8%), ma portano i lettori abituali dal 54,7% al 68%.
Cellulari, media basic. Nel 2007 il cellulare ha raggiunto un indice di pene-trazione complessiva pari all’86,4% della popolazione, ormai a un passo da quel 92,1% che costitui-sce il consumo complessivo della tv generalista. Il cellulare è considerato uno strumento d’uso praticamente quotidiano dal 76,9% degli uomini, dal 92,6% dei gio-vani e dall’81,4% degli utenti con il maggior livello di istru-zione. Il 55,9% dei suoi utenti lo impiega solo per le sue funzioni ”basic”. Ai vari tipi di modelli smartphone si accosta il 34,9% degli ita-liani, mentre il videofonino è appannaggio del 9,3% utenti.
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Processi innovativi.
Non tutti gli investimenti in R&s generano innovazione, non tutta l’innovazione nasce dalla ricerca.
145 mila piccoli imprenditori, pari a un quarto di tutte le aziende manifatturiere e informatiche con meno di 20 addetti, investono il 13% del monte ore lavorate e ben 1,8 miliardi l’anno per la competitività del made in Italy, valore questo che rappresenta il 19% delle spese aziendali.
Fra le imprese considerate, con un numero di addetti inferiore a 20, che dichiarano di svolgere attività di innovazione, il 42,6% realizza attività di ricerca anche in modo informale, mentre oltre il 73% utilizza processi e tecniche di produzione innovativa, il 63,5% si dedica all’innovazione di prodotto e il 61,5% introduce nuovi materiali nei propri cicli produttivi.
Il ”cambio di passo” del Mezzogiorno: produzione di conoscenza e attrazione di risorse. La nuova programmazione dei Fondi strutturali riaccende le speranze per vedere finalmente avviata una fase di aggancio delle regioni meridionali ai flussi di crescita nazionali ed europei.
Il ”cambio di passo” deciso per questo nuovo ciclo, risulta in linea con le strategie messe in atto da Bruxelles per rendere l’Unione europea l’area più avanzata sul piano della conoscenza a livello mondiale nei prossimi anni. Il Quadro strategico nazionale, comprensivo di cofinanziamento nazionale e risorse del Fondo aree sottoutilizzate prevede per l’insieme delle regioni meridionali un volume di poco superiore ai 100 miliardi di euro.
La discontinuità necessaria del nuovo periodo di programmazione 2007-2013 trova conferma anche nell’adozione del programma ”Ricerca e competitività” in cui il Ministero dell’università e della ricerca e il Ministero dello sviluppo economico ne condividono il coordinamento. Gli interventi possono contare su 6,2 miliardi di euro da spendere nel settennio in Campania, Puglia, Calabria e Sicilia (le regioni dell’obiettivo Convergenza) e sono orientati all’integrazione delle dinamiche di sviluppo che provengono dalla ricerca e dall’innovazione e che guardano prioritariamente alla capacità di attrazione di risorse e investimenti.
Memorie digitali: l’innovazione che guarda al passato. Solo da pochi anni in Italia gli audiovisivi sono oggetto di progetti di recupero e valorizzazione secondo un’ottica per lo più aziendale, orientata alla salvaguardia dei propri materiali d’archivio per fini commerciali. Una salvaguardia con una forte e indiscutibile valenza culturale che ha spinto anche le istituzioni ad occuparsi direttamente del fenomeno. La regione Lazio è leader per l’audiovisivo italiano con circa il 40% degli occupati dell’intero comparto. Il 42% delle imprese del settore rilevate afferma di possedere un archivio organizzato di materiale audiovisivo. Il dato è particolarmente significativo se si riflette sulla parcellizzazione a cui è stato sottoposto il comparto che oggi conta un 20% di imprese individuali ed un ulteriore 28% costituito da imprese con un numero di addetti inferiore a 5.
La pubblica amministrazione on line. Nell’erogazione on line di servizi pubblici di base, disponibili per i cittadini, l’Italia si colloca poco al di sotto della media europea (rispettivamente il 36,4% e il 36,8 %), ed è in dodicesima posizione nella graduatoria dell’Unione europea a 25 Stati. L’Isola di Malta detiene il valore più elevato nella realizzazione dei servizi on line per i cittadini con una percentuale dell’83,3%, seguita dal Regno Unito (80%), dall’Austria (70%) e dalla Svezia (63,6%).
Sull’utilizzo di servizi di e-government da parte dei cittadini, l’Italia con il 16,1% si colloca al diciannovesimo posto nella graduatoria; il valore medio europeo è pari al 23,8%.
Per contro si verificano livelli interessanti di utilizzo di servizi pubblici disponibili on line per le imprese, in tal caso l’Italia occupa il terzo posto della graduatoria europea con l’87,5%, ben al di sopra della media europea (67,8%); è preceduta dall’Austria (100%) ed è a pari livello con Belgio, Danimarca, Spagna, e Svezia. Quanto all’utilizzo di servizi di e-government da parte delle imprese l’Italia raggiunge il terzo posto della graduatoria con l’86,5%, preceduta dalla Danimarca (87,3%) e dalla Finlandia (92,8%).
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Sicurezza e cittadinanza.
Il nuovo ruolo degli enti locali nelle politiche della sicurezza urbana. I Patti per la sicurezza siglati nelle maggiori città metropolitane e la formulazione da parte del Disegno di legge ”Disposizioni in materia di sicurezza urbana ”riconoscono la necessità di dar voce e potere agli enti locali quali diretti protagonisti della sicurezza urbana, ma presentano una serie di criticità in quanto le risorse economiche destinate dagli enti locali a finanziare le politiche di contrasto della criminalità non saranno più disponibili per le azioni dirette alla coesione sociale e alla prevenzione, inoltre c’è il rischio di confusione sia con riferimento alle competenze dei vari livelli istituzionali, che relativamente alle attribuzioni della Polizia municipale se non sostenute da adeguate forme di riqualificazione e da una moderna normativa.
Le organizzazioni criminali sempre più dentro alle imprese. Un imprenditore meridionale su tre dichiara che il racket nella propria zona di attività è molto o abbastanza diffuso (33,1%); alta anche la percezione della presenza di usura (il 39,2% degli imprenditori ritiene che nella zona dove esercita la propria attività il reato sia molto o abbastanza diffuso). Assumono importanza fenomeni di distorsione della concorrenza per cui il 48,9% vede un aumento della nascita improvvisa di imprese concorrenti; il 15,1% percepisce una crescita dell’imposizione nell’utilizzo di manodopera ;il 13,2% crede che sia in crescita l’imposizione di forniture; il 45,3% degli imprenditori giudica poco o niente affatto trasparenti gli appalti pubblici.
Il bullismo nelle scuole cresce davvero? Gli atti di bullismo più frequenti di cui sono stati testimoni diretti gli studenti del Lazio sono gli scherzi pesanti (26,8%), le offese e le minacce (25,0%) e le prese in giro moleste (25,4%), mentre il 19,1% ha assistito a piccoli furti e il 15,2% ad aggressioni fisiche. Rispetto all’acutizzarsi del fenomeno, il Ministero dell’Istruzione ha deciso di costituire un’apposita Commissione che ha dato vita, tra l’altro, agli Osservatori regionali sul bullismo presso gli Uffici Scolastici Regionali, ad un numero verde di ascolto, consulenza e prevenzione e ad un sito internet. Inoltre la Commissione ha segnalato la necessità di disporre di dati statistici condivisi a livello nazionale e territoriale, che consentano di effettuare una mappatura del fenomeno e delle sue emergenze.
Il rischio di un’eccessiva frammentazione delle competenze sull’immigrazione. Se si considera il numero di amministrazioni da cui dipendono le principali decisioni in merito all’immigrazione e che sono incaricate di svolgere i compiti essenziali per la gestione della materia ma, soprattutto, se si guarda agli ambiti di possibile sovrapposizione potrebbe legittimamente sorgere il dubbio se un fenomeno così complesso possa essere gestito con la dovuta efficienza e tempestività da una tale pluralità di soggetti.
Le prime crepe nell’integrazione sociale degli stranieri. Negli ultimi cinque anni a fronte di una crescita media degli stranieri residenti in Italia dell’89,7%, i rumeni sono aumentati del 260,1%, passando dai 95.039 del 2002 ai 342.200 del 2006 e diventando la terza comunità in Italia. La stima Caritas dei soggiornanti fa salire il numero dei rumeni a 555.997, facendone la prima nazionalità straniera presente in Italia.
Di pari passo vi è stato un aumento dei rumeni sulla scena del crimine. Nel periodo 2004-2006 i cittadini romeni compaiono al primo posto tra gli stranieri denunciati per i furti con destrezza (37% degli stranieri denunciati, e 24,8% del complesso dei denunciati), i furti di autovetture (29,8% degli stranieri e 11,2% del totale dei denunciati), le rapine in esercizi commerciali (26,9% e 8,7%) e le rapine in abitazione; e per alcuni reati violenti, come gli omicidi volontari consumati (15,4% degli stranieri denunciati e 5,3% del totale) e le violenze sessuali (16,2%) All’aumento dei cittadini rumeni denunciati corrisponde una crescita dei detenuti rumeni che nel mese di giugno erano 2.267, vale a dire il 5,2% del totale dei detenuti (che a quella data erano 43.957) e il 14,5% dei detenuti stranieri (che erano 15.658).
Conoscere più a fondo il fenomeno della tratta. Le vittime di tratta che tra il 2000 ed il 2006 hanno potuto beneficiare dei progetti di assistenza ex art. 18 sono 11.226, di cui 619 minori. In realtà non è possibile verificare se questo numero corrisponda a singole persone, ovvero se vi siano state duplicazioni. Tra il 2000 e il 2006 i permessi di soggiorno concessi risultano essere 5.653.
Analoghe difficoltà si riscontrano se si intende descrivere l’universo dei cosiddetti sfruttatori. Il maggior numero di denunciati riguarda il reato di sfruttamento della prostituzione: 2.874 nel 2006; 129 sono stati i denunciati per il reato di tratta di persone; crescono negli ultimi tre anni del 21,2% i denunciati per riduzione o mantenimento in schiavitù o servitù (dai 340 del 2004 ai 412 del 2006); aumentano del 17,2% i denunciati per sfruttamento della prostituzione minorile, che sono 340 nel 2006; diminuiscono, rispettivamente del 28,1% e del 9,2%, i denunciati per i reati di acquisto ed alienazione di schiavi e di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina.