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 2007  dicembre 16 Domenica calendario

Quarta guerra mondiale: ecco come evitarla. Corriere della Sera 16 dicembre 2007. Per gli investitori, la Prima guerra mondiale fu un fulmine a ciel sereno, una crisi che i mercati azionari non avevano neppur lontanamente fiutato fino alla prima settimana del luglio 1914

Quarta guerra mondiale: ecco come evitarla. Corriere della Sera 16 dicembre 2007. Per gli investitori, la Prima guerra mondiale fu un fulmine a ciel sereno, una crisi che i mercati azionari non avevano neppur lontanamente fiutato fino alla prima settimana del luglio 1914. La Seconda guerra mondiale, invece, era stata da tempo prevista dai mercati, e i prezzi avevano cominciato a risentirne sin dal 1936. La Terza guerra mondiale è stata anch’essa assai diversa. Man mano che gli arsenali nucleari si ingrandivano, diventava sempre più difficile immaginare una vita possibile dopo l’Apocalisse: far esplodere il pianeta non sembrava davvero una scelta ammissibile. Quel che è successo, tuttavia, è che la Terza guerra mondiale si è rivelata semplicemente una guerra terzomondiale: una serie di spaventosi conflitti combattuti per procura con armi convenzionali nei teatri periferici, dall’Angola al Guatemala al Vietnam. La Quarta guerra mondiale si annunciava come il confronto finale tra l’Occidente e l’Islam radicale, già previsto nel 1993 da Samuel Huntington che lo aveva definito uno «scontro di civiltà». Dagli attacchi terroristici dell’11 settembre 2001, gli investitori sono stati costretti a prendere sul serio questo scenario da incubo. E via via che la situazione in Medio Oriente si aggravava, dall’inizio dell’invasione dell’ Iraq, tanto più probabile appariva il successivo attacco preventivo americano contro il Paese confinante, l’Iran. Fino alla settimana scorsa, solo un ottimista innato avrebbe potuto escludere un attacco aereo americano contro gli impianti nucleari iraniani. Mahmoud Ahmadinejad, il presidente iraniano, sembrava quasi cercare lo scontro, vantandosi apertamente del programma di arricchimento dell’uranio in corso nel suo Paese e avvertendo gli americani di «non giocare con la coda del leone». La sua controparte americana aveva dichiarato lo scorso agosto: «La ricerca attiva, da parte dell’ Iran, della tecnologia che potrebbe condurre alla fabbricazione di armamenti nucleari affligge una regione, già di per sé instabile, con la minaccia di un olocausto nucleare». Anzi, a ottobre George Bush si è spinto oltre, dichiarando: «Se ci tenete a evitare la Terza guerra mondiale, allora occorre impedire agli iraniani di accedere alle conoscenze necessarie per fabbricare la bomba atomica». L’Agenzia internazionale per l’energia atomica ha denunciato un’accelerazione nei programmi iraniani di arricchimento dell’uranio, aggravando così le tensioni. Una settimana fa, avrei stimato la probabilità di un intervento armato americano al 40 per cento. Che cosa ha da perdere Bush? Nell’impossibilità di un terzo mandato presidenziale, pare sia convinto che il suo successore non avrà le palle (forse letteralmente) di affrontare Teheran. E gli israeliani gli hanno dimostrato quanto sia irrisorio il costo politico di raid aerei, quando hanno colpito un presunto impianto nucleare in Siria. Non sarebbe scoppiata una guerra mondiale, dopo tutto, anche se l’impatto sul prezzo del greggio poteva rivelarsi devastante. A questo punto viene presentato l’ultimo rapporto dei servizi segreti americani, nuovo fulmine a ciel sereno, ma tutt’altra direzione. «Siamo fiduciosi nel dichiarare – affermano gli autori – che nell’autunno del 2003 Teheran ha fermato il suo programma di armamenti nucleari ». Cosa significa, che è saltata la Quarta guerra mondiale? troppo presto per parlare. Un alto funzionario vicino all’Agenzia internazionale per l’energia atomica ha ammesso con il New York Times: «Noi non crediamo al rapporto americano al cento per cento. Non è il caso di dimostrarsi tanto generosi con l’Iran». Una lettura attenta dell’inchiesta suggerisce che il presidente Bush potrebbe trovarvi ancora motivi di sospetto. Il documento esprime solo con «moderata certezza » che l’Iran non abbia riavviato il suo programma nucleare quest’anno. Gli autori nutrono però «scarsa fiducia che l’Iran non abbia importato almeno un certo quantitativo di materiale fissile da impiegare nella fabbricazione di armi». Oggi peraltro è ben più difficile per Bush giustificare un’ azione militare preventiva nell’ anno che gli resta alla Casa Bianca. Il rapporto afferma che è «assai improbabile» che l’Iran possa produrre uranio arricchito a sufficienza per realizzare un’arma atomica entro la fine del 2009. Appare più plausibile che sarà in grado di farlo tra il 2010 e il 2015. Un opinionista di spicco, l’ex falco Robert Kagan, oggi sostiene che questa è l’occasione d’oro per Bush di trasformarsi in colomba, adottando una nuova politica di approccio diplomatico con l’Iran. Ma non è nella natura di questo presidente fondere le spade per ricavarne vomeri. Ad ogni modo, c’è da dubitare che gli iraniani accolgano seriamente un simile voltafaccia. Kagan però ha ragione nel suggerire che forse è arrivato il momento di ripensare la politica americana nei confronti dell’ Iran. Fino al 1979, i rapporti tra Washington e Teheran formavano la base della strategia americana in Medio Oriente, ma dalla rivoluzione khomeinista che ha travolto lo Scià il dialogo tra i due Paesi è virtualmente cessato. L’Iran è stato e resta un importante finanziatore di organizzazioni ostili agli americani e ai loro alleati israeliani, e tra queste non pochi gruppi terroristici. La reazione degli Stati Uniti è stata quella di imporre sanzioni su sanzioni. Il risultato è peggio di uno stallo. Durante il mandato di Bush, la posizione politica dell’Iran si è rafforzata. Se gli Usa si ritirano dall’Iraq troppo precipitosamente, l’egemonia persiana nel Golfo potrebbe diventare una realtà, con o senza la bomba atomica. Il successore di Bush dovrà adottare un approccio diverso, offrendo a Teheran un’occasione unica: aiuti economici e ravvicinamento diplomatico in cambio della rinuncia alle armi nucleari e al terrorismo. Sembra impensabile? Né più né meno di quando Henry Kissinger e Richard Nixon aprirono alla Cina di Mao nel 1972. Ma quale dei candidati presidenziali oggi in lizza potrebbe farcela? Certamente non dei novellini in politica estera come Barack Obama, Mitt Romney o Mike Huckabee. Certamente non il mangiafuoco Rudy Giuliani, già fermamente convinto dell’ inevitabilità della Quarta guerra mondiale. E nemmeno una donna, conoscendo bene la realtà iraniana. Allora fatti avanti, John McCain. Perché nessuno come te, reduce del Vietnam, quel disastroso capitolo della Terza guerra mondiale, possiede la credibilità indispensabile per congelare definitivamente la minaccia della Quarta. NIALL FERGUSON