La Repubblica 16/12/2007, pag.50 CURZIO MALTESE, 16 dicembre 2007
Ragazze eclettiche. La Repubblica 16 dicembre 2007. ROMA. Nel ristorante dell´appuntamento con Paola Cortellesi, dalle parti del Gianicolo, compare a sorpresa Roberto Benigni
Ragazze eclettiche. La Repubblica 16 dicembre 2007. ROMA. Nel ristorante dell´appuntamento con Paola Cortellesi, dalle parti del Gianicolo, compare a sorpresa Roberto Benigni. «Ecco la speranza di tutti noi», la saluta Benigni, che ha il felice coraggio di esagerare. lo stesso coraggio di Paola Cortellesi, riuscire a non fare «la cosa giusta», eccedere, cambiare, sorprendere. Incarna la smentita a molti luoghi comuni sui trentenni polli d´allevamento. Famosa fin da bambina, quando cantava la sigla del Cacao Meravigliao di Indietro Tutta, è riuscita a sfuggire alla trappola dell´enfant prodige. Neppure si è lasciata imprigionare dal successo, come capita anche ai migliori con i quali ha collaborato. In fondo Renzo Arbore, il suo pigmalione, ha ripetuto per anni la stessa (bella) trasmissione. La Gialappa´s Band, che l´ha lanciata come attrice comica, varia da vent´anni un mai dire qualcosa. Aldo, Giovanni e Giacomo, padrini del successo cinematografico in Tu la conosci Claudia?, raccontano una storia d´amicizia di film in film. Per non dire dell´eterno Festival di Sanremo o della fiction televisiva, altre tappe della sua carriera. Fra tanti santi, poliziotti e mafiosi, una donna rivoluzionaria come Maria Montessori è stata una clamorosa eccezione. Lei passa fra i generi, attraversa e va oltre la dannazione dell´epoca, soprattutto in Italia: la serialità. Ha successo ormai soltanto ciò che fin dal primo atto contiene la promessa di un´infinità di repliche, un romanzo o un film, una pièce teatrale o un quiz, perfino i delitti. Il pubblico è abituato a riconoscere, poco curioso di conoscere. Nell´ultimo spettacolo teatrale, Gli ultimi saranno ultimi, 250mila spettatori in giro per l´Italia, di ruoli ne recita una moltitudine. Un testo forte, scritto con Furio Andreotti, che è diventato libro per la Rizzoli, con il dvd dello spettacolo. una storia di fabbrica e di cinismo sociale. Messo in scena dal grande Giampiero Solari, uno dei migliori registi teatrali in circolazione, seppure molto più noto per gli show del sabato sera con Celentano, Fiorello e Panariello. Ma a strappare l´applauso anche di critici non proprio teneri, come Franco Cordelli o Dacia Maraini, è stata la rivelazione di una grande attrice. Usciti dalla travolgente sarabanda scenica si ha l´impressione che Paola Cortellesi possa ormai portare in scena qualsiasi ruolo classico. Medea e Antigone, Filumena Marturano e Lady Macbeth. Se non avesse un progetto molto più originale. «Mi piacerebbe recitare nel Riccardo III». La guardo e penso che sarebbe una perfetta Lady Anna. Ma mi anticipa: «Non Anna, proprio lui, Riccardo III». Lo storpio, crudele prototipo dei dittatori sanguinari, «plasmato da rozzi stampi», «deforme, monco», privo della minima attrattiva per «far lo sdilinquito bellimbusto davanti all´ancheggiar di una ninfa». Perché una bella donna sente l´irresistibile impulso a vestire i panni del più brutto protagonista maschile della storia del teatro? « il gioco dell´attore, il massimo divertimento interpretare l´altro da te, per scoprire naturalmente che poi non è così lontano». «L´arte è un gioco», rispondevano in famiglia quando da bambina diceva di voler fare l´attrice. Quelle belle famiglie serie della piccola borghesia d´un tempo, dove quando i figli manifestavano una vocazione eccentrica, commentavano: «Sì, certo l´attrice, che bello, Ma poi che lavoro vuoi fare?». «Erano preoccupatissimi del fatto che non conoscessi nessuno. Sono rimasti perplessi anche quando cominciavo a combinare qualcosa di buono. stata una fortuna per me. Essere figlio d´arte ti aiuta molto al principio, ma è anche una condanna». Un ruolo dopo l´altro, la scoperta della comicità, poi un ruolo giovanissima in uno dei più clamorosi flop teatrali degli ultimi anni L´uomo che inventò la televisione con Pippo Baudo. «In realtà era un bello spettacolo, ma la gente da lui a teatro si aspettava una specie di Pippo Baudo Show». Quindi è arrivata con la Gialappa´s la popolarità televisiva. A proposito, come ci si difende? C´è una bella autobiografia di Bob Dylan che è un perfetto manuale di sopravvivenza al successo, insegna come non diventare un idolo. «Il mio obiettivo è più limitato», dice lei, «mi basta non annoiare me e il pubblico. Ennio Flaiano diceva di scrivere per non essere incluso. Io recito un po´ di tutto per evitare di prendermi un´etichetta e doverla sostenere tutta la vita. Il successo grosso, quello televisivo per intenderci, può essere una prigione o una grande libertà. una prigione se diventa un valore in sé e allora ti tocca inseguire tutta la vita. una libertà se puoi usarlo per fare altro. Per esempio portare un pezzo di pubblico televisivo a teatro o al cinema a vedere storie non banali. Oppure sempre in televisione ma davanti alla vita straordinaria della Montessori, la prima donna laureata d´Italia, quella che ha rivoluzionato l´idea di istruzione nel mondo, il modo in cui si guarda alla psicologia dei bambini». Come tutte le persone di talento, ama riconoscerlo negli altri. «Conta anche la fortuna. Ho cominciato alla scuola di recitazione Bracco e i miei compagni di corso erano Claudio Santamaria e Kim Rossi Stuart. Insomma sono partita bene». Con Santamaria, uno dei migliori attori della sua generazione, ha fondato la prima compagnia. Poi altri incontri "fortunati", da Giampiero Solari a Riccardo Milani, ora suo compagno nella vita, regista di un raro bel film sulla vita e la morte in fabbrica, Il posto dell´anima, girato in Abruzzo, con un cast d´alto livello, Silvio Orlando e Michele Placido. Perfino nei piccoli giochi televisivi Paola cura i dettagli. Un suo esilarante video, Non mi chiedermi, diventato un culto del popolo di Internet, ha la regia dei Manetti Brothers e le musiche di Rocco Tanica di Elio e le Storie Tese. la parodia del mito televisivo della bella scema ed è diventato uno dei video più scaricati da You Tube. In televisione, si tratti di una trasmissione o di una semplice ospitata, porta sempre i suoi autori, gli stessi da anni. «Ho sempre creduto nel gruppo di lavoro, nella compagnia. un altro modo di essere liberi. Io sono attrice, sono pasta da modellare. Ma poter collaborare con autori che mi piacciono, che conosco da anni, mi dà una gran sicurezza». una buona garanzia di non finire nel tritacarne delle produzioni televisive oppure dover venire a patti con la combriccola che governa da decenni il teatro italiano. « anche un sistema per divertirsi lavorando, fra amici. Nell´ultimo spettacolo teatrale, faticosissimo e su un tema poco allegro come il precariato in fabbrica, si rideva alle prove, forse per reazione. Ma era un modo di sciogliere la tensione. In fondo non era affatto scontato che lo spettacolo piacesse così tanto in giro per l´Italia». Rideva molto anche il pubblico di Gli ultimi saranno ultimi, commedia amarissima sullo sfruttamento. «Ci siamo posti il problema di riuscire a parlare di una realtà così dura senza fare prediche e cercando, per quanto possa sembrare improbabile, di renderla leggera con l´ironia. La leggerezza intesa come la intendeva Calvino nelle Lezioni americane». Il suo modo di saltare da un personaggio all´altro, dall´operaia incinta disperata al vigilante crudele, non è soltanto virtuosismo. Serve a raccontare una storia complicata, dove gli uomini non si dividono fra buoni e cattivi. «Cattivo è il sistema, non le persone. Il guardiano è una vittima come l´operaia, una vittima magari più vile. Era così anche ne Il Posto dell´anima. Quando si parla di fabbrica e di classe operaia, che non va più di moda, si rischia di ricadere nel manicheismo ideologico degli anni Settanta, nell´idealizzazione borghese del proletario. Con effetti devastanti sul pubblico. Io sono cosciente che molte persone vengono a vedermi a teatro perché sono la Cortellesi della tv, si aspettano di divertirsi. Per molti è la prima volta a teatro. Cerco di fare il possibile perché non sia anche l´ultima». Per questa sua capacità di portare il teatro a tutti, Walter Veltroni ha affidato a Paola e a Valerio Mastandrea la cura dei teatri nelle periferie romane, a cominciare dal Quarticciolo. Il tempo di un incontro è pieno di chiacchiere che non servono forse a un´intervista. Il narcisismo di Paola Cortellesi si esaurisce sulla scena. Nella vita è una che si traveste da casalinga per non essere riconosciuta al mercatino di quartiere, ama poco raccontarsi, molto di più discutere dell´ultimo viaggio, di un film appena uscito. appena tornata dal viaggio che ogni anno il Comune di Roma organizza per Auschwitz. «Un´esperienza vera, in mezzo ai ragazzi delle periferie romane, quelli che dipingono le svastiche sui muri, avvelenati contro gli immigrati. E poi arrivano lì, fra la neve, vedono da vicino le baracche, i forni crematori, capiscono finalmente che cos´è stato il razzismo». Si scende e si sale, verso argomenti più leggeri. Una delle sue passioni è la vecchia commedia all´italiana, il grande mantello da cui è uscita tutta la nostra cinematografia giovane. Parla non soltanto dei classici, I soliti ignoti o La grande guerra, ma di gioielli dimenticati come Risate di gioia di Mario Monicelli, annata 1960, capolavoro di ironica malinconia scritto da Suso Cecchi D´Amico a partire da un paio di racconti di Alberto Moravia, con un Totò ai massimi, un´indimenticabile Anna Magnani bionda, e un insolito Ben Gazzara. «Monicelli sarebbe un genio del cinema se avesse girato anche soltanto questo film perfetto, notturno ed esilarante, pieno di dialoghi inarrivabili fra Totò e la Magnani. L´ho visto cento volte, conosco le battute a memoria, eppure ogni volta ho imparato qualcosa». Controllo le date. Risate di gioia ha l´età di chi scrive, Paola Cortellesi ha invece soltanto trentadue anni. Per fortuna sua e nostra di spettatori. Per i prossimi decenni sappiamo che comunque, in televisione, al cinema o a teatro, ci sarà qualcosa da non perdere. CURZIO MALTESE