Panorama 19/12/2007, pag. 243 STELLA PENDE, 19 dicembre 2007
La doppia vita DI Elisabetta sgarbi, ANIMALE NOTTURNO. Panorama 19 dicembre 2007. « La mia specialità è quella di deludere gli altri
La doppia vita DI Elisabetta sgarbi, ANIMALE NOTTURNO. Panorama 19 dicembre 2007. « La mia specialità è quella di deludere gli altri. Che poi è il modo peggiore di tradire». Primo pensiero in prosa del suo libro di aforismi intitolato Gelosa e tranquilla. «Odio i tradimenti». Prima parola, o quasi, di un incontro del tutto sorprendente con lei. Elisabetta Sgarbi, come gli artisti fatali che racconta nei suoi film (l’ultimo, Il pianto della statua, sarà il 17 dicembre in anteprima a Ferrara), come i grandi scrittori della casa editrice Bompiani, dove è direttore editoriale, come i cantanti che fa dipingere e i pittori che fa cantare alla manifestazione culturalmondana Milanesiana, è tutto e l’esatto contrario di tutto. «minnescamente» timida, come la fidanzata di Topolino, ma anche parecchio tosta. spettralmentre pallida, ma pure rossa, come il sorriso che le brilla sulle labbra. moderna e coltissima. Infine è ombrosa, per poi diventare improvvisamente lucente. «Elisabetta Sgarbi? Indefinibile, irresistibile e sempre diversa come la follia che la possiede» dice chi la conosce bene e dunque l’apprezza. «Di certo l’impasto dei suoi mille esseri ha prodotto invenzioni e opere di non poco interesse». Ma a rappresentarla meglio è la sua casa double face. Due appartamenti comunicanti uguali nella forma ma abissalmente diversi nell’arredo. «Vede» mi dice entrando nel primo «questo che si chiama Elisabetta Sgarbi è l’immagine della mia parte sì, quella giusta, normale e tradizionale»: sorride e mostra una parete fitta di capolavori neoclassici, compresa una sublime madonna. Poi, molto divertita dalla sorpresa che provoca, mi scorta nella dimora inversa: pareti vuote, salotto bianco dove gli unici protagonisti rimangono una strana clessidra con testa tagliata e il ritratto di lei, che pare una vampira. «Questa è la casa di Betty Wrong, l’Elisabetta sbagliata, quella imprevedibile, notturna e misteriosa anche a se stessa». Ride e non resiste senza presentarmi il suo «wrong» bagno. Un corridoio lungo e stretto di marmo bianco come una cella francescana. «Ma qui accanto c’è il suo opposto completamento: ed ecco la toilette Elisabetta Sgarbi» esclama, ormai travolta dalla sua stessa originalità. E ha ragione. troppo simpatica. La seconda toilette è sempre lunga e stretta, ma tempestata di belletti e di ciprie come si addice a una vera ragazza della cultura militante. L’intervista deve cominciare per forza con la Milanesiana: un settimana estiva di spettacoli, incontri, dibattiti. Migliaia di persone, centinaia di articoli. Gloria. «Abbiamo avuto sette premi Nobel, due Pulitzer, poi musicisti, scrittori, politici e scienziati da ogni parte della Terra» racconta fiera. Un’avventura cominciata 9 anni fa con Ombretta Colli, da sempre sua fan. «La Milanesiana è soprattutto una sfida alla noia e alla prevedibilità delle manifestazioni culturali. Per questo mi piace citare Enrico Ghezzi, che sostiene che è inutile confrontare e litigare desolati budget quando nulla si fa contro una politica culturale piatta». Adesso è più Betty Wrong che mai: «La Milanesiana è un evento totale dove la musica è fusa nella letteratura che flirta con cinema e teatro. E gli artisti sono invitati a scoprire i propri talenti nascosti». per questo che Betty ha convinto Franco Battiato a fare il regista, che ha pubblicato per la prima volta le foto di Stanley Kubrick, che ha fatto discorrere di infinito il campione di scacchi Garri Kasparov. Betty ed Elisabetta insieme hanno il turbo nel motore. «Il pubblico di quelle sere consola ogni delusione e mette il fuoco nelle vene». Il fuoco le arriva sulla bocca con una sorta di confessione: «La Milanesiana è creatura complessa e faticosa. Mi assomiglia molto». Si alza, va nell’appartamento di Elisabetta Sgarbi e torna col nuovo libro Bompiani dove Toni Servillo legge Gli indifferenti di Alberto Moravia. Doppia copertina, tanto per fare qualcosa di nuovo. Da una parte il volto che dice la tristezza sensuale di Servillo, dall’altra quello di un Moravia straziante e giovanissimo. Maneggia il tomo come fosse un suo pupo. « un libro parlante e bellissimo. Servillo lo considera una tappa importante della sua carriera». Si alza ancora. Torna con la cassetta del film di Franco Battiato. Titolo: Niente è come sembra. « Franco che ha disegnato la Rosa, icona della Milanesiana. Per dire che in ogni momento l’artista può fiorire in un nuovo talento». Trilla il telefono. Torna Elisabetta Sgarbi, seria, professionale, perfetta. Sono i libri ad aver incontrato lei o lei loro? «Ognuno ha i suoi libri che lo aspettano. Un incontro amoroso al quale ci si prepara. Ma poi, come sempre in amore, accade tutto all’improvviso». Una dolcezza terribile le passa negli occhi. « stato mio padre, spietato lettore, ad alimentare la mia ossessione per la lettura. Collezionava i volumi della Bur, L’ elogio della follia di Erasmo da Rotterdam, le poesie di Guido Gozzano. Ho un’intera biblioteca di poesie, sa? Ma poi ci sono autori che non scordo: Max Beerbohm con il suo Ipocrita felice, favola sublime dove un principe dissoluto ama la corrotta Gambogi finché non incontra l’angelo Jenny che darebbe il suo cuore a un santo. Edward Carey, autore di quel gioiello che è Observatory mansions dove il protagonista, che è ceroplasta, non può sfiorare nessuna pelle se non protetto dai suoi guanti bianchi». Un brivido corre nell’aria. «E poi l’opera omnia di Carmelo Bene, che la Bompiani, nel 1995, raccolse per prima. Parlo di autori sempre vicini e presenti; come gli invitati più cari a un ideale pranzo di nozze. Nozze del pensiero». Oso: tornando alla famiglia quanto è stato scomodo un fratello come Vittorio Sgarbi? «Le rispondo con Bene che ha scritto: ”La mia avversione per la famiglia esclude un’eccezione per casa Sgarbi. Sono un po’ pazzi tutti, vivaddio. Ma è un nucleo di persone che, vincolate da reciprocità affettiva, vivono una rarissima autonomia individuale”. Tra me e Vittorio c’è un forte sodalizio emotivo e intellettuale. Certo ognuno percorre la propria strada». Vorrei dirle che in casa non c’è una foto di suo fratello da grande. Solo un’istantanea di lei bambina con lui ridente alle spalle e il cane setter. «Mio padre è dei quattro il più restio alla ribalta, ma è l’equilibrio della famiglia. Guardi...». Corre verso la foto del mite papà Sgarbi in tenuta militare che ha una strana insegna luminosa davanti. Lei traffica e una scritta si accende. Dice: «Non continuerò ad amarvi per sempre». «L’ho costruita io» spiega Elisabetta «per ricordare sempre che la sua pazienza con noi non sarà eterna». La mamma invece l’ha messa nella cucina di Betty Wrong. Una foto della bella in bicicletta. «Lo so, hanno vissuto in simbiosi lei e Vittorio. stata dura. Ma mi ha fatto crescere dentro una gran forza di reagire». Non ci sono dubbi, signorina. La libreria, unico tempio in comune tra le doppie case, è immensa. «C’è un enorme spazio solo per i libri pubblicati dalla Bompiani» dice mentre accarezza copertine vecchie e nuove. Com’ è cambiato il lavoro editoriale?«La troppa fiducia nella velocità della tecnologia può provocare, per paradosso, il caos. Un Blackberry che ti fa leggere all’istante l’email e un cellulare sempre acceso ti illudono che un libro possa materializzarsi in pochi giorni. Orribile trappola». Parla e si tormenta i capelli: «E poi, puntualmente, arriva Umberto Eco a denunciare i misfatti dei traduttori e più che mai quelli degli editori». Ma se dicono che lei Umberto lo fa filare... «Niente di più falso. Torniamo alle cose serie: insomma non possono essere tecnologie e marketing a rubare tempo e cura al libro e allo scrittore». Betty Wrong è a riposo. Elisabetta è una editor di grande valore e di grandi responsabilità. Anche se alla fine si scopre che a Elisabetta Sgarbi non sono bastate due vite. In gioventù ne ha frequentata una terza. «Sì, è vero, sono laureata in farmacia e poi specializzata in farmacologia. Ma poi le ho lasciate per colpa della vecchia Bur...». Peccato, poteva diventare una meravigliosa strega. Non risponde. Poi va a sistemare la sua clessidra con la testina di sabbia. bianca come se non avesse mai incontrato la luce. «Il pallore mi fa pensare a certi quadri in cui mi piacerebbe entrare, come dice Gómez Dávila, il Nietzsche di Bogotá». Sorride Betty Wrong. «Ma io sono un animale notturno. Molte delle mie opere hanno la parola notte nel titolo sa? Io lavoro di notte e invento e amo. Ma poi arriva l’alba...». STELLA PENDE